Madonne allattanti
Madonna del Pilerio XVI
sec.
XII sec
Le potete vedere nel Duomo di Cosenza, la prima era stata sovrapposta
alla seconda.
Modena, Galleria Estense
Antonio Begarelli (Modena 1499? - 1565)Madonna che allatta il
Bambino "Madonna del Latte"
Tabernacolo di via del Sole angolo via del
Moro Firenze
Edicola
con affresco presumibilmente risalente al XIV secolo raffigurante la Madonna che
allatta il bambin Gesù. Nella realtà si tratta di un frammento di uno splendido
affresco: le aureole sono a rilievo ed i panneggi sono fortemente evidenziati,
mentre i chiaro-scuri appena accennati.
L’edificio sul quale è situato il tabernacolo appartenne in passato ai Padri
Domenicani di Santa Maria Novella: è pertanto possibile che l’immagine
religiosa fosse rimasta in sito, dopo le ristrutturazioni ottocentesche, per
indicarne la proprietà del convento.
Pieve
di Sant'Appiano
Loc. Sant'Appiano Barberino Val d'Elsa (Fi)
Posto su una deviazione della strada che da Barberino Val d'Elsa
conduce a Poggibonsi, il complesso monumentale di Sant'Appiano, collocato su un
poggetto, contornato da cipressi, appare ancor oggi luogo di grande
suggestione. Maestosa la splendida pieve,
di mirabile fattura romanica, che è la più antica costruita nel
medioevo in Toscana.
Tempera su tavola del XV secolo con Madonna in Trono che allatta
il Bambino fra i santi Giovanni e Giacomo, attribuita al Maestro di Signa, che
completa la dotazione di questo piccolo scrigno d'arte.
Aquila- madonna, affresco
Andrea De Litio e’ nato
a Lecce nei Marsi nel 1420 e già nel 1442 un documento lo attesta “MAGISTER”
a Norcia.
Battistero di San Giovanni
(sec. XII - XIII) Varese
L'edificio attuale fu costruito tra il 1180/1185 ed il 1220/1230;
appartiene ai tempi che segnano la conclusione dell'arte romanica e l'esordio
di quella gotica. Si segnalano: La Madonna che allatta il Bambino,
l'immagine più antica, risalente alla fine del Duecento, sulla parete di
sinistra. Discorso a parte merita l'affresco destinato a pala d'altare che
rappresenta una sacra conversazione,con la Madonna in trono, anch'essa
allattante.
Joos van Cleve ,olio su tavola, di circa 40 x 60 cm.
Di Joas Van der Beke
(nato a Cleve nel 1485 e deceduto ad Anversa nel 1540 o nel 1541) "Madonna che allatta il Bambino", Il dipinto, in eccellente stato di conservazione,
rappresenta, appunto, la Madonna che allatta il Bambino; davanti a lei i un
tavolo con sopra un bicchiere di vino
e frutta.
Madonna che allatta
il Bambino, con San Giovannino adorante; tredici profili umani; tre profili di
fiere; un piccolo nudo virile e il San Giovannino ripetuto in scala minore in
alto a destra. verso: undici profili maschili e femminili.
Maggio,
com’è noto, è, per tradizione, il mese dedicato al culto della Madonna.
L’origine di questa devozione è incerta: fin dal Medioevo a Mantova e a Parigi
i primi giorni di maggio venivano consacrati alla Vergine.
San Filippo Neri era solito raccogliere in tale mese intorno ad un’immagine
della Madonna gruppi di giovani, invitandoli a onorarla con atti di virtù, o
fioretti. Tuttavia, la pratica del mese di maggio nelle sue forme
attuali risale al gesuita Annibale Dionisi che, nel suo opuscolo Il mese di
Maria o
sia
il mese di maggio consegrato a Maria coll’esercizio di vari fiori di virtù (1726), ne fissò la prassi devozionale. Più
tardi il padre gesuita Alfonso Muzzarelli, che pubblicò un Mese di Maria
(1786), fece opera d’intercessione presso i più autorevoli membri
dell’episcopato italiano perchè introducessero nelle loro diocesi il mese di
maggio, rendendolo così una pratica diffusa.
STORIA
DELL’ICONOGRAFIA MARIANA
Quello della Madonna è
il tema iconografico più ricco di tutta l’arte cristiana.
La più antica immagine conosciuta è quella della catacombe di Priscilla a Roma,
risalente alla metà del III secolo: essa ritrae la Madonna seduta che tiene in
braccio il Bambino Gesù. Questo motivo iconografico detto della Theotokos,
o madre di Dio, di concezione strettamente teologica,
era
spesso presente nei mosaici absidali delle prime chiese cristiane e si diffuse
largamente in Oriente divenendo un cardine del complesso decorativo gerarchico
delle chiese bizantine, accanto all’altro tipo iconografico della Madonna
Orante o della Madonna Odigitria (in piedi con il Bambino in
braccio). Quest’ultimo tipo di Madonna è frequentissimo nelle icone russe a
mezzo busto e si è diffuso in Occidente nei secc. XII e XIII
e
anche successivamente.
Altro tipo iconografico creato dall’arte bizantina fu quello della Panagia
Nikopoia («che dona la vittoria»): in trono, ieratica, regge il Bambino con
una o due mani.
Nell’iconografia occidentale tale motivo iconografico è reso con più libertà e
varietà. Fra le raffigurazioni della Madonna prima della nascita di Gesù, la
più importante è quella della Madonna del parto, presente nell’arte del
XIII sec. ma affermatasi solo successivamente.
Celebre e inusuale come tema è l’affresco di Piero della Francesca nella
cappella del cimitero di Monterchi ad Arezzo: qui la Madonna, immota fra due
angeli, mostra con la mano il proprio grembo.
In una variante lombarda abbiamo la Madonna del coazzone, così detta
dalla lunga treccia che le scende dietro le spalle, raffigurata in piedi con un
semplice abito decorato a spighe di grano, simbolo di fecondità. Un esempio di
questo tipo di raffigurazione lo troviamo in un’opera giovanile di Cristoforo
Solario (prima collocata nel Duomo di Milano, oggi nel Museo del Castello
Sforzesco), che deriverebbe da un prototipo argenteo, perduto, eseguito verso
il 1465 da un artista tedesco. A questo tipo iconografico si ascrivono anche le
statue reliquiario della Madonna, ricordate negli inventari medievali e
distrutte in gran numero dopo la Controriforma: in bronzo o rame smaltato
(smalti limosini), in avorio o legno, queste Madonne recavano nel grembo aperto
il Cristo crocifisso o la Trinità.
Più varia è l’iconografia della Madonna col Bambino, a cominciare dalla Madonna
in Maestà, ispirata alla Panagia Nikopoia, seduta in trono con il Figlio
sulle ginocchia.
Gli esempi più antichi in Occidente, di questo tipo iconografico sono le
Madonne alverniati dei secc. XI-XII: il vescovo di Clermont aveva fatto
eseguire, ispirandosi ad un’icona bizantina, una statua dorata della Vergine,
dalla quale sarebbero derivate tutte le altre, diffuse largamente
nell’Alvernia.
Si apparentano iconograficamente a questo tipo grave, solenne, ieratico, le
Madonne in Maestà scolpite sui timpani delle chiese gotiche, sormontate da un
baldacchino che simboleggia la Gerusalemme celeste, si vedano i timpani della
porta reale della cattedrale di Chartres (XII sec.) e della porta detta di
Sant’Anna in Notre dame a Parigi.
Il tema ebbe il suo sviluppo trionfale nell’arte italiana del Duecento e del
Trecento, nei dipinti famosi di Cimabue, Giotto, Duccio di Buoninsegna e Simone
Martini che rinnovarono profondamente la tradizione iconografica. Si sviluppava
così un tipo iconograficamente più umano di Madonna,
che
ebbe nell’arte occidentale variazioni infinite, tra le quali si distinguono la Madonna
del latte o dell’umiltà e la Madonna del roseto.
Derivata
dal tema bizantino della Galaktotrophusa, la prima ha ispirato vari artisti
come Jean Fouquet, Leonardo da Vinci con la sua Madonna Litta (ora al
Museo dell’Hermitage), e Caravaggio con una Madonna dello svezzamento (a
Roma nella Galleria nazionale di arte antica).
I
pittori fiamminghi invece preferirono all’iconografia della Madonna che allatta
quella della Madonna con la scodella.
Il secondo tipo, quello della Madonna del roseto, invece fu soprattutto
sviluppato dai pittori della scuola renana e di esso ci sono rimasti alcuni interessanti
esemplari a Francoforte e a Colonia.
Dal Quattrocento al Seicento la Madonna col Bambino venne raffigurata con
grande libertà e varietà inventiva. Ricordiamo la Madonna col Bambino
dormiente di Andrea Mantegna (a Milano, nel Museo Poldi-Pezzoli), la Madonna
Sistina di Raffaello (ora nel Museo di Dresda),
la
Madonna col Bambino, detta la Zingarella di Tiziano (a Vienna),
la Madonna dal collo lungo di Parmigianino (negli Uffizi, a Firenze).
Altro tema iconografico è quello della Madonna della Misericordia,
generalmente raffigurata in piedi, più frequentemente senza il Bambino, con le
braccia tese ad aprire l’ampio manto per accogliere coloro che l’invocano e che
essa protegge: un esempio famoso è la Madonna della Misericordia di
Piero della Francesca (nella pinacoteca di Sansepolcro, Arezzo), parte
dell’omonimo polittico dipinto per la compagnia della Misericordia di
Sansepolcro.
Dal tema della Madonna della Misericordia derivò quello della Madonna del
rosario, apparso per la prima volta in un trittico a Colonia, dove san
Domenico e san Pietro Martire sorreggono il manto della Vergine mentre gli
angeli la inghirlandano di rose (l’iconografia ebbe origine domenicana e grande
diffusione nel XVII sec.) e di cui abbiamo alcuni esemplari di Dürer e Van Dyck.
Infine c’è il tema iconografico, diffuso soprattutto nell’arte tedesca, della Madonna
dei sette dolori o Madonna addolorata.
Nato
nella Fiandra alla fine del XV sec. (un’incisione dedicata a Carlo V,
pubblicata ad Anversa nel 1509, raffigura la Madonna con le sette simboliche
spade disposte a ventaglio), esso si diffuse rapidamente nelle regioni renane.
Il trittico di Defendente Ferrari Piemonte,la Sacra di San Michele.
È quanto di meglio si
conservi alla Sacra, appeso ora alla parete ovest del Coro Vecchio. Nel centro
domina, in piedi, una delicata Madonna che allatta il Bambino Gesù, dagli
occhietti vivi e un po' allarmati.
I pannelli laterali rappresentano l' uno San Michele Arcangelo , che sconfigge
il demonio, l' altro San Giovanni Vincenzo, che presenta alla Vergine il
committente dell' opera Urbano di Miolans, abate commendatario della
Sacra dal 1503 al 1522.
La vezzosità del Bambinello è mirabile,come lo sono le mani e la faccia della
Madonna; i capelli paiono un leggero
strato di seta, naturalissima la posizione dei piedini. Il viso di Maria è un
amore: modesto lo sguardo, fresca la bocca, ispira fiducia. Alla base, una
squisita predella, su cui l' autore dipinge la Visitazione di Maria, la
Natività del Bambino Gesù e l' Adorazione dei Magi.
Iseo-
Chiesa di Santa Maria del Mercato- Si raggiunge da Piazza G. Garibaldi. La chiesa fu fatta costruire
dagli Oldofredi nel XIV sec.. L’interno ad unica navata conserva interessanti
decorazioni barocche e affreschi del XV, XVI, XVII secolo.Sopra l’altare
maggiore si trova un bel dipinto che raffigura “ La Madonna che allatta il
Bambino”.
Foppa
. Madonna che allatta il bambino, 1500-1510, pittura su tavola, 43,8x33,8,
Philadelphia Museum of Art -
Filadelfia.
La tavola dipinta è il frammento centrale di una pala d'altare.
L'opera è generalmente attribuita a Neroccio. In origine la Madonna era
contornata da santi, forse a sinistra era dipinto Sigismondo di Burgundia di
cui resta solo una mano che offre un 'arancia. Il Von Marle colloca il quadro
fra il 1480 e il 1492, il Dami fra il 1492. e il 1500. Certo è che la Madonna
di Magliano dipinta da Neroccio nella sua maturità è uno dei quadri più
raffinati ed eleganti del pittore senese. Il volto dolcissimo e delicato della
Madonna rivela nei tratti una pura bellezza che l'artista evidenzia con
un'esecuzione sublime. Dal 1493 alla sua morte Neroccio fu in stretto contatto
con la bottega di Luca Signorotti anche se verso il 1495 vi fu un momento di
pausa. Nel dipinto della Madonna del latte il robusto Bambino rivela l'influsso
del Signorelli per il marcato contrasto di luce e ombra e le rotondità delle
membra. Per la prima volta a Magliano, Neroccio non dipinge più una pala
d'altare col fondo oro.
In provincia di Piacenza
gli storici oratori campestri del Comune di Vernasca ed offre la
possibilità di cogliere gli aspetti paesaggistici e le testimonianze storiche
del luogo.
Da S. Genesio si torna indietro fino ad incontrare le indicazioni
per la strada che conduce al vicino borgo di Vigoleno dove si può
visitare l'oratorio rinascimentale della Madonna delle Grazie, detto anche
della "Madonna del Latte", così denominato poichè all'interno c'è un
affresco raffigurante la Madonna che allatta. L'oratorio prospetta sulla
piazzetta principale del borgo ed affianca l'edificio nel quale si trovava
l'antico "hospitale" del borgo.
Precetto Torinese
Edificata ai margini dell'abitato nei pressi del Cimitero, la
struttura attuale della chiesa di San Sebastiano risale al XV secolo; lo stile
e quello di transizione fra romanico e gotico. Pur nella sua semplicità, la
facciata è gradevole e suggestiva, con arcate a sesto acuto e tre occhi rotondi
che illuminano l'interno, a navata centrale e due laterali. Volte, pareti e
pilastri erano anticamente ricoperti di affreschi, di cui alcuni ancora ben
conservati: tra i più notevoli, la Natività di Gesù e l'Assunta, opere di
Jacopino Longo, la volta del presbiterio con la rappresentazione del martirio
di San Sebastiano, delle tentazioni di Sant'Antonio e la rappresentazione degli
Evangelisti al lavoro, una splendida Crocifissione che sovrasta l'altare, la
Madonna che allatta il Bambino, l'Ultima Cena e la Lavanda dei piedi.
Degna di nota inoltre la volta affrescata che, rappresentando il miracolo di
Santo Domingo de la Calzada lungo il cammino verso Santiago de Compostela,
riconduce il monumento ai grandi movimenti di pellegrini del medioevo e alla
Via Francigena verso Roma.
Corridonia-Macerata
Madonna
del latte o Madonna della luna:
proveniente dalla chiesa di S. Agostino è proprietà della Confraternita del Ss.
Sacramento. Datata 1372, è firmata Andrea da Bologna. Da notare l’espressione
dolce della Madonna e lo sguardo del Bambino rivolto verso i fedeli. Madonna
che allatta il bambino entro ghirlanda fiorita: opera di Carlo Crivelli
eseguita su tavola tra 1470 e il 1473. Forse era la parte centrale di un
Polittico andato perduto. Da notare, tra le altre splendide cose, il ricco
abbigliamento della Madonna.
La
tavola proviene dalla chiesa di S. Agostino.
Carosino
Santa
Maria delle Grazie di Carosino viene
nominata parrocchia, come attesta la messa in uso del Registro Battesimale
della chiesa. Allo stessa epoca appartiene la tela, visibile sulla cappella
lato ovest della struttura, raffigurante la Madonna del Rosaio, attribuita a
Domenico Carella. Degno di nota per la sua notevole fattura è il Crocifisso
Ligneo del '700, di artigiano locale, posto in una nicchia in alto nella
cappella lato est sopra il confessionale. Pregevole e di antica esecuzione
(circa '600) anche l'affresco situato sull'altare maggiore che raffigura la
Madonna che allatta il Bambino. L'Altare è preziosamente lavorato in pietra
leccese e presenta in entrambi i lati dei pregevoli quadri iconici raffiguranti
alcuni miracoli fatti dalla Madonna di Carosino.
Montevarchi
Nella navata destra della
Collegiata. I rilievi sono stati rimontati su una struttura architettonica che
riproduce fedelmente l'originale perduta nelle demolizioni settecentesche. La
trabeazione e la cornice superiore sono rette da una coppia di colonne e una
coppia di lesene con capitelli corinzi.
Sulla parete
dell'altare: al centro, un rilievo moderno in terracotta con La Madonna che
allatta il Bambino, riproduzione dell'originale collocato sull'altare maggiore
in chiesa. Ai lati si trovano due nicchie con S.G.Battista, a sinistra, e S.
Sebastiano, a destra, collocati in uno spazio architettonico a forma di piccola
esedra. In basso, al centro di un bassorilievo con ai lati due coppie di angeli
in volo, una grata che consentiva l'affaccio alla reliquia.
MONTEFIORE
CONCA
la
Valle del Conca, fra Rimini e Urbino era più antico della via Flaminia e
toccava sia Coriano che Montefiore, prima di inoltrarsi nelle Marche.
Santuario
della Madonna di Bonora
(epoche varie). Uno dei luoghi di culto più importanti e conosciuti del
Riminese. L'immagine della Madonna che allatta risale al XV secolo. La purezza
popolare dell'immagine è da secoli ammirata e venerata da migliaia di fedeli
che ogni anno accorrono alle celebrazioni. Interessante raccolta di ex voto.
Ottima la posizione immersa nel verde e dominante la Valle del Ventena.
La Madonna della Scala è la prima
opera di Michelangelo da noi conosciuta. Questa opera è stata realizzata dal
1490 al 1492. Nella raffigurazione si può notare dapprima la Madonna che
allatta il bambino, e alle loro spalle sono rappresentati altri quattro
bambini, due dei quali stanno ballando e due stanno stendendo un velo.
L'immagine dei bambini è stata aggiunta per dare una nota di allegria
all'intera opera. In questa composizione si notano alcune imperfezioni, per
esempio il braccio sinistro della Madonna è troppo lungo e le mani sono
sproporzionate al corpo. Michelangelo ha voluto rappresentare questa opera come
simbolo dell'affetto che una madre prova per il proprio figlio, quell'affetto
che lui non ha mai avuto.
Marchesato di salluzzo-valle
Variata
Parrocchiale dei SS. Pietro e Paolo
I bellissimi affreschi concordemente attribuiti ai
fratelli Biazaci, si distribuiscono nelle arcate cieche sui due lati della
navata maggiore. 1° arcata a sinistra - al centro la Madonna che allatta il
Bambino in un giardino cinto da una siepe, in cui compaiono rose e conigli. A
sinistra, la Strage degli innocenti: a destra, la Fuga in Egitto con il
"miracolo del grano". In alto, l'Adorazione dei Magi. Nel sottarco
figure di Santi. 2° arcata a sinistra - gli affreschi, frammentari,
rappresentano la Crocefissione e, nel sottarco, scene della Passione e
Resurrezione di Cristo. 1° arcata a destra - vi si conservano resti di una
Deposizione e della Morte di Giuda
Il Santuario di Concesa, nella
verde valle dell’Adda
Esattamente
350 anni fa il Cardinal Cesare Monti, nuovo Arcivescovo di Milano, faceva la
sua prima visita su questa sponda destra dell’Adda, per venerare l’Immagine
Miracolosa di Concesa, un paesino poco distante da Trezzo sull’Adda
(MI).
Era stata la sua Mamma, la Contessa Anna Landriana, ved. Monti, ad invitarlo a
portarsi a Concesa, dopo la sua presa di possesso dell’Archidiocesi di Milano
il 30 aprile 1635, come successore del famoso Card. Federico Borromeo.
In questo umile paesello, di poche centinaia di abitanti, il parroco Don
Oroboni, con l’aiuto prezioso della stessa Contessa, aveva iniziato a costruire
una Chiesa in onore di Maria . Dodici anni prima l’aveva inaugurata, ma non era
riuscito a portarla a termine perché sopraggiunse la guerra, la troppo famosa
peste del 1630, la spaventosa miseria della gente... e non se ne era fatto più
nulla.
Ora, la Contessa Landriana, aveva insistito presso suo figlio perché in onore
della Madonna, portasse a termine il suo vivissimo desiderio: riaprire, dopo
averla terminata, la chiesa in onore di Maria, che ormai da anni era venerata
dai fedeli sotto il titolo di "Madonna del latte". Venne scelto
l’architetto Carlo Buzzo — discepolo del famoso architetto Pellegrino, che
aveva lavorato per il Duomo di Milano — e, preparato il progetto furono
iniziati gli scavi.Era il novembre del 1635. Dopo sei anni di
faticosissimo lavoro, il piccolo Santuario venne inaugurato dal Cardinal Monti
il 3 settembre 1641, ed affidato alle cure spirituali di due Sacerdoti Oblati
di S. Carlo. Situato nella verdissima valle dell’Adda, quasi all’inizio del
Canale "Martesana" — forse unico Santuario costruito sulla sponda
destra del grande fiume lombardo — egli lo volle dedicato alla Madonna, che,
qui a Concesa si era manifestata "Madre di Dio e madre nostra"
attraverso un quadro miracoloso, opera del pittore Gianstefano Manetta,
"un mediocre pittore di Treviglio" — come viene definito dal
cronista!
Ma perché tanto impegno del Cardinal Monti verso
questo quadro?
La tradizione dice che il pittore si trovò di fronte ad un ostacolo
insormontabile per le sue forze, quando si trovò a dipingere il volto. Proprio
non ci riusciva. Ora, si narra, "mentre stava per dipingere il volto della
Madonna, fu sorpreso dal sonno, e quando si svegliò, trovò la pittura già da
invisibile mano condotta a certo finimento d’arte, che da lui era follia
sperarlo ..." (Piantoni).
Commenta il medesimo scrittore:"Chiaro vedevasi per più che l’opera del
mediocre pittore ... unanime lo stupore, una sola sentenza: esservi quivi del
sovrumano!" (Id. pag. 37). Il volto di Maria non poteva essere opera delle
sue mani.
Santa Caterina allo Ionio
i ruderi della Chiesa della
Vergine della Neve, all'interno dei quali possiamo
ammirare un affresco rappresentante la Maternità di Maria
("Lactatio"): la vergine, seduta e avvolta da un manto azzurro, ha
sul ginocchio destro il Bambino che allatta. Non si conosce l'autore né il
periodo.
PINACOTECA PARROCCHIALE di CORRIDONIA
Canonica della Chiesa dei Santi
Pietro, Paolo e Donato
Madonna
che allatta il Bambino, del 1372 di Andrea da Bologna.
Sulle pendici del Monte Marzio
il Santuario di Ardena (appartenente alla diocesi di Como)
Sono interessanti, all'interno, il dipinto della Madonna che
allatta il Divin infante attribuito alla scuola del Luini e fatto risalire al
'400.
CHIESA DI SANTA MARIA MAGGIORE-fi-
SCUOLA
FIORENTINA (sec. XIV) Madonna che allatta il Bambino
Affresco
Piuttosto
scarse sono le notizie storiche riguardanti questa chiesa, chiamata Madonna
della Cancellata, che sembra sia stata edificata per contenere l'immagine
miracolosa della madonna.
L'esterno in pietra è un insieme disordinato ma garbato di volumi assemblati,
dai quali emergono l'abside semicircolare e il campanile.
All'interno, una modesta sala piuttosto disadorna con due cappelle laterali e
l'abside appena rialzata, probabilmente tempo fa ancora più isolata da un'alta
cancellata lignea (da cui probabilmente il nome della Chiesa), a proteggere
l'altare con la preziosa immagine della Madonna.
Sull'altare
maggiore, incastonato entro un'elegante e spettacolare struttura architettonica
settecentesca in marmi policromi, è un affresco assai venerato raffigurante la
madonna che allatta il Bambin Gesù. Un riferimento tradizionale lo assegna ad
un non meglio precisato, e precisabile, Paolo o Jacopo, pittore.
Buglioni:
Benedetto (1460c.-1521)
Benedetto
riprende tutti i caratteri distintivi dell'arte robbiana, anche dal punto di
vista tecnico e cromatico: dapprima, figure bianche su fondo blu con
decorazioni in oro; poi, una policromia naturalistica sempre più ricca. Non è
tuttavia un semplice imitatore, poiché mostra un proprio stile e una personale
capacità interpretativa che lo rendono riconoscibile e originale. Anche
l'aspetto tecnico delle sue opere si distingue da quello robbiano per lo smalto
meno consistente, più trasparente e diluito, talvolta anche irregolare e
difettoso.
Questa
caratteristica è soprattutto evidente nelle tonalità chiare e brillanti
dell'azzurro, del giallo e del verde, come nella Madonna che allatta. La
sua tecnica, più sommaria e veloce di quella robbiana, si rivela ugualmente
nella definizione pittorica dei paesaggi di fondo.
Faesis-Udine.
la
cappella castellana
costruito
nel XVI secolo e ha subito forti rimaneggiamenti nel XVII secolo. L'interno
conserva un affresco raffigurante la "Vergine che allatta il
Bambino", incastonato nell'altare ligneo e risalente al XV secolo, opera
di un ignoto maestro.
umbria
La
chiesa di Santa Maria della Pace fu edificata nel XVI secolo intorno ad una
delle tante "mestare"
che costeggiavano, e costeggiano tuttora in prossimità degli incroci, l’asse
viario più importante del territorio martano: la Strada Romana che in quel
tempo ricalcava fedelmente il tracciato dell’antica via consolare Flaminia e
che collegava la Terra di Massa con Roma e con Foligno. La sacra immagine
dell’edicola intorno alla quale fu costruita la chiesa raffigura la Madonna che allatta il Bambino tra i Santi
Giovanni e Giacomo e fu dipinta dal pittore umbro Bartolomeo da Miranda
nella prima metà del secolo XV.
Pinacoteca Ambrosiana- Tavola olio e Tempera 51x41 cm
Bernardino Luini Demenza? 1480-1532
Disegno raffinato con leggere velature di colore,con componenti
leonardesche che si fondano con tratti raffaelleschi,per cui si può datare intorno
ai primi anni venti del
affresco-ovale69x59.
santuario Madonna della grazia. Nardò-tra Galatone nord e
Copertino.
A cinquecento metri dal luogo dove sorgeva l’antica
cappellellina,in stile tardo romanico dove addossata ad un muro dell’abside era
collocata la miracolosa icone, bizantina del 1200-1300.
Acqua Formosa in Calabria
Santuario di S. Maria
del Monte, di epoca incerta, (probabilmente risalente al IX-X secolo)4 come
luogo di ritiro dei Cistercensi. Il Santuario è distante circa sette chilometri
da Acquaformosa, sito a 1430 metri di altezza, su un pianoro del monte Cozzo di
Lepre. Rappresenta un semplice esempio di edilizia religiosa rurale consistente
in una costruzione a due piani comprendente la cappella. La facciata è composta
di un portico d'ingresso e della cella campanaria. L'interno è a unica navata e
contiene un pregevole bassorilievo, ricavato da due lastre di pietra tufacea
incollate tra loro, di Madonna che allatta il bambino. Secondo la tradizione la
scultura fu ritrovata in una grotta poco distante dal Santuario al tempo dell'imperatore
d'Oriente Leone III Isaurico che combatte il culto delle sacre immagini.
Scultore
casalese c. 1490 – 1500 Madonna che allatta il
Bambino
Legno policromo cm
95 altezza
Trino Vercellese,
Oratorio del Santissimo Sacramento
La
fortuna del linguaggio lombardo in terra albese non dipendeva probabilmente
solo dalla volontà della committenza di ricorrere ai servigi di un artista di
prima grandezza. In verità il Marchesato del Monferrato confinava col Ducato
visconteo prima e sforzesco poi, e non è stupefacente che la corte di Casale
cercasse a Pavia o a Milano i propri modelli aulici di legittimazione
figurativa; inoltre la dipendenza da Milano di una città come Alessandria deve
aver favorito un’osmosi culturale di cui è dato cogliere ancora non pochi frutti
preziosi.
Buonconvento-toscana
Museo d'Arte Sacra della Val d'Arbia, Palazzo Ricci - Socini
Andrea
Piccinelli, conosciuto anche col nome di Brescianino, un dipinto raffigurante
la Madonna che allatta il Bambino
Malnate-VA
Chiesa di S.Matteo: in stile romanico, resta l'abside originaria,
mentre l'aula e la facciata sono state rifatte a metà del 1700; vi si conserva
un affresco della Madonna che allatta, della fine del 1400.
Sant’oreste-a nord di Fiano
Romano
davanti alla chiesa di San Lorenzo, s'innalza
un piccolo oratorio che verrà così nel
Stroncone-umbria
S.
Simeone.
Uno
dei monumenti più importanti di Stroncone, di cui oggi rimangono soltanto
alcuni resti, è senza dubbio il Monastero di S. Simeone con l’omonima chiesa.
Pur ignorando la data della sua costruzione, si sa da alcuni documenti che già
nel 1012 il monastero, che ospitava i Benedettini, aveva ricevuto in dono
alcuni fondi rustici da parte di un certo prete Giovanni di Pietro. Secondo
un’ipotesi non priva di fondamento il monastero risale al IV secolo, quando fu
costruito un oratorio dedicato a S. Silvestro papa i cui resti sono incorporati
nelle mura dell’attuale edificio
Ad
una sola navata e con abside semicircolare la Chiesa di S. Simeone, mostra ancor oggi pregevoli stucchi del periodo
barocco che in parte hanno ricoperto affreschi del XII-XIII secolo.
Un
affresco del Quattrocento mostra la Madonna che allatta Gesù, contornato da una
cornice di stucco.
Briona -Novara
Cappella
della Mora
Di
tarda età sforzesca, sorge in prossimità della Roggia Mora, sulla strada che
conduce al cimitero. L'affresco dell'altare rappresenta la Madonna che allatta.
Magliano-toscana
la
chiesa della SS. Annunziata che custodisce al suo interno la cosa più pregevole
di Magliano; si tratta di una tavola posta sull'altar maggiore: "La
Madonna che allatta il Bambino", una delle opere più belle di Bartolomeo
di Lando, detto il Neroccio (1447-1500).
In painting Bramantino concentrated his attention on
perspective construction, functioning as a dramatic accent. His teacher was
Bernardino Butinone and his first famous works were Madonna
che allatta (circa 1485) (Boston, Mus.of Fine Arts),
Anche
i dintorni di Ostuni sono interessanti. Si trovano infatti cripte basiliane e
laure come la Madonna della Nova, una chiesa rupestre del 1531 davanti ad una
cripta basiliana; tra gli affreschi della cripta sono suggestivi una dèesis del
XIII secolo ed una Madonna che allatta del XVI secolo.
Vaiolati Spuntini-marche
nel territorio del Comune sono la chiesa di Sant'Anna o
della Cancellata, appena fuori del castello, che custodisce un affresco
cinquecentesco, recentemente restaurato, raffigurante la Madonna che allatta il
Bambino.
LE CHIESE DI PONTOGLIO
provincia di Brescia
La Madonna in trono allatta il bimbo tra i
Santi Francesco e Bernardino
Stilisticamente affine ai precedenti e da datarsi per tanto alla stessa epoca,
cioè alla fine del quattrocento, questo riquadro si anima più degli altri, di
spiccati accenti tra Padova e Murano: più coerentemente rinascimentale nella
salda impostazione volumetrica dei due santi oppure del Bimbo - va però notato
che ancora una volta le braccia della vergine spariscono, senza corpo, sotto il
ricchissimo manto damascato -, essa richiama, oltre che la grande officina
padovana dei vari Squrcioni, Schiavone e Marco Zoppo (ambiente al quale andrà
riferito per altre anche il particolare iconografico, già visto nella prima
Madonna col Bambino presentata qui, della collanina di corallo appesa al collo
di Gesù ), anche la bottega muranese dei Vivarini, in particolare Bartolomeo ai
suoi esordi. Madonna in trono che allatta il bambino.Molto lacunoso (la stessa
data, ora nuovamente in vista per l'apertura di un buco, era stata coperta
dalla più tarda muratura della cappelletta), ancor più degli altri questo
dipinto rivela i modi di un pittore che, sepolto nella provincia, resta
tagliato fuori dalla conoscenza delle verità prospettiche e volumetriche che la
civiltà rinascimentale aveva ormai da tempo diffuso in tutt'Italia: se il
motivo dell'absidiola a conchiglia sorretta dal pilastro che conclude il trono
dietro il corpo della vergine sembra un timido accenno al nuovo lessico, in
realtà tutto il resto richiama ormai vetusti stilismi non solo gotici - il
basamento del trono, il piegarsi elegante dell'orlo del manto, nimbi decorati a
pastiglia -, ma addirittura romantici come il volto della madonna, astratto e
fitto nel vuoto, oppure il tipo del gracile bambino, oppure ancora le pieghe
del manto che cadono felpate e inerti sulle ginocchia della vergine . Graffiti
su un pilastro laterale sinistro Nel corso dei recenti restauri S. Maria, sono
stati lasciati opportunamente alla luce alcuni stralci dell'antico intonaco
cinquecentesco. Questo, che presentiamo nella fotografia, è decorato con il
caratteristico (e da noi non frequente) motivo eseguito “a forchetta”, e reca
un piccolo ed interessante disegno all'acquarello sull'intonaco ancor fresco,
con la chiesetta col suo campanile ed un sintetico contorno di una madonna col
bambino.
Il quartiere Latte Dolce
- Santa Maria di Pisa inizia a svilupparsi negli
anni sessanta nel quadrante nord-orientale della città, lungo la via di
comunicazione verso il Golfo dell'Asinara.
Il nome Latte Dolce è dovuto alla presenza di una chiesetta
campestre in cui è collocato un affresco raffigurante la Madonna che allatta
il Bambin Gesù, a cui le gestanti e le puerpere rivolgevano le loro
preghiere.
Verona
Se ne sta lì
da quattrocento anni ad alimentare leggende, a spaventare i bambini, a far
galoppare la fantasia dei pellegrini. Eppure questo coccodrillo imbalsamato
lungo più di cinque metri è anche un simbolo di devozione e riconoscenza: a
renderlo più misterioso e affascinante, infatti, c’è il particolare che non si
trova in una museo, ma in un santuario. È appeso al soffitto e richiama alla
mente immagini viste sui libri, di antichi serragli e di cavalieri che
tornavano da luoghi esotici, carichi di doni bizzarri. Sono a San Michele
Extra, nel Veronese, ai piedi delle colline famose per il Valpolicella. Il
santuario Regina della Pace, che tutti chiamano Madonna della Campagna, è conosciuto
come una delle più importanti mete mariane. Vi è conservato un affresco del
Quattrocento che raffigura una Madonna che allatta il Bambino, molto venerata e
considerata miracolosa. Ciò spiega perché il Santuario in un tempo lontano
fosse famoso per la sua ricca collezione di ex voto, purtroppo in gran parte
scomparsi durante i saccheggi compiuti dalle truppe napoleoniche. Non tutti,
però: e fra gli oggetti superstiti, doni di persone che avevano ottenuto una
grazia, c’è questo enorme rettile, un coccodrillo del Nilo perfettamente
conservato. Per la gente del posto non è un coccodrillo qualunque, ma «il
coccodrillo», entrato ormai a far parte anche dei detti e della storia del
paese. In passato serviva come spauracchio per i bambini capricciosi. Dicevano
le mamme: «Se no te fe el bravo, te fasso magnar dal cocodril de la Madona de
Campagna» (se non fai il bravo, ti faccio mangiare dal coccodrillo della
Madonna di Campagna). La storia del coccodrillo della Madonna è avvolta nel
mistero.
LA
CHIESETTA DELLA GRAZIA
frammenti
di affreschi venuti alla luce da poco durante i lavori di restauro compiuti
dagli attuali proprietari, la famiglia di Salvatore Vetrugno.
la
facciata dell'antica chiesetta (che si trova inglobata alle spalle della chiesa
attuale) era a capanna (IX sec.). La porta è aperta a Sud e sull'architrave si
trova un elemento caratteristico delle costruzioni classiche greche. Si tratta
di una trave in pietra finemente lavorata che come elemento decorativo si
trova, sia in Albania che in Grecia, sulle chiese costruite tra il IX e X sec.
Dai
piccoli sondaggi effettuati ci si accorge che la dinamicità dell'ambiente è
stato notevolmente modificato nei vari interventi effettuati sulla struttura
ricoprendo e danneggiando, se non proprio in certi casi distruggendo, i
magnifici affreschi in essa contenuti.
Di squisita fattura e di ineccepibile bellezza questi affreschi sono stati
eseguiti certamente dalla famosa scuola di affreschi salentina molto nota nel
periodo dell'Impero costantinopolitano, nell'ambito del quale ha operato per
svariati secoli.
Gli affreschi, dovrebbero risalire ad un periodo compreso fra il IX e l'XI sec.
questo sia per la tipologia dell'immagine e delle cornici, sia per i colori
usati, caratteristici di quel periodo.
Si tratta di due diversi Santi racchiusi in due diverse cornici che andavano a
collocarsi all'interno di una logica propria della iconografia bizantina dove
oltre alla "desis", pitturata al di sopra della zona celebrativa
(alle spalle dell'altare), venivano poi collocati a diversi livelli varie
raffigurazioni di Santi e ripetuta, due o tre volte, l'immagine del Santo a cui
era dedicata la cappella o chiesa.
Al
suo interno, sul lato sinistro, è presente, in una teca di legno chiusa da
vetri, la statua della Madonna che allatta: rilettura teologica dell'antica
divinità pagana della fertilità che rinforza la tesi riguardo il fatto che la
località è stata meta di pellegrinaggio, fin dai tempi dei Messapi.
Musei capitolini pinacoteca-roma
Pittore emiliano, XVII secolo Madonna con il bambino olio
su tela, cm 29x21.5. Inv. 195 Piccola opera devozionale, da assegnare ad un
artista bolognese del Seicento. L'iconografia della "Virgo lactans"
(la Madonna che allatta il bambino) risale ai primi tempi dell'arte cristiana:
particolarmente diffusa nel Medioevo e nel primo Rinascimento, diviene in
seguito più rara.
Viterbo
S. Maria Nuova
Nel luogo di una chiesa menzionata già nel 1080 sorge nel XII secolo la chiesa di
S. Maria Nuova. L'edificio, nonostante sia stato più volte rimaneggiato,
conserva ancora in buona parte le originali forme romaniche.
Sui
muri laterali è visibile una vera e propria antologia della pittura viterbese
dal XIV al XVI secolo. Nella navata si possono ammirare nell'ordine,
dall'entrata verso l'abside: una tavola a tempera del XV secolo raffigurante la
Madonna in trono che allatta fra i santi Bartolomeo e Lorenzo; un Cristo
crocefisso fra la Madonna e i Santi realizzata da Francesco
D'Antonio detto il Balletta.
Chiesa della Madonna delle Grazie
in Cusano Mutri
la parte centrale è una vera sorpresa. Un rettangolo ben
determinato è occupato da una Madonna che allatta il Bimbo, opera di
valente mano ignota quattrocentesca. La figura ben composta è
soave. Sotto l'intonaco si intravede un disegno simile, più
arcaico.
Santuario di
Santa Maria del Soccorso
La costruzione del Santuario fu deliberata a
seguito di alcuni eventi prodigiosi avvenuti intorno al tabernacolo allora
posto lungo la strada per Galciana (attuale via Roncioni), raffigurante ad
affresco una Madonna che allatta il Bambino, dipinta da Pietro e Antonio di
Miniato nel 1418.
Sull'altare è posto un bel dipinto di Santi di Tito (1580) che incornicia
l'affresco miracoloso.
S. Martino Maggiore –Bologna-
Madonna
che allatta il Bambino di Simone di Filippo.
Santa Maria delle Grazie-PALERMO.
Il presbiterio è collocato in una grotta naturale, dove al centro
vi è un affresco con l’immagine della Madonna che allatta il Bambino Gesù e San
Giuseppe che osserva la scena (oggi l’immagine è deteriorata dall’incuria del
tempo)
Bandissero
Ambrogio Lorenzetti,
1320-1330, tempera su legno, cm.90x48, Palazzo Arcivescovile, Siena.
Convento e chiesa di San
Francesco di Grosseto
di notevole qualità vicino la porta d'ingresso alla
cappella dell'Immacolata, raffigurante «una Madonna trecentesca non lontana dai
modi di Niccolò di Segna. A questo dipinto è stata sovrapposta, verso la fine
dello stesso secolo, l'immagine di fattura più popolaresca, di una Madonna in trono che allatta il Bambino affiancata da San Giacomo Apostolo.
LAVELLO-Lucania
Maria SS. del Principio
La
Vergine Maria SS. del Principio, secondo la tradizione avrebbe operato numerosi
miracoli: la protezione di Lavello dalla peste del 1656 e la concessione di
grazie in momenti critici della vita dei contadini : siccità, carestie,
invasione di cavallette e di bruchi.
In queste circostanze l'immagine della Madonna veniva portata in cattedrale e
vi rimaneva fino a grazia ottenuta. Oggetto di venerazione è un dipinto su tela
che raffigura la Madonna che allatta il Bambino Gesù e si festeggia l'otto
settembre.
Serravalle-valsesia
La
Pieve romanica di Santa Maria di Naula, è una chiesa povera, costruita dai
poveri, ma ricca di un fascino particolare, accentuato dagli ombrosi tassi che
la lasciano intravedere e dagli affreschi, variamente databili che ne
abbelliscono l'interno, tra i quali segnaliamo una dolce Madonna in trono che
allatta il Bambino, di epoca tardogotica.
Santo Stefano di
Verona
La fondazione della chiesa di Santo
Stefano - una delle antiche basiliche paleocristiane di Verona - è senza alcun
dubbio connessa con la scoperta delle reliquie del protomartire e la loro
diffusione nei territori già conquistati alla nuova religione cristiana. Varie
sono le leggende circa la sepoltura di Stefano. Secondo alcune fu lo stesso
Pilato che raccolse le spoglie del Santo e le seppellì nella tomba di famiglia
dalla quale furono in seguito miracolosamente traslate a Kefar-Gamla. Secondo
altre versioni invece fu Gamaliele che si fece consegnare dagli Apostoli il
corpo del martire e lo trasferì nel suo villaggio di Kefar-Gamla, che si
trovava a trenta miglia da Gerusalemme. Quello che pare più sicuro è che il
ritrovamento delle reliquie di Stefano avvenne nel 415 per opera del prete
Luciano di Kefar-Gamla, che avrebbe avuto in sogno l'indicazione del luogo del
sepolcro. In quel frangente una piccola parte delle spoglie di Stefano sarebbe
stata lasciata a Luciano, che n’avrebbe fatto poi dono a vari amici. Di qui la
diffusione delle reliquie, anche se la maggior parte del corpo del Santo fu
invece traslata provvisoriamente a Gerusalemme nella chiesa di Sion. Il vescovo
della città santa, Giovenale, fece poi costruire una basilica sul presunto
luogo della lapidazione di Stefano e tale chiesa fu solennemente incoronata nel
439.
la Chiesa di S. Maria dell'Alto
L'edificio sorge a sette chilometri
dall'abitato, sulla strada provinciale che porta a Cellino S. Marco.
Fino al secolo scorso era chiamata
"S. Maria del latte" per la presenza in essa di un quadro
raffigurante la Madonna che allatta il Bambino, situato attualmente nella
Collegiata di S. Maria delle Grazie a Campi. Tuttavia, il titolo più antico
sembra essere quello di S. Maria di Bagnara con cui, fino al 1602, la chiesetta
era conosciuta.
Il Romitorio di Pienza
è uno dei tanti luoghi nascosti e poco conosciuti Le caratteristiche stilistiche della
"Madonna del latte" farebbero risalire la rozza scultura alla fine
del '500 o più probabilmente alla prima metà del '600. Ciò fa supporre che essa
sia stata scolpita per continuare il culto popolare verso un'immagine della
maternità divina in modo più spontaneo. Mentre la più antica immagine della
Madonna (probabilmente degli inizi del '400), affrescata sul muro di un'edicola
e dalla prima metà del '600 racchiusa e custodita all'interno della chiesa di
S. Caterina, veniva gestita dalla Chiesa locale secondo norme e tempi liturgici.
Precetto-TO.
la chiesa di S.Sebastiano risale al xv secolo; lo stile è quello
di transizione fra romanico e gotico
Volte, pareti e pilastri erano anticamente ricoperti di affreschi,
di cui solo pochi ben conservati: tra cui una
Madonna che allatta il Bambino.
Magliano-toscana
Chiesa della SS. Annunziata: portale con architrave in travertino,
copertura a capanna che ne determina lo stile romanico. All'interno la Madonnna
che allatta il Bambino.
casa
Buonarroti-FI
Tra
i quindici e i diciassette anni, mentre frequentava il Giardino di San Marco,
Michelangelo creò i suoi primi capolavori tra cui la Madonna della scala, la
bravura straordinaria di questo ragazzo geniale, che riesce a raccontare in una
piccola tavola di marmo più di una storia: c'è infatti la Madonna che guarda
lontano mentre allatta il suo erculeo bambino, c'è una misteriosa scala
schiacciata sulla quale si muovono alcuni bambini, non si sa se per gioco o per
stendere un lungo velo sulle spalle della Madonna.
Montecchio
A
Gorzone il Castello Federici, si può notare scendendo lungo la tortuosa strada
che porta ad Angolo Terme.
Gorzone la Parrocchiale di Sant'Ambrogio fu eretta sul perimetro
di una precedente chiesa di cui sono ancora visibili un affresco (Maternità),
oltre ad una piccola parte di un altro antico affresco del '400 (Madonna in
trono che allatta il Bambino).
l'antica
pieve di S. Appiano in Val d'Elsa.
il
tesoro della Pieve esposto nell'Antiquarium adiacente all'ingresso della
Canonica,i bassorilievi raffiguranti scene di mitologia greca, l'idoletto Eros
rinvenuto nel piazzale del battistero accostate pacificamente ad alcuni
pannelli cristiani del XV secolo come la Madonna che allatta il Bambino fra due
santi, attribuito al Maestro di Signa.
Cannara Nella trecentesca Chiesa di S.Matteo, si può ammirare un trittico
frammentario
di Niccolò di Liberatore: Madonna in trono che allatta il Bambino e i Santi
Matteo e Francesco.
buonconvento- Siena
Andrea Piccinelli detto il Brescianino
Madonna che allatta il Bambino e i Santi
Giovanni Battista e Girolamo
Fondi-Latina.
Il Santuario
sul monte Arcano venne costruito da una comunità monastica benedettina attorno
al X-XI secolo.
L'immagine
della Madonna che allatta il piccolo Gesù, conservata
in un antica nicchia, risale al XIII secolo.
Arco
si
ritiene che la chiesa possa essere sorta intorno al VII secolo. Collocata fuori
delle mura che un tempo cingevano Arco, lontana da abitazioni, aveva
probabilmente anche lo scopo di accogliere viandanti e pellegrini. Ciò
spiegherebbe la presenza di un ampio pronao, laterale all’ingresso principale,
aspetto architettonico singolare fra le chiese dell’archese.
Nella
parete a Nord, nel registro superiore, troviamo il martirio di S. Lorenzo, la
Madonna che allatta Gesù Bambino e la Crocifissione.
Caglio-Como
il
Santuario di Campo è costruito nella prima metà del Seicento, nel luogo
dell'apparizione della Madonna a una giovane pastorella, che custodisce, oltre
a un insolito affresco cinquecentesco della Madonna che allatta il Divino
Bambino, una preziosa reliquia - un piccolo lembo della tunica della Vergine
Maria intriso del sangue di Gesù- donata nel 1729 da padre Marcellino Custodi.
Nardò (LE)
Chiesa di S. Giuseppe Patriarca La Vergine che allatta il Bambino
olio su tela cm. 78 diagonale - cm. 81 altezza - cm. 74 larghezza, ottagonale
secolo XVII ignoto
La
chiesa di Santa Maria della Pace fu edificata nel XVI secolo intorno ad una
delle tante "mestare" che costeggiavano, e costeggiano tuttora
in prossimità degli incroci, l’asse viario più importante del territorio
martano: la Strada Romana che in quel tempo ricalcava fedelmente il tracciato
dell’antica via consolare Flaminia e che collegava la Terra di Massa con Roma e
con Foligno. La sacra immagine dell’edicola intorno alla quale fu costruita la
chiesa raffigura la Madonna che allatta il Bambino tra i Santi
Giovanni e Giacomo e fu dipinta dal pittore umbro Bartolomeo da
Miranda nella prima metà del secolo XV.
Grassano-S.M. del
Carmine
Il
dipinto, probabilmente di scuola napoletana della fine del seicento è inserita
in una portella lignea. Precedentemente forse fungeva da portella d'organo.
Materia: Olio su tela Misure: cm 65- 51
Monti Lepini-Amaseno
A circa 4 km dal centro di Amaseno su un
ameno colle è una importante chiesa conosciuta con il nome di Santuario
dell’Auricola. Molto suggestive sono alcune figure di
Madonna con Bambino; curiosa è quella di una Madonna che allatta il Bambino.
Musei vaticani-pinacoteca
Antonio
Papadopoulos, sec. XV, Madonna che allatta il Bambino, inv.40071
i
Domenicani di Pistoia,convento.
La
Madonna che allatta" (riferibile alla Madonna dell'Umiltà dell'omonima
basilica pistoiese) di incerta attribuzione (Giovanni Cristiani, Antonio Vite o
Filippo di Damasio?).
Capitelli
o staffoli
I capitelli costituiscono nel nostro territorio una delle forme
più significative secondo cui si è espressa nei secoli la pietà popolare.
Consistono in piccole costruzioni sparse nel territorio e adibite generalmente
al culto della Vergine e dei santi. Si tratta di un modo originale di
rapportarsi con il Sacro, in cui prevalgono il sentimento e l'immediatezza. È
bene precisare che nel nostro territorio il termine capitello assume un
significato locale e comprende una vasta tipologia: l'edicola, la nicchia, la
croce. A volte si tratta di piccole costruzioni isolate a forma di colonna o
pilastro che reggono statue. Deriva da "caput" (capo, estremità,
incrocio), incrocio delle strade. Alcuni di questi capitelli vengono chiamati
dalla gente del luogo "staffoli"; si tratta di tempietti che spesso
si trovano agli incroci delle strade, quasi piccoli oratori, talora con pronao.
Molti capitelli quindi sorgevano nel punto di confluenza tra importanti vie di
comunicazione, anche se alcune di queste strade non esistono più, o hanno perso
l'importanza di un tempo.
Lo STAFFOLO di OLFINO si trova
all'incrocio tra la vecchia strada che portava a Pille da un lato, a Monzambano
dall' altro, e quella per le Colombare. Il tempietto di forma quadrangolare è
sormontato da una croce in ferro battuto; all'interno ancora si possono
ammirare gli affreschi del 1500, probabilmente della stessa mano di quelli
della Chiesa della SS. Trinità di Olfino collocabili tra la fine del 1400 e la
prima metà del 1500. Al centro è rappresentata una Madonna che allatta il
Bambino, sulla sinistra san Sebastiano, sulla destra san Rocco (riconosciuto
patrono degli appestati nel Concilio Ecumenico di Costanza del 1414); sulla
parete sinistra san Michele arcangelo ha la bilancia in mano e con il piede
schiaccia il dragone; sulla parete destra si nota san Cristoforo. Sul soffitto
c'è il monogramma J(esus) H(ominum) S(alvator) legato alla predicazione di san
Bernardino da Siena. Un basamento in mattoni sostiene la preziosa scultura
marmorea policroma, coeva dagli affreschi, raffigurante la Sacra Maternità, e
due candelabri in ferro battuto, a fianco della stessa. La statua della Madonna
vestita con mantello di vivaci colori (oro, rosso, blu) porta sul capo una
corona di ottone con una piccola croce. Anche questo capitello, come molti
altri, probabilmente sostituiva l'antica stele romana, colonna votiva che
indicava la strada o un posto di ristoro.
LA
CHIESA DI SAN VITTORE
La chiesa conserva delle caratteristiche
che la definiscono romanica. Due antichi documenti parlano di questa chiesa: il
primo del maggio 1047, il secondo, del dicembre 1199. Nel corso dei secoli ha
subìto varie alterazioni, con l’aggiunta nel 1681 delle due cappelle laterali,
delle due nicchie, del portico e della volta in cannicciato, nel 1809. Fu
inoltre usata come lazzaretto durante la peste del 1630 e le epidemie di colera
del 1835 e 1854. San Vittore è tuttora oggetto di una antichissima Sagra che si
svolge la seconda domenica di maggio. La Sagra
si avvale di un cerimoniale carico di elementi simbolici come le coccarde, le
alabarde, la bandiera del Ducato Sabaudo, e si conclude con la distribuzione
delle “carità”, piccoli pani benedetti.
Gli
affreschi Dai volumi dedicati al
Santuario, si leggono le varie leggende del martirio dei due Santi: dei Santi Vittore e Corona in Feltre.
Alcune fonti lo fanno risalire al 171 d.C. a Damasco, altre ad Antiochia ed
altre ad Alessandria di Siria. Pur essendo sconosciuta la via per cui il culto
dei due martiri si diffuse e giunse a Rivalta, è certo che il racconto della
leggenda era ben noto all’affrescante che operò a Rivalta, che raffigurò in
modo completo le varie fasi, interpretando con descrizione fedele e realistica,
lo svolgersi di un martirio tanto truculento! Chi ha eseguito i quadroni era un
affrescatore di non poca bravura: ha eseguito il lavoro senza preparare le
figure, riproducendole direttamente sulle pareti. Restaurata nell’estate 1998,
questa grande superficie dipinta (di circa 32 metri quadri), è certamente
dovuta a un’importante committenza, ancora da scoprire, che ordinò e finanziò
l’intera opera pittorica della parete destra. Per contro, poco più di due
secoli dopo la pittura dell’affresco, il culto dei nostri due Santi si è forse
affievolito, sono intervenute evoluzioni di gusto e di stile, ed è subentrata
una indisponibilità a rispettare immagini un po’ cruente, per cui si acconsentì
facilmente ad abbattere parte della parete, per l’edificazione delle cappelle
laterali, eliminando la possibilità di farci pervenire l’intero ciclo
pittorico. Nella parete sinistra sono raffigurati i volti di San Bernardino,
del Vescovo, ignoto, di San Martino, con il suo splendido cavallo e di San
Sebastiano, ancora raffigurato in abito nobiliare gentilizio. È evidente, nel
ciclo degli affreschi dell’abside, l’opera di almeno tre mani pittoriche, forse
quattro. Occorre dire che la qualità dei dipinti è ottima, e raggiunge un
livello importante nelle figure dei quattro apostoli di destra, nel catino e
nella splendida Madonna che allatta. Chi furono gli autori? Perché mancano tre
apostoli, mai dipinti, sulla parte rimasta vuota? Giacomo Jacquerio o la sua
scuola? È tutto da scoprire.
Montacatini alto
l'Oratorio
di San Sebastiano
Madonna
col Bambino, tempera su tavola di scuola fiorentina risalente alla seconda metà
del Trecento: é un'immagine alla quale la popolazione di Montecatini é sempre
stata molto devota e raffigura la Madonna in trono che allatta il Bambino - la
tavola é collocata all'interno di una vetrina più grande dove sono conservate
altre piccole reliquie.
Madonna che allatta il Bambino presso una
fontana
-Bernaert Van
Orley,1488-1541
Pinacoteca
Ambrosiana
La
madonna ,con un ampiae ricca veste,si appresta ad allattare Gesù Bambino:di
fianco si vede una fontana cesellata con motivi all’antica e sullo sfondo una
città introdotta da un’ampia scalinata.
La
Collobi Raggianti,proponendo una datazione attorno al 1516,ha segnalato la
prossimità alla Madonna dipinta da San Luca,del Gossaert datata 1515 e
conservata nella Nàrodni Galeri di Praga.
San Miniato Pistoia
PALAZZO COMUNALE E ORATORIO DEL LORENTINO -
Complesso che risale intorno al 1300, ristrutturato nel corso dei secoli.
Conserva l'originale Sala del Consiglio, dove si può ammirare l'affresco che
raffigura la Vergine che allatta il Bambino, circondata dalle Virtù, attribuito
a Cenni di Francesco di Ser Cenni.
G
r a t i a r u m - C a r t h u s i a certosa di Pavia
La
luminosità e la gaiezza gli vengono dalle sue ben 100 finestre e dai vivaci
colori della decorazione pittorica delle volte, opera di Ambrogio da Fossano,
detto il Bergognone, e di suo fratello bernardino.
In alto, all'inizio della navata minore di sinistra e verso il centro di quella
di destra, entro finte bifore, si affacciano due belle figure di monaci
certosini realisticamente eseguiti.
La
chiesa, lunga metri 81 e larga 61, è a croce latina, a tre navate, divise da
agili pilastri polistili in pietra d'Angera, e in stile predominante
gotico-lombardo. L'interno s'ispira al Duomo di Milano, ma a differenza di
quest'ultimo, è molto più armonioso negli spazi. Il
refettorio, è un'ampia sala rettangolare divisa in due parti. Nella prima
mangiavano i monaci sacerdoti, nella seconda i fratelli conversi. Nella volta, al centro, una Madonna che
allatta il Bambin Gesù, opera del Bergognone. Alla sua scuola, invece, si
attribuiscono le mezze figure di profeti, santi e Certosini nelle lunette.
CHIESA
DI SANTA CHIARA -NOCERA
INFERIORE
Appartenente alle Clarisse
nel
coro, un’altra immagine del 1677 fatta affrescare da una Suor Flavia
Longobardi, con la Vergine che allatta il Bambino.
Palestrina
Nel 1519 Saulino Salvatico costruì, su cospicui avanzi di murature
romane, la chiesa della Madonna dell'Aquila, ornata da affreschidel '500 che
rappresentano la Madonna che allatta il Bambino, e S. Caterina.
Si trova a Casalmaggiore
( Cremona) il Santuario della Beata
Vergine della Fontana dove si può ammirare un bellissimo affresco della
Madonna che allatta il Bambino con davanti un pozzo d’acqua risalente all’anno
870, che se segna l’origine.
S.Maria Maggiore in Roma-
Con
fondate ragioni abbiamo ipotizzato che la devozione alla Madonna della Neve sia
stata portata in Parrocchia dal primo Prevosto di Cucciago, il canturino don
Giovanni Francesco Chiavelli (1582 - 1605), dopo la fondazione della parrocchia
da parte del Papa Gregorio XIII, come da Bolla data in Roma il 23 agosto 1582,
su richiesta di S.Carlo Borromeo, cardinale Arcivescovo di Milano.
Madonna della Neve è S.Maria Maggiore in Roma, la quarta delle basiliche
patriarcali. Perché questo titolo? Perché, come dice la tradizione popolare, fu
costruita sull'area del colle Esquilino che il mattino del 05 agosto (l'anno
non lo conosciamo) fu trovata coperta di neve come Maria SS.ma in un sogno
aveva indicato a due coniugi intenzionati a compiere una grande opera di bene.
Dopo il concilio di Efeso del 431, che aveva riconosciuto a Maria il titolo di
"Madre di Dio", papa Sisto VI ricostruì la basilica che poi fu detta
"Santa Maria Maggiore".
A
Cucciago, Madonna della Neve è
l'affresco raffigurante Maria seduta
in trono mentre allatta il Bambino con al suo fianco da una parte
S.Antonio abate e dall'altra S.Agata, che ora si trova nell'ancona che sovrasta
l'altare del Santuario, affresco lì riportato da dove si trovava prima.
Si presume infatti che fosse stato realizzato fuori dall'antica chiesetta di
S.Vincenzo, sopra il portale d'ingresso a fianco del campanile, protetto dal
tettuccio.
L'esempio di
Santa Maria del Mercato degli Oldofredi, a Iseo
Sorta
all'inizio del Trecento per volontà di Giacomo Oldofredi "per comodo
proprio e del popolo", la chiesa ha pianta irregolare che si adatta al
tessuto urbano preesistente. Ad aula unica, presenta una copertura con volte a
crociera, un presbiterio rettangolare diviso dal resto della chiesa da una
bella cancellata in ferro battuto, mentre da una cornice lignea barocca spunta
l'affresco di una Madonna che allatta il bambino.
S.
EUFEMIA PATRONA DEL LATTE
Il culto del latte è assai diffuso nel folklore religioso
abruzzese e non v’è paese o contrada, in cui non siano presenti superstiti
ricordi di grotte e fontane che avevano la virtù miracolosa di far ritornare il
latte alle puerpera che l’avevano perso. La Madonna, Sant’Agata, Santa
Scolastica, Santa Eufernia erano le Sante che più comunemente venivano invocate
dalle donne nella impossibilità di allattare il bambino. Bisogna, però,
ricordare che una volta il latte materno era l’unico nutrimento per i bambini
appena nati. Questo spiega il numero rilevante, anche a firma di grandi
artisti, di quadri che ritraggono «La donna che allatta» o le varie sante
invocate per la protezione del latte. Nei testi di tradizioni religiose, spesso
si accenna alla diffusione delle reliquie del «latte della Madonna", che
tanto sarcasmo e indignazione suscitavano nel riformatore protestante Giovanni
Calvino, nel suo "Trattato delle reliquie". A Lanciano, una volta,
per qualsiasi problema di perdita del latte materno si ricorreva a Santa Fumija
(Eufemia), santa abbastanza famosa anche altrove per questa specialità
taumaturgica, che, nella contrada di Santa Liberata, proprio vicino alla
Chiesa, aveva una fontana. Con il nome di Eufemia, nella Biblioteca Sanctorum,
ci sono diverse sante, da Eufemia di Calcedonia, la più importante è
raffigurata anche in un celebre dipinto di Andrea Mantegna, ad alcune badesse e
monache provenienti un po’ da tutta l’Europa: ma, per il culto di contrada S.
Liberata, S. Eufemia deve essere la santa martirizzata alla fine del IV secolo,
dopo essere stata ferocemente torturata. Santa Eufemia ha una fontana miracolosa
anche ad Orsogna dove, una volta,le donne «alla ricerca del latte perduto» si
recavano per bagnarvi avanzi di pane, chiesti in elemosina ai frati, che
mangiavano dopo aver fatto abluzioni della stessa acqua miracolosa. Dalla
fontana di Santa Fumjia in contrada Santa Liberata di Lanciano non si ha più
traccia perchè, una ventina di anni fa, in seguito ad uno sbancamento di
terreno, si «è persa» la sorgente. Le donne della zona, le più anziane, ci
hanno testimoniato che una volta le puerpere arrivavano quotidianamente alla
chiesa per bere l’acqua miracolosa di Santa Fumija e c’era anche chi veniva per
riempire bottigliette da riportare a casa per le abluzioni dei seni, asciutti
delle puerpere senza latte, e per massaggiare le poppe delle mucche e delle pecore:
ciò perchè si credeva che quell’acqua favorisse anche gli animali.
Mergozzo-tra Lago Maggiore e Fondo Toce.
In p.zza di S.Elisabetta,su una cappella
preesistente dedicata a S.Marco.
Nell’interno c’è un affresco
del tardo 400 raffigurante la Madonna che allatta.
Montevarchi-fi
santuario
della Madonna del Giglio, sorto nel 1589-1605
un
affresco della Madonna che allatta il Bambino, cinquecentesco ritenuto
miracoloso.
Fidenza-
Santa Margherita è posto lungo il percorso della via Francigena
La zona absidale, con volta a crociera, originaria del XV secolo,
ha sulla parete di destra un affresco del XV secolo raffigurante la Vergine che
allatta il Bambin Gesù, detto La Madonna del latte o La Madonna del Divino
Soccorso.
Il
Santuario della Madonna di Ardena
Madonna del Campaccio
La Tradizione vuole che un affresco
raffigurante Maria che allatta il Divin Infante, posto in una cappelletta lungo
il sentiero per Lavena, sia stato trovato due volte nel Campaccio, Toponimo del
luogo ove sorge il Santuario.
Santuario della Madonna dei Miracoli
Nel
'500 fuori dall'antica porta di Campo Rotondo si venerava l'affresco della
Madonna Bella, in seguito di numerosi miracoli nel 1554 si edificò attorno
all'immagine sacra la chiesa. L'affresco rappresentava la Vergine seduta
su un trono ligneo che allatta il piccolo Gesù, ai lati del trono ci sono due
piccoli angeli.
COMUNI della VALLE del CESANO - Corinaldo
Santuario
della Madonna dell'Incancellata, in località "Casalini" o "Pozzo
Antico", dove è conservata un' immagine della Vergine che allatta il
Bambino, ritenuta miracolosa.
Basilica della Madonna
dell’Umiltà-Pistoia
Con
la bolla papale del 1515 fu stabilito il nuovo nome della chiesa: da S.
Maria Forisportam a S. Maria dell'Umiltà; da allora il nuovo tempio
s'identifica con l'immagine della Vergine seduta per terra e con il figlio al
seno
Un'edicola
con colonne corinzie e un frontone curvileneo racchiude l'affresco miracoloso,
traslato qui alla metà del Cinquecento quando fu ultimata la grande cupola che
tanti problemi aveva creato a Giorgio Vasari che ne era stato l'artefice.
Restauro del
dipinto su tavola "Madonna che allatta il Bambino" opera del Giambono
(?) conservata nella chiesa di San Francesco della Vigna a Venezia.
Chiesetta
di Versuta.
In
Versuta, località nei pressi di San Giovanni di Casarsa si trova una chiesetta
dedicata a San Antonio abate la quale non solo è il più antico monumento di
epoca medioevale, giunto sino a noi nel territorio di Casarsa ,ma costituisce
anche, grazie alla presenza al suo interno di pregevoli cicli di affreschi del
XIV e della prima metà del XV secolo, una delle testimonianze più importanti
del medioevo artistico dell'intero Friuli.
Qui,
sul tratto di muro verso la facciata, si trovano tre riquadri accostati,
racchiusi entro una doppia fascia di color ocra chiara e rossa, raffiguranti
una Madonna in trono che allatta il Bambino al centro, l'immagine di San Cristoforo
a sinistra e a destra San Antonio Abate. Versutta è opera una bottega di
pittori, guidata da un maestro principale accanto al quale lavora un aiuto.
Chiesa di Santa Maria della
Catena-PA
La chiesa di Santa Maria della Catena sorse su una preesistente e
omonima chiesetta (1330) posta sulla parte meridionale del promontorio che si
affacciava nell'antico porto
Nella prima cappella di destra i collocato l'affresco trecentesco
raffigurante la "Madonna che allatta il Bambino", riportato alla luce
dopo un recente restauro che lo ha liberato dalle ridipinture, e che conferma
l'inizio del culto nel sec. XIV.
La chiesa di Santa Maria
Maggiore-Abbruzzo
L'opera
di ripristino ha messo in rilievo l'imponenza della struttura, con le volte a
crociera e le arcate ogivali sorrette da massicci pilastri e colonne, e ha
permesso di valorizzare l'edicola barocca della Madonna del Latte, che occupa
l'ultima campata del portico. Il delicato affresco del '400, raffigurante il
soggetto ricorrente della Vergine che allatta il Bambino, è inserito in un
tabernacolo tardocinquecentesco in pietra, con intricati motivi figurativi e
ornamentali di grande effetto.
Bronte
Chiesa di Santa Maria di Miniace
La
tradizione l’attribuisce a San Luca, e pare sia stata lasciata sul posto dal
generale bizantino Giorgio Miniace,in ricordo della vittoriosa battaglia contro
gli arabi. Si tratta di un prezioso dipinto bizantino,usando un contrasto
profondo e una dura lumeggiatura nel viso,un disegno perfetto carico di una
serena umanità e solennità. Il volto piccolo,le mani esili sorreggono il
lattante quasi come non avesse peso.
Chiesa di San Leolino a Rignano sull’Arno
All’altare
di destra, è collocato l’affresco staccato rappresentante la Madonna che
allatta il Bambino di Bicci di Lorenzo che, fino al 1797, era stato venerato
nell’oratorio di Sezzano dei padri vallombrosani presso il Bombone, in località
detta appunto “La Madonna”.
ABBAZIA DI MONASTIER DI TREVISO La
data di fondazione dell'abbazia si può far risalire alla seconda metà del
secolo X, sul luogo di un preesistente scalo fluviale di epoca romana.
Una tradizione del primo Cinquecento precisa che il fondatore dell'abbazia sarebbe
stato l'imperatore tedesco Ottone I nel 958. L'abbazia apparteneva all'ordine
benedettino ("Ordo Sancti Benedicti"), sorto a Montecassino nel VI
sec. d.C. ad opera di S.Benedetto, il cui famoso motto era "ora et
labora".
I monaci benedettini, sotto la direzione dell'abate ( dal greco
"abbas"=padre) oltre alle pratiche spirituali si dedicavano al lavoro
dei campi per il proprio sostentamento.
Si deve proprio alla secolare opera di bonifica dei monaci se le terre
circostanti , prima incolte e insalubri, (il luogo era "lacustre e
boscoso") attirarono col tempo lo stanziamento dei villici, da cui prese
origine il primo nucleo del'odierno paese di Monastier (è evidente che il
toponimo del pese deriva dalla presenza dell'abbazia, centro del potere spirituale
e temporale) . Al di sopra dell’arcata
centrale del porticato, di fronte all’entrata si distingue lo stemma
abbaziale, sormontato dal tipico cappello abbaziale con le bordure. Al
centro dello stemma vi è la croce rossa in campo bianco di S.Giorgio e la data
1740. Ai lati dello stemma due interessanti altorilievi seicenteschi
raffigurano S.Giorgio che uccide il drago e una Madonna che allatta il bambino,
con una figurina stante di abate, con pastorale e mitra, probabilmente il
committente. I bassorilievi richiamano la "casa madre", ossia il
monastero di S.Giorgio Maggiore di Venezia e la dedicataria della chiesa
adiacente all’abbazia, per l’appunto la Vergine, nel mistero dell’assunzione in
cielo.
i simboli della maternità
La sorgente e la ragione di questa esultanza interiore è nella ritrovata
vitalità di Gerusalemme, risorta dalle ceneri della rovina, che era piombata su
di essa allorché le armate babilonesi la demolirono. Si parla, infatti, del suo
«lutto», ormai lasciato alle spalle.
Come accade spesso in varie culture, la città è rappresentata con immagini
femminili, anzi materne. Quando una città è in pace, è simile a un grembo
protetto e sicuro; anzi, è come una madre che allatta i suoi figli con
abbondanza e tenerezza (cfr v. 11). In questa luce, la realtà che la Bibbia
chiama, con un’espressione femminile, «la figlia di Sion», cioè Gerusalemme,
ritorna ad essere una città-madre che accoglie, nutre e delizia i suoi figli,
cioè i suoi abitanti. Su questa scena di vita e di tenerezza scende poi la parola
del Signore che ha il tono di una benedizione (cfr vv. 12-14).
Dio ricorre ad altre immagini legate alla fecondità: parla, infatti, di
fiumi e torrenti, cioè di acque che simboleggiano la vita, il rigoglio della
vegetazione, la prosperità della terra e dei suoi abitanti (cfr v. 12). La
prosperità di Gerusalemme, la sua «pace» (shalom), dono generoso di Dio,
assicurerà ai suoi bimbi una esistenza circondata di tenerezza materna:
«saranno portati in braccio, sulle ginocchia saranno accarezzati» (ibid.) e
questa tenerezza materna sarà tenerezza di Dio stesso: «Come una madre consola
un figlio, così io vi consolerò» (v. 13). Così il Signore adopera la metafora
materna per descrivere il suo amore per le sue creature.
Anche prima nel Libro di Isaia si legge un passo che attribuisce a Dio un
profilo materno: «Si dimentica forse una donna del suo bambino, così da non
commuoversi per il figlio del suo seno? Anche se ci fosse una donna che si
dimenticasse, io invece non ti dimenticherò mai» (49,15). Nel nostro Cantico le
parole del Signore rivolte a Gerusalemme finiscono riprendendo il tema della
vitalità interiore, espresso con un’altra immagine di fertilità e di energia:
quella dell’erba fresca, immagine applicata alle ossa, per indicare il vigore
del corpo e dell’esistenza (cfr 66,14).
È facile a questo punto, di fronte alla città-madre, allargare il nostro
sguardo fino a raggiungere il profilo della Chiesa, vergine e madre feconda.
Concludiamo la nostra meditazione sulla Gerusalemme rinata con una riflessione
di sant’Ambrogio, desunta dalla sua opera Le vergini: «La santa Chiesa è
immacolata nella sua unione maritale: feconda per i suoi parti, è vergine per
la sua castità, benché madre per i figli che genera. Noi siamo dunque partoriti
da una vergine, che ha concepito non per opera di uomo ma per opera dello
Spirito. Siamo dunque partoriti da una vergine non tra dolori fisici, ma tra il
giubilo degli angeli. Ci nutre una vergine non con il latte del corpo, ma con
quello di cui parla l’Apostolo, quando dice di aver allattato la debole età
dell’adolescente popolo di Dio.
Quale donna sposata ha più figli della santa Chiesa? È vergine per la santità
che riceve nei sacramenti ed è madre di popoli. La sua fecondità è attestata
anche dalla Scrittura che dice: "Sono più numerosi i figli
dell’abbandonata di colei che ha marito" (Is 54,1; Gal 4,27), la nostra
madre non ha marito, ma ha uno sposo, perché tanto la Chiesa nei popoli quanto
l’anima nei singoli - immuni da qualsiasi infedeltà, feconde nella vita dello spirito
- senza che venga meno il pudore, si sposano con il Verbo
di Dio come con uno sposo eterno» (I,31: Salmo 14/1, pp. 132-133).
La chiesetta di S. Biagio
colle di S. Biagio, Levico
In
tempi recenti degli affreschi di S. Biagio si occupava Nicolò Rasmo
(1971-79-'82). Lo studioso riconosceva nei "Quattro Santi"
l'intervento più antico, assegnandolo ad ignoto pittore veneto di notevole livello,
operante al principio del 1300. Si tratta di un esempio di pittura pregiottesca
già indicato dal Morassi in relazione con l'ambiente veronese. Ad un intervento
coevo, o di poco posteriore, il Rasmo (1979) faceva risalire la scena con i due
offerenti e i frammenti sulla parete con S. Matteo e l'angelo appartenenti
all'ambiente giottesco veneto. Ad un pittore operante sotto l'influsso della
scuola riminese del 1300 (Giuliano e Baroni) il Morassi (1926) assegnava il
lacunoso affresco dell'Ultima Cena nel quale riecheggiano le impostazioni
volumetriche e spaziali nonché espansive delta pittura giottesca.Al contrario
il Rasmo in un primo momento (1971) collocava l'affresco sul volgere del '300,
rilevandone la non agevole collocazione stilistica tra esperienze venete e
lombarde. Successivamente (1982) egli assegnava l'opera allo stesso autore
della Madonna col Bambino datata 1346, testimonianza isolata, come la
precedente, nella quale la qualità elevata trova riscontri nella pittura veneta
di influsso padovano. La Madonna in trono che allatta il bambino (parete
sinistra), opera di un modesto pittore arcaicizzante del secolo XIV, trova
invece ampie possibilità di confronti in territorio trentino e altoatesino con
affreschi in S.Vigilio a Cles, nella Chiesa di Mariano, in quella di Pavillo,
in S.Tommaso a Cavedago, sul campanile di Revò, a Caldaro.
Montegabbione-umbria
Sorge ai piedi del colle di Montegabbione la Chiesa della Madonna delle Grazie.
Di notevole interesse artistico l’affresco posto sopra l’altare maggiore, rappresentante quella che
gli studiosi definiscono una Madonna del Latte, cioè una Madonna che allatta il
bambino Gesù; si ritiene di poter attribuire il dipinto ad allievi del
Perugino.
Pisa Il pulpito della Cattedrale rappresenta
una delle ultime opere di Giovanni Pisano, a cui lavorò tra il 1301 e il 1311.
A pianta ottagonale, ha una base centrale sulla quale poggiano undici sostegni
(S. Michele, l'Ercole, il Cristo su un gruppo di Evangelisti, le quattro virtù
cardinali su cui poggia la chiesa simboleggiata da una donna che allatta due
bambini e le tre virtù teologali). La parte superiore infine rappresenta le scene
della vita di Cristo.
Via Appia LAVELLO
Maria SS. del Principio
La Vergine Maria SS. del Principio, secondo la tradizione avrebbe
operato numerosi miracoli: la protezione di Lavello dalla peste del 1656 e la
concessione di grazie in momenti critici della vita dei contadini : siccità,
carestie, invasione di cavallette e di bruchi.
In queste circostanze l'immagine della Madonna veniva portata in cattedrale e
vi rimaneva fino a grazia ottenuta. Oggetto di venerazione è un dipinto su tela
che raffigura la Madonna che allatta il Bambino Gesù e si festeggia l'otto
settemb
Maestro di Panzano
La Madonna in trono che allatta il Bambino fra i Santi Lucia, Caterina e Pietro
Tempera su tavola cm. 57x55
La Madonna in trono che allatta il Bambino fra i Santi Lucia, Caterina e
Pietro;
nei laterali, San Cristoforo e Sant'Antonio Abate.
Nella cuspide centrale, la Trinità;nelle cuspidi laterali, l'Angelo Annunciante
e la Vergine Annunciata. In alto, entro due tondi, il Profeta Geremia e il
Profeta Daniele. Nella predellina, il Cristo Passo fra i quattro evangelisti
Maestro di Panzano Tempera su tavola
57x55 cm.
L'opera proviene dalla Chiesa dei Santi Vincenzo e Anastasio di Siena (Contrada dell'Istrice) ed è
stata acquistata dal Monte dei Paschi nel 1959. In precedenza si trovava nella
Collezione Chigi-Saracini. Nei cartigli dei due Profeti si legge: «GEREMIAS
PROFET...» e «DANIELLO PRO...». La tavola è stata restaurata nel 1962 da Italo
Dalmas. Tale intervento ha restituito alla superficie pittorica un fulgore
cromatico che appariva notevolmente compromesso a giudicare dalle vecchie
riproduzioni del dipinto. A parte qualche caduta di colore, specie nel fondo
oro, e qualche sgraffiatura, la piccola tavola appare ben conservata.
L'attribuzione proposta dal Berenson al maestro di Panzano non è mai stata
messa in dubbio dagli studiosi; addirittura il dipinto è stato spesso usato
come opera di confronto per estendere il catalogo del Maestro di Panzano.
L’oratorio della Santissima Trinità si allinea ad est
con l’Hotel Gardesana, un tempo sede della Gardesana
dall’Acqua, in piazza Calderini, prospiciente il porticciolo. di fianco la vergine che allatta il bambino
(secondo sec. XV)
Sempre acceso di fervido amore alla Madre di Dio,
eresse in suo onore un nobile Tempio, per ivi collocarvi una Immagine
dell’augustissima Regina del Cielo, Madre di Dio e nostra, che allatta il
bambino, nel piccolo paese di Concesa.
Squillace, al Santuario della Madonna del Ponte,
edificato nel 1724 sul luogo dove un tempo sorgeva un antico romitorio
brasiliano la Vergine è venerata anche
coi titoli di Madonna del Refrigerio e di Madonna che allatta (Galaktotrofusa),
Barberino
Val d’Else
L'Antiquarium di Sant'Appiano, che ha
sede dal 1991 nei locali annessi alla pieve, non ha i caratteri di un museo
d'arte sacra, poichè non è nato per custodire le opere d'arte del circondariato
comunale, ma per accogliere una parte dell'abbondante materiale archeologico
venuto alla luce, nelle zone limitrofe, durante le campagne di scavo che hanno
seguito i primi casuali ritrovamenti di inizio secolo. Intorno al chiostro si
sviluppa la canonica, che ospita in due locali al primo piano il piccolo museo
antiquario. L'unica tavola dipinta esposta nel museo è una Madonna in trono
che allatta il Bambino fra due angeli e i santi Giovanni Battista e Giacomo
della Marca, proveniente dalla sala consiliare del Comune di Barberino
Val d'Elsa, opera di un pittore fiorentino della metà del Quattrocento noto
come Maestro di Signa. Attivo
nella bottega di Bicci di Lorenzo e coetaneo di Neri, fa parte anch’egli di
quella generazione di artisti conservatori e ritardatari che traducevano in un
linguaggio popolare le novità dell'arte fiorentina, ma in modo molto meno
vivace dello stesso Neri e meno comunicativo di Cenni di Francesco. Una
caratteristica della sua pittura, riscontrabile anche in quest'opera, se pure non
in modo eclatante, è l'elaborata ricchezza dei troni, carichi di intarsi
marmorei, rosoni, mensole e lesene, che mostrano come fosse più aggiornato
sulle architetture che sulle figure, ancora statiche e rigide, immagini gotiche
in strutture rinascimentali.
Messina
Dei
sei antichi Eremi esistenti nel territorio della città di Messina quattro erano
dedicati alla Madonna, con i titoli: S. Maria degli Angeli, S. Maria di
Trapani, S. Maria della Misericordia, S. Maria di Gavitelli Al Museo Regionale
sono esposti tra l'altro una tavola della Madonna che allatta il bambino, sec
XIII-XIV
Il principale accesso a Castelletto Sopra Ticino avviene
attraverso la strada che dalla Statale del Sempione, poco prima del ponte sul
Ticino, arriva fino al centro storico del paese. A circa 6 Km dall’abitato
principale di Castelletto Sopra Ticino, presso la frazione Glisente, sorge la
chiesa di S. Ippolito risalente al XV sec. Sulla facciata a capanna, si leggono
a malapena gli affreschi che un tempo rappresentavano la Madonna con il Bambino
Gesù e dei santi. Vergine che allatta il Bambino. 1523
La chiesa
ipogea di Sotterra di Paola Ugualmente
la bella Madonna che allatta il bambino sulle ginocchia con la rappresentazione
del melograno, esprime il concetto della teologia greca della Madonna che
allatta, unito però ad una caratteristica tipicamente latina: la presenza, in
fondo all’angolo destro dell’affresco, proprio sopra la mensa dell’altare, del
devoto che prega a mani giunte.
Livio -Lombardia
chiesa parrocchiale di S. Giacomo, navata destra cm. 45 x 35 c. (misure approssimative)
PROVENIENZA:
dalla vecchia parrocchiale di S. Giacomo a Livo
CRONOLOGIA:
III decennio sec. XVI (1520-1525 c.)
AUTORE:
Domenico Cazzanore, bottega
SOGGETTO:
Madonna che allatta il Bambino
Già collocata nella
finestra della cappellina dedicata a S. Rocco nella vecchia parrocchiale di S.
Giacomo a Livo (Atti della Visita..., 1895-1898); fu spostata dopo il
1966 nell'attuale, dove occupa la finestra al fondo della navata destra.
Segnalata per la prima volta dal Monti (Atti della Visita...,
1895-1898), è assegnata dubitativamente al de Passeri dal Malaguzzi Valeri
(1904). La Gatti Perer (1966) la ritiene "quattrocentesca o dei primi
decenni del Cinquecento", mentre il Nava (1980) la colloca tra il 1510 e
il 1530, attribuendola tentativamente a Domenico da Blevio ed accostandola alla
Madonna col Bambino di Brienno (v. Brienno - chiesa parrocchiale 1); il
Natale (1981) la collega a quella analoga di Como (v. Como - Pinacoteca di
Palazzo Volpi 1). Da parte mia (Geddo, 1998), è stata ricondotta alla bottega
di Domenico Cazzanore da Blevio e inserita, col S. Martino di Pianello
Lario (v. Pianello Lario - chiesa parrocchiale 1), nel filone di influenza
luinesca che percorre la pittura lariana a partire dal terzo decennio del '500.
Il fregio graffito della cornice, affine a quello della Sant'Agata di
Gravedona (1520) riferibile a un allievo di Domenico denominato Maestro di
Brienno (v. Gravedona - chiesa di S. Maria dele Grazie 2), accerta la
provenienza del vetro dal laboratorio comasco del Cazzanore. L'autore che l'ha
eseguito non sembra tuttavia riconoscibile in altre vetrate della zona.
La Madonna che allatta il Bambino adotta un modello
iconografico e compositivo di carattere devozionale largamente diffuso tra
Quattro e Cinquecento: dagli esemplari del Bergognone (tondo sulla volta della
sacrestia della Certosa di Pavia e polittico in collezione Borromeo proveniente
dalla stessa Certosa) a quelli di influenza zenaliano-leonardesca (affreschi
nella chiesetta del Soccorso di Uboldo del 1507 e nella chiesa di Monasterolo
di Inzago: P.C. Marani, in Pittura tra Ticino e Olona, Varese e la Lombardia
nord-occidentale, a cura di M. Gregori, Milano 1992, tav. 58; M. Natale, in
Pittura in Brianza e in Valsassina dall'Alto Medioevo al Neoclassicismo,
a cura di M. Gregori, Milano 1993, tav. 64). A differenza di questi ultimi, la
Madonna di Livo sembra registrare un'influenza di Bernardino Luini, forse
autore di un perduto prototipo a cui potrebbe aver attinto anche l'analoga, più
tarda Madonna allattante della parrocchiale di Stazzona in Valtellina
(E. Bassi, La Valtellina. Guida illustrata, 2 ed., Sondrio 1912, p. 163,
fig. 166). Il raffinato fregio classico della panca, il modellato plastico e
soprattutto l'accento luinesco inviterebbero a collocare la vetrata intorno
alla prima metà del terzo decennio del '500.
STATO DI FATTO:
In avanzato stato di degrado: i piombi sfioriti non trattengono più le tessere
vitree, il telaio è dissestato, e il pannello presenta un grave spanciamento e
il dissesto delle tessere della bordura in procinto di cadere. Una spessa
coltre di sporcizia si è depositata sul pannello non protetto da adeguata
controvetrata, con rischio di una aggressione da parte di microrganismi.
A
CASCINA Provincia di Pisa
IL
POLITTICO DELLA CHIESA DI RIPOLI
Nella chiesa settecentesca dei SS. Andrea e Lucia di Ripoli è custodita una
preziosa opera di Barnaba da Modena commissionata, dalla ricca famiglia di
mercanti pisani Compagno. La Pala era destinata all’altare maggiore della
chiesa e risale alla seconda metà del secolo XIV. L’opera presenta al centro la
Vergine che allatta il Bambino, contornata da angeli reggi cortina e santi.
Comune di Moltrasio Como Chiesa di S.AgataSituata
lungo il percorso dell'antica Via Regina
la
Vergine col Bambino affrescata sulla parete dell'abside destra e la
vicina Vergine in trono che allatta Gesú inquadrata da una cornice in
stucco sulla parete destra.
Montevarchi
Santa Maria del Giglio è una bellissima chiesa rinascimentale che risale alla fine del
XVI secolo; sull'altare maggiore spicca un meraviglioso affresco raffigurante
la Madonna in trono che allatta il Bambino, realizzato presumibilmente tra il
XV ed il XVI secolo;
in Cislago La
chiesa di S. Maria Inziata Segue nicchia
con Madonna in trono che allatta il bambino.
Villa d’Este a Tivoli
una statua di Gillo della Vellita orna la fontana della natura e
rappresenta la Diana di Efeso, dispensatrice di fecondità con i suoi molti
seni:
Cosenza La venerata immagine bizantineggiante di una Madonna
che allatta il Bimbo (XIII secolo)
La Madonna del Pilerio.
Sermoneta dominando l'intera Pianura
Pontina CATTEDRALE DI SANTA MARIA Sorta nel XII secolo, si dice sulle
rovine di un tempio dedicato alla dea Cibele, la cattedrale fu costruita a
pianta basilicale con forme romaniche ed intitolata a Santa Maria Assunta. Nel
XIII secolo assunse quell'aspetto gotico che ancora oggi possiamo riconoscere,
probabilmente grazie agli interventi degli architetti monaci cistercensi di
Fossanova
la
Madonna che allatta il Bambino con i santi Anna e Gioacchino (scuola napoletana
sec. XVI);
Museo d'arte sacra e
religiosità popolare «Beato Angelico» a Vicchio di Mugello. sala 1 Madonna che allatta il Bambino in
terracotta, di scuola fiorentina della metà XV secolo, di proprietà della
famiglia Lapucci di Vicchio, probabilmente proveniente da un tabernacolo.
Il Museo Civico di Altomonte situato nel Convento Domenicano, è un museo di Arte Sacra. Sala 5 Madonna che allatta il bambino (L. Amodio)
Monastero di S.Chiara Nuceria
Alfaterna nel
coro è un'altra immagine del 1677 fatta affrescare da Suor Flavia Longobardi
Casalmaggiore -Poco
distante dalla città sorge il santuario della Beata Vergine della Fontana, molto
venerata dai casalesi. La bella chiesa, eretta tra il 1463 ed il 1480 con
l'annesso convento sul luogo ove sorgeva una cappella con un pozzo miracoloso
ed un'immagine della Madonna, Al centro
troviamo una Madonna mentre allatta il Bambino, anch'essa in una stanza
dal soffitto a lacunari.
L'Inner Wheel di Verona riunisce mogli di rotariani appartenenti
ai tre club cittadini
"Madonna con bambino" affresco di Giacomo da
Riva
Chiesa di S.Stefano
"Madonna che allatta"
di Tintoretto
Museo di Castelvecchio
Arcevia
domina tutta la valle del Misa che si apre verso il Mare Adriatico
Altre chiese sono situate fuori del centro storico: S. Agostino o
S. Maria ad Nives, situata poco lontano dalla porta di S. Agostino, che della
sua origine trecentesca conserva soltanto - sull’altare maggiore - l’affresco
del XIV secolo La Madonna che allatta, di autore ignoto
Comune
di Dairago (MI pubblicazioni del Gruppo di Ricerca Storica di Dairago
MADONNA
IN CAMPAGNA, SANTUARIO (DAIRAGO)
GRSD, La Madonna del latte, "Orizzonti", a. XII, ottobre 1996, pp.
18-21.
GRSD, La Madonna che allatta il Bambino, in Santuario Madonna in Campagna
Dairago 60mo dell'incoronazione 1938 - 1998, Dairago 1998, pp. 8-10.
GRSD, Il cavaliere disarcionato, in Santuario Madonna in Campagna Dairago 60mo
dell'incoronazione 1938 - 1998,
Luogo
di particolare devozione è la chiesa della Madonna in Campagna, che si trova ai
limiti orientali del paese;
edificata
nel 1522, venne dotata di sacrestia nel 1751, del pronao nel 1937 e del
campanile alla fine dell'ultima guerra. Svolge la funzione di pala d'altare un
affresco quattrocentesco raffigurante la Madonna del Latte, forse appartenente
alla originaria chiesa di S. Nazaro, che sorgeva al posto di quella attuale.
Notevoli sono gli affreschi sulle pareti datati 1551 e 1674 nonché il paliotto
in cuoio bulinato e decorato, pregevole prodotto dell'arte veneta del
Settecento con l'immagine della Madonna dell'Aiuto.
Ezzelini: signori della marca nel cuore dell’impero di Federico
II”, considerata il più grande evento culturale dedicato al tempo ezzeliniano.
Fu appunto questo periodo a caratterizzare l’intera storia, anche odierna, del
bassanese, riunito da questo personaggio che oggi viene ricordato come
il tiranno.
Nella rappresentazione della Vergine che allatta, la Virgo
Lactans, abbiamo tre rielaborazioni della stessa statuetta, secondo lo stile
Veronese, Vicentino e Germanico. Si può
notare un particolare in comune a tutte e tre le statuette: la posizione del
seno è innaturale , ciò per non compromettere l’equilibrio visivo della
scultura; evidenti differenze si possono notare tra i tre modelli, causate
evidentemente dai vari stili compositivi.
Situato
di fronte alla chiesa del Santissimo Crocifisso, fu eretto intorno al
1300 per residenza dei 12 Difensori del popolo. La sala del Consiglio conserva
alcuni stemmi dei giusdicenti databili dal 1390 al 1500.
Vi soi trova inoltre un affresco raffigurante la Vergine che allatta il bambino
attribuito a Cenni di Francesco di Ser Cenni (1393-1415).
PAOLO
de MATTEIS Discepolo del Giordano a Napoli e di G.M. Morandi a Roma,
fu assai noto nelle corti di Spagna, Austria e Francia. In Santa Maria Donna
Regina (terza cappella a sinistra) una Madonna che allatta il bambino (1690);
Longare Frazione di Costozza il duecentesco Eremo di Santa Tecla in Monte, che
ospitò i monaci fino ai tempi della soppressione napoleonica. Di grande
bellezza è la piccola scultura riproducente la Madonna che allatta il Bimbo,
delicata immagine conservata nel Capitello di via Volto.
A VALGOGLIO -Alta Valle Seriana e Valle di Scalve-
La chiesetta di San Rocco, eretta lungo la funivia che porta verso
i laghi di Aviasco, presenta affreschi molto belli: in particolare quello
raffigurante la Madonna mentre allatta il Bambino.
ANDRIA- Chiesa di S. Maria di Porta
Santa
A
sinistra vediamo un altare in pietra del 1644, fiancheggiato da due colonne
decorate con facce spiraliformi nelle quali sono scolpiti episodi della
Passione e Morte di Cristo, dedicato alla Madonna della Neve e caratterizzato
dalla presenza di un affresco di fattura rinascimentale raffigurante la Vergine
che allatta il bambino (derivante dalla bizantina Panagia Galaktotrophousa)
appartenente all'iconografia delle "Vergini della tenerezza",
caratterizzate da tratti più umanizzati, meno solenni e ieratici, più materni.
Intorno all'immagine, su fasce di pietra, sono scolpiti a bassorilievo amorini,
mascheroni, motivi vegetali e geometrici, nastri, frutta, pesci, volatili.
Santa Maria Maddalena di Capronno
Melegnano-Un altro affresco
antico si trova nella chiesa di San Rocco, e rappresenta la Madonna col Bambino,
dipinto su muro ed incorporato nell'altare della parete di sinistra: pare un
avanzo dell'antica chiesa e posto qui dopo la costruzione della nuova cappella
la cui costruzione iniziò il 16 aprile 1709, e tale affresco era detto anche
Madonna delle Grazie. La Vergine seduta, in posizione frontale, con veste
damascata dorata e manto regge sul braccio sinistro il Bambino che essa
allatta, e reclina il volto, allargando la mano destra. Essa con la mano
sinistra presenta, pare, due figure di donatori appena percettibili.
L'espressione della Vergine è di assorta religiosità, e l'opera mostra tarde
reminiscenze giottesche e superstiti lineamenti gotici. La critica più
recente ritiene che vi siano accenti della Scuola del pittore Bernardino Luini
milanese (+1531). L'opera ha subito diversi ritocchi in modo rozzo ed
alterato.
Salerno-Sorto
sulla tomba di San Matteo le cui reliquie furono portate a Salerno da Gisulfo I
, successivamente dedicato alla Vergine Assunta, decentrato come
quello di Amalfi, il Duomo si rivela soltanto all'ultimo momento.
Fondato nel 1080 per volontà di Roberto il Guiscardo e di Alfano I, il Duomo,
imponente ed austero, costituisce una delle più rilevanti espressioni dell'arte
e dell'architettura romanica italiana, in cui elementi classici, longobardi,
bizantini, arabi e normanni si sintetizzano in uno stile nuovo e autonomo che
nato qui, da qui si diffuse in tutto il mezzogiorno e la Sicilia. Sul
transetto si aprono le tre absidi, le cui antiche decorazioni musive bizantine
sono andate quasi del tutto perdute. Lungo le pareti del transetto vi sono: la tomba
di Tommaso Santomango, bellissimo sarcofago altomedioevale incassato in
una nicchia con una Vergine che allatta il Bambino ed un santo, affresco
di un artista ignoto del XV secolo; poco distante, in un'altra nicchia, la tomba
dell'arcivescovo d'Aiello, sarcofago del III secolo che poggia su piccole
colonne.
CUSTONACI (TP) Le
vicende storiche di Custonaci si fusero per parecchio tempo con quelle di
Erice, nel cui comprensorio ricadeva la cittadina. Secondo una leggenda, nei
primi del XV secolo l'immagine della Vergine che allatta il Bambino venne
sbarcata da una nave proveniente da Alessandria d'Egitto ed i marinai, scampati
miracolosamente alla furia del mare, posero il simulacro sulla collina di
Custonaci; ed attorno a quel simulacro si costruì l'identità dei custonacesi.
Fabriano pinacoteca
Affresco riportato su telaio Maestro di Sant'Emiliano
Attivo nella prima metà del XIV secolo
La Vergine è seduta su un trono con intarsi
cosmateschi ed allatta il Bambino. Dietro al trono due angeli sollevano un
drappo decorato. A sinistra S. Lucia mostra nella mano i bulbi oculari, mentre
a destra S.Caterina stringe la palma del martirio. Accanto ad essa S. Emiliano,
coperto dal piviale decorato e con la mitra sul capo, solleva la mano in gesto
benedicente, mentre nella sinistra stringe il pastorale. L'affresco era
completato da un altro santo vescovo (Roma, Museo Nazionale di Palazzo
Venezia).Lo sfondo è costituito da un inserto architettonico decorato con
motivi cosmateschi; il dipinto è delimitato superiormente da una colonnina
tortile cava mentre nella fascia inferiore compare un'altra decorazione a
motivi geometrici.
Fiume –
S.Egidio- chiesa Madonna della Villa
Il piccolo
Santuario Mariano della MADONNA DELLA VILLA, anticamente chiamato MAESTA’, è
collocato a 247 metri di altezza in cima ad una dolce collina all’entrata del
paese di S.Egidio. La chiesetta, che risale al XIV secolo, è stata definita una
piccola pinacoteca della devozione popolarea Maria Santissima. Al suo interno,
infatti, si possono ammirare, sulle pareti, completamente affrescate, circa
quaranta immagini della Vergine con il Bambino e altri Santi, realizzati tra il
1300 ed il 1500, da pittori di scuola umbro-senese.
La
Madonna del “latte dolce” a Sassari. A qualche km da Sassari sorge un
santuario di Nostra Signora del “latte dolce”. La Madonna si chiama così perché
è ritratta mentre allatta. La leggenda narra che questo quadro fu ritrovato da
alcuni pastori della campagna di Sassari che insieme con tutta la popolazione
costruirono una chiesa detta poi la piccola Lourdes di Sassari. La costruzione
è fatta in tufo. L’ultima domenica di ottobre si svolge una processione per le
vie del paese dove viene portata l’effigie dagli “obrieri”, ovvero gli
organizzatori che vestono in costumi spagnoli. Canti tradizionali e gare di
poesia si svolgono dopo la cerimonia religiosa. C’è l’usanza da parte di fedeli
di portare ex-voto a questa Madonna che raffigurano parti del corpo
modellate nella cera.
CAMPO DI BRENZONE- Verona
In
un documento del 1447 viene nominato, come capofamiglia abitante a Campo, un
certo Vivianus de Vivianis.44
La
seconda cornice racchiude la Vergine che allatta il Bambino, (foto n. 90-91),
affiancata da san Bartolomeo,45 riconoscibile in quanto tiene in mano il coltello,
da una santa che tiene in mano un libro, identificata con santa Brigitta o
Brigida,46 con un devoto inginocchiato al suo fianco, (foto n. 92), e da san
Giovanni Battista, profeta della nascita di Cristo e quindi rappresentante
della Chiesa.47 Questi è rappresentato
in atto di srotolare una pergamena, sulla quale appaiono frammenti della
scritta Ego sum vox clamantis in deserto, (ancora leggibili, con qualche
difficoltà).
Compare
poi, ancora una volta, alla sinistra della Vergine, l'immagine di santa Caterina
d'Alessandria, identificabile da un frammento della ruota dentata; ai piedi
della Madonna, un devoto; i nomi dei due oranti presenti in questa scena sono
leggibili in un'iscrizione che sovrasta la cornice inferiore del riquadro hoc
op(us) fecit fieri moltomeus et ingelterius,
(foto
n. 93). Questi nomi non possono che essere, come il ser vivianus visto
più sopra, quelli dei comittenti, visto che, data l'unità stilistica e
cronologica che accomuna tutte le immagini, è improbabile che ognuna delle firme
sia da attribuire ad un autore diverso.
E'
interessante notare come l'artefice di queste immagini, pur essendo con ogni
probabilità un artista locale, sapesse scrivere, e con una grafia elegante ed
elaborata.
PINACOTECA E PALAZZO DEI DIAMANTI -Ferrara
Del trecento ve n'ha a S. Guglielmo e in S. Caterina Martire,
chiesa dalla quale furono appunto staccati i sei affreschi che si vedono in
gruppo e cioè: La Vergine che allatta il bambino, le due teste del Cristo
trionfante e paziente, una santa e un angelo, (parti d'un
fregio) ed un gruppo di beate.
San Nicola la Strada -Caserta - CHIESA DI SANTA MARIA
DEGLI ANGELI
Sempre nella navata destra, ai lati dell’altare sopra descritto,
si può ammirare un’altra Assunzione; anche in questa tela è la figura della Vergine
a dominare la composizione; un gruppo di angeli si accinge a sollevarLa dal
catafalco; due di essi la spingono per i piedi, l’altro quasi coperto dalla
figura, è intento a sorreggerla con le braccia. Sull’altare del Gesù morto si
trova una tela raffigurante la Madonna che allatta il bambino, (nella
tradizione popolare questo gesto viene considerato come simbolo di grazia)
invocata da anime in pena tra le fiamme.
Sofonisba
Anguissola (1533 ca.-1625)
Al
periodo genovese sembrano invece ascriversi la Madonna che allatta il
Bambino di Budapest
la
chiesa di Santa Maria la Nuova con opere quali "La Vergine che allatta il
Bambino" del Gagini ed un tabernacolo del 1516;
Il patrimonio pittorico zaratino dell'epoca tardogotica, sebbene di modesto volume, è
interessante per l'evidenza della sua qualità, in base alla quale le opere
conservatesi si distinguono dalla media della produzione di quel tempo in
Dalmazia. A Zara si sono conservati sette dipinti: il "Polittico di Ugljan"
(nella Collezione francescana), la Madonna con il Bambino (sempre nella
Collezione francescana), il frammento di polittico proveniente da Luka, Dugi
Otok (all'Esposizione permanente di Arte Sacra), la Madonna che allatta il
Bambino dal convento di S. Maria (all'Esposizione permanente di Arte Sacra), la
Madonna con il Bambino da Rava (all'Esposizione permanente di Arte Sacra), la
"Madonna di Varoš" (all'Esposizione permanente di Arte Sacra) e lo
Sposalizio di S. Caterina (nella Collezione della chiesa parrocchiale a
Smoković).
Eccetto le ultime due, delle quali la "Madonna di Varoš" è opera
firmata di Biagio di Giorgio, e lo Sposalizio di Santa Caterina e opera di un
pittore minore della sua cerchia, tutte le altre rappresentano un complesso
problema attributivo. E già, stata messa in rilievo la loro affinità reciproca
e constatata la loro appartenenza alla cerchia pittorica dalmata. Ma, oltre ad
una generica somiglianza, alcune di queste opere rivelano una relazione
reciproca più notevole di quanto sia stato finora osservato.
Cosi il frammento di polittico proveniente da Luka rivela notevoli somiglianze
con il "Polittico di Ugljan" nel modo di dipingere il Cristo morto,
nell'accentuata qualità, e nel sistema identico di punzonatura dell'aureola. La
Madonna del convento di S. Maria, paragonata alla Madonna del "Polittico
di Ugljan", presenta somiglianze nella definizione delle fisionomie, del
drappeggio, del sontuoso trono e delle decorazioni pittoriche. Perciò queste
tre opere, insieme agli affreschi nella cappella di S. Duje a Spalato, per i
quali è già, stata accertata l'affinità, in un gran numero di dettagli con il
"Polittico di Ugljan", vanno considerate lavori dello stesso artista.
Museo
dell’Opera del Duomo-Prato
Si
accede al Museo dal cortiletto fra il Duomo e il Palazzo Vescovile, sul fondo
del quale un’elegante incorniciatura rinascimentale in pietra serena ospita un
affresco con l’Assunta, derivata dalla pala del Gherardini in S. Niccolò
(1697), e attribuibile al pratese Pier Simone Vannetti (1666-1737). Il primo
ambiente espositivo, la Sala del Due-Trecento Le opere più
antiche esposte nella sala sono una consunta lunetta ad affresco della metà del
Duecento (staccata dal primo portale laterale del Duomo) che raffigura la
Madonna che allatta il Bambino, tra due angeli, e un eccezionale, vigoroso
altorilievo in arenaria proveniente dalla Badia di Montepiano, eseguito intorno
al 1262 e firmato da Giroldo di Iacopo da Como (a lungo attivo in Toscana): la
Madonna in trono fra i santi Michele arcangelo, Pietro e Paolo. Piccolissimo,
ai piedi della Vergine, si fece ritrarre anche il committente, l’abate
Benevenutus. Nell’opera – che probabilmente costituiva in origine parte di un
pulpito – agli elementi di tradizione bizantina si uniscono una dimensione
“classica” che richiama a Nicola Pisano, e un robusto plasticismo di ascendenza
gotica
Vittorio
Veneto-tv-
Fu
nel 1146 che i monaci cistercensi giunsero a Follina dall'Abbazia di
Chiaravalle per sostituire una comunità di benedettini dipendenti da San Fermo
a Verona e per dare corpo ad un nuovo complesso abbaziale terminato nel 1335
perfettamente congruente alle tipologie architettoniche cistercensi sia per
quanto riguarda la scelta del sito che per l'orientamento, la struttura e la
disposizione dei vari edifici(1). Milieu pienamente romanico dunque,
romanico-gotico per la chiesa, al cui contesto alcuni autori vorrebbero
assegnare anche la scultura in pietra arenaria genericamente indicata come
Madonna col Bambino(2) - Fig.1- attestata nell'abbazia di Follina a suis
primordiis da fonte camaldoles(3) e dal 21 settembre 1921 incoronata e
collocata nella nicchia centrale della grande ancona lignea dorata sovrastante
l'altare maggiore(4).
1) cfr. H. Dellwing, Studien
zur Baukunst der Bettelorden im Veneto, Munchen-Berlin, 1970, pp.29-32, 75-81;
PA. Passolunghi, S. Maria di Follina.
Monastero cistercense, Treviso 1984, pp.Z7-28.
2) Si farà qui uso dell'epiteto generico fino a quando l'esegesi iconologica
non permetterà di giustificare la proposta di definire l'opera come Madonna del
Sacro Calice. Peri 'attribuzione all'ambito romanico si veda L. Fraccaro De
Longhi, S. Maria di Follina. Una filiazione di Chiaravalle milanese nel Veneto,
in Arte Lombarda, XLVII-XLVIII, 1977, p.l8; si fa riferimento invece a
fantomatiche "scuole scultoree longobarde di Aquileia e di Verona" in
F. Burbeilo, Abbazia cistercense Santa Maria Sanavalle di Follina, 1997, p.23
3) Annales Camaldulenses Ordinis Sancti Benedicti, Venetiis 1755-73,111, ad
annum 1150
4) AA.VV., 25 settembre 1921. Solenne Incoronazione della Beata Vergine di
Follina, Foilina 1921.
L'attestazione
camaldolese, la collocazione in un contesto architettonico romanico e la corona
posticcia, unitamente alle considerazioni estetiche negative(5) elaborate sulla
falsariga di una leggenda popolare connessa con la fondazione benedettina
de1l'Abbazia(6), sembrano dunque essere stati gli elementi convergenti e
determinanti affinchè si consolidasse nei confronti di quest'opera un approccio
tendente ad inscriverla forzatamente in un contesto stilistico come quello
basso-medioevale che, anche considerato nella sua forbice temporale più ampia,
appare così improponibile da non necessitare nemmeno di una pur articolabile
puntigliosa confutazione. Il fatto che la Madonna col Bambino di Follina sia
stata definita una "grezza Madonna in pietra del XIV secolo"(7) o che
si sia arrivati a dire che sarebbe una scultura "probabilmente romanica,
di rozza fattura"(8), attesta quale altissimo rischio corra la storia dell
'arte, in prima istanza, quando si rinserra nei ristretti campi delle
iperspecializzazioni e, non secondariamente, quando chi la esercita non si
premunisce dal cadere nella trappola di scambiare la propria mediocrità con quella
delle opere che si trova a dover contestualizzare.
In prima istanza accogliendo dunque favorevolmente l'ipotesi elaborata nel 1965
da Giorgio Moretti e recentemente ripresa e rilanciata da p. Ermenegildo M.
Zordan circa la possibile provenienza copta(9) della Madonna col Bambino
dell'Abbazia S. Maria di Follina, le ricerche da noi successivamente intraprese
anche se nella specificità hanno condotto a disattendere l'ipotesi sovraesposta
ne hanno tuttavia potuto evidenziare la validità quale corretta indicazione di
area stilistica per stabilire con esattezza
5)
L. Sartori, Cenni iconologici sulla divozione alla Beata Vergine di Follina,
Treviso 1903; Cenni storici in AA.VV., 25 settembre 1921..., op. cit., p.2; S.
Rumor, L'antica badia di Follina, in Arte Cristiana, ottobre 1921, IX, 10,
p.293; G.M. Todescato, Santa Maria di Follina (TV). Profilo storico-artistico,
Follina-Treviso 1971, p.42.
6) "Da un fiumicello chiamato la Follina trasse il nome la vicina Terra
della Follina poco in se stesa preggevole; ma illustrata grandemente da un
antica Immagine ivi fin dal duodecimo secolo venerata: Questo memorabile
simulacro scolpito assai rozzamente in tufo, o sia marmo tenero tratto da'
vicini monti fu ritrovato insperatamente nel coltivare i loro campi da alcuni
agricoltori Notizie storiche delle apparizioni e delle immagini più celebri di
Maria Vergine santissima nella città e dominio di Venezia. Tratti da documenti,
Tradizioni, e da antichi libri di Chiese nelle quali esse Immagini son
venerate, in Venezia, MDCCLXI, pp. 129-130.
7) R. Gibbs, Treviso, in AA.VV., La pittura nel Veneto. Il Trecento, Milano
1992, p. 220.
8) L. Fraccaro De Longhi, op. cit., p. 18.
9) "Una scultura d'Arte Copta del III sec.", G. Moretti, documento
dattiloscritto, Archivio Abbazia di Follina; cfr Id., Duplavis Regina, in La
Squilla, luglio 1965, aprile 1967. "La tipologia della scultura in esame,
è orientale, e di preferenza, copta", P. E.M. Zordan, Lettura icono
grafica dell'immagine della Madonna Santa Maria di Follina, in Simbolo e Poesia
nell' architettura monastica cistercense dell'Abbazia Santa Maria di Follina
Madonna del Sacro Calice, arte nubiana, VI
sec. d.C.; pietra arenaria, 88x53x23 cm. (la corona gigliata è un 'aggiunta
tarda posticcia); Abbazia S. Maria, Follina (TV).
lo
stile e l'iconografia di un'opera così carica di misteri tale da risultarne
accresciuta proprio in merito alle scoperte di cui qui diamo breve
comunicazione.
Che
la Madonna col Bambino di Follina sia una scultura aliena dal contesto
storico-artistico non solo dei cantieri romanici del Veneto o dell'Italia
tutta, ma che appaia come un unicum nel contesto artistico medioevale
dell'intera area occidentale è la considerazione che più prepotentemente emerge
rilevando come la cultura artistica in cui è stata elaborata doveva aver saputo
emblematicamente innestare il busto della Vergine, ieraticamente solcato da un
braccio tipologicamente reso secondo i canoni egizi, su di un bacino da cui
diparte la scorciatura delle gambe che insieme al cuscino sa rendere la
profondità spaziale, e tutto questo per dare forma ad un motivo cristiano come
la Madonna col Bambino in cui la Vergine porta come copricapo un mazzocco con
velo e la testa del Cristo appare elaborata secondo i tratti tipici dell'arte
ellenistica (Fig.2). Elementi che solo in via preliminare potevano indurre a
considerare la possibilità di una provenienza dal contesto copto, data la
grande difficoltà nel voler collocare l'opera, così post-classica pur nella sua
contaminatio di stili, in un contesto artistico che già ai propri esordi sembra
aver abbandonato, non solo la statuaria per il rilievo, la modellazione per la
decorazione,
ma
anche il carattere aulico dell'arte classica per una parlata espressiva più
rilasciata e colloquiale.
Gli elementi caratterizzanti la Madonna col Bambino di Follina sono invece
pienamente riscontrabili in un contesto culturale che prese avvio all'ombra
delle piramidi dell'alto corso del Nilo:
quello dell'antico impero di Kush, conosciuto anche come meroitico, che ebbe
corso dal IX sec.a.C. fino al III della nostra era, quando l'invasione dei Nuba
vi pose fine; dal nome di quest'ultimo popolo si è così soliti designare come
Nubia il territorio compreso tra il lago Nasser e la città di Khartum,
cristianizzato nel corso del VI sec.d.C e suddiviso nei tre regni di Nobatia a
nord, di Makuria e di Alodia a sud, nel VII sec. soggetto alla dominazione
araba e attualmente diviso tra il sud dell'Egitto e il nord del Sudan.
Le connessioni stilistiche tra questo ambito artistico e la Madonna col Bambino
di Follina sono così stringenti che
Fig. 2. Madonna del Sacro Calice, arte
nubiana, VI sec. d.C.;
pietra arenaria, 88x53x23 cm.; Abbazia S. Maria, Follina (TV).
Fig. 3. Teste di statue-ba,
arte meroitica, II-III sec. d.C.; gres, h. 17,5 e 15,7 cm.;
The University of Pennsylvania Museum
of Archaeology and Anthropology, Philadelphia
per
quanto riguarda i tratti del volto della Vergine è possibile trovare
connessioni addirittura con opere della XXV dinastia o del III sec. a.C., per
non parlare di veri e propri caratteri d'identità quando li si mette a
confronto con quelli di una testa di statua-ba rinvenuta a Karanog e datata al
II-III sec. della nostra era, lo stesso modo di rilevare gli occhi con due
semplici linee che arcuandosi delimitano le orbite oculari andando ad
allungarsi fin quasi a toccare le tempie con effetto a mandorla e lo stesso
modo di innestare la testa arrotondata e a zigomi alti su di un collo possente,
facendo sì che il mento rialzato visibile dilato, risulti annullato da una
visione frontale. Identità invocabile anche per la tipologia della resa
plastica dell'orecchio destro del Cristo bambino, i cui caratteri ellenistici
riscontrabili nella capigliatura ma anche nei tratti del volto trovano piena
giustificazione negli sporadici ma incisivi influssi determinatisi tramite le
spedizioni romane del periodo augusteo e neroniano.
È
dedicata alla Madonna Madre dei Viandanti, e si trova a mezza costa lungo la
strada delle slitte che da Cercivento di
Sotto sale in montagna.
È chiamata anche Madone di Gjaule Puartas e ciò è dovuto ad una
vecchia leggenda con protagonista un emigrante trasportato qui di notte, dalle
terre tedesche, da un diavolo. Nella tela che rappresenta la fuga in Egitto si
vede la Madonna che allatta il bambino e San Giuseppe che raccoglie frutta.
La cappella e la compagnia della Purità in SMN di Firenze
A sinistra, entrando, a ridosso del muro della
chiesa dove era l’avello con la Madonna prodigiosa, vi è la cappella piccola
con gli ornamenti in marmo (pilastri con alto basamento
rettangolare, con scolpiti vimini intrecciati e capitelli dorici,
altare, balaustra e soffitto con quattro cassettoni). Sull’altare l’affresco
Madonna della Pura o dell'Umiltà: Vergine (dalla delicata dolcezza) allatta il
Bambino, santa Caterina d’Alessandria e figura della committente; scuola
toscana della secondo Trecento.
Adria -La chiesa di Santa Maria Assunta detta della Tomba
Proseguendo,
al centro di un artistico altare è collocato un affresco del 1400 probabilmente
proveniente dalla demolita vecchia Cattedrale. Rappresenta la Madonna delle
Grazie mentre allatta il Bambino, volgarmente detta Madonna del
Latte.
Radda in Chianti
Cappella dei santi martiri Fabiano e Sebastiano e della
Beatissima Vergine del Latte.
Sulla strada, inglobata nel corpo orizzontale
della struttura originaria della casa padronale oggi Fattoria Vignale, al
numero civico 11A di via Pianigiani. Era la cappella della casa
padronale.
Nella visita pastorale del 1784 è rammentata come
"oratorio di santa Maria de' signori Falconi di Radda", compreso
nella parrocchia di san Niccolò a Radda in Chianti. E' menzionata nel 1856
nella richiesta di autorizzazione per destinare l'oratorio a cappella mortuaria
della famiglia Pianigiani. Dallo stesso documento risulta indirettamente che
dal 1832 questo oratorio era stato dedicato anche alla "Beatissima Vergine
del Latte". Altre citazioni si trovano nei ricordi di "casa
Pianigiani" del XIX secolo e riferiscono che già anteriormente al 1856 e
alla sua trasformazione in sepolcreto di famiglia erano state eseguite
tumulazioni in questo oratorio. E' incidentalmente ricordata nella memoria di
Gaetano Meoni del 1893 semplicemente come "cappellina dei signori
Pianigiani a proposito dei festeggiamenti che si svolsero in onore del
Crocifisso che si conserva nella chiesa parrocchiale di radda alla fine di aprile
di quello stesso anno.
Il piccolo edificio religioso ha subìto trasformazioni e
rifacimenti in occasione dell'ampliamento della villa, come dimostrano le
strutture murarie dell'ex Fattoria Pianigiani nelle quali sono ancora
individuabili tracce anteriori di un corpo di fabbrica di epoca
sei-settecentesca. Più recente è l'intervento eseguito in quest'ultimo decennio
con il quale, fra l'altro, è stata completamente intonacata la facciata.
All'esterno la cappella è individuata dal portale, dalle
cornici laterali che sorreggono l'architrave e da due finestrelle quadrangolari
ai lati dell'ingresso, ugualmente profilati in pietra, caratteristiche
dell'epoca in cui fu realizzata la villa. Al di sopra del portale compare il monogramma
di san Bernardino da Siena sormontato da una piccola edicola che racchiude una
piccola lastra decorata a rilievo in terracotta. L'interno consta di un unico
ambiente rettangolare coperto con volte a crociera, completamente intonacato.
Sulla parete destra in fondo si può accedere alla cappella dall'interno del
fabbricato. Sulla parete terminale è l'altare che ospita, entro un tabernacolo
dorato, un rilievo raffigurante la Madonna
che allatta il Bambino. All'epoca della visita pastorale del
LA CHIESA DI
SANTA MARIA DELLA CARITÀ
detta del
“Buon Pastore”
IN BRESCIA
Sopra l’altare si trova un affresco
staccato, opera di un non meglio precisato maestro della scuola bresciana del
XV secolo e raffigurante la Madonna in atteggiamento materno che allatta il
Bambino sullo sfondo di alcuni edifici gotici. Non è particolarmente pregevole
dal punto di vista della qualità esecutiva o della rarità del soggetto ma era
particolarmente venerato all’epoca, in quanto ritenuto sorgente di diversi
miracoli. In origine l’affresco si trovava sotto il portico della casa di un
certo Giovanni Moretti di Cerete in contrada dell’Albera. Nell’uomo possiamo
probabilmente identificare il committente, dal momento che lungo il margine
superiore dell’affresco corre la scritta, in caratteri gotici: hoc opus f. f.
johanes de moretis de cerete M… C… ma la data è purtroppo incompleta. Sotto il
portico della sua casa, dinnanzi a questo affresco, tutti i sabati si riuniva,
per pregare e cantare le litanie, un gruppo molto consistente di fedeli. Lo
stesso Faustino Lorenzo Busi, sagrestano della chiesa, scrive nel 1755 nella
sua Storia della miracolosa Immagine, che si venera nella chiesa della carità
di Brescia, che per la recita delle preghiere e dei canti si spendevano, fino
allo spostamento dell’immagine nell’attuale sede, ben 1540 Lire l’anno.
Dall’originaria provenienza del dipinto dal muro di questa casa sita in Canton
d’Albera deriva il nome con cui il dipinto è più noto e cioè Madonna
dell’Albera; essa è però anche conosciuta come Madonna dei Terragli poiché si
trovava vicino alle antiche mura venete chiamate per l’appunto Terragli. Il 5
agosto 1655 l’affresco della Madonna dell’Albera venne staccato e, dopo 11
giorni, portato in solenne processione, presente l’intero Capitolo della
Cattedrale, alla Chiesa della Carità dove venne murato sopra l’altare maggiore,
luogo in cui ancora oggi lo si può ammirare. La cornice complessa ed articolata
è anch’essa stata intagliata in legno, da Domenico Minossi e Giuseppe Telaroli
nel 1731, sebbene dipinta in modo tale da sembrare marmo.
È frequente il caso di complessi altari marmorei con alzata ad ancona dipinta,
ma più raro è l’utilizzo di immagini antiche, inserite in un così articolato e
artificioso apparato plastico architettonico simulante un drappo retto da
angeli e cherubini come quello in questione. La scelta di quest’immagine va
letta come esito del nuovo impulso che la devozione mariana aveva acquisito
nella seconda metà del Seicento.
Come i Greci, i Messapi
adoravano gli dei. Alcuni di questi richiamavano gli dei dell’Olimpo, ma altri
erano propri, come Tator (o Taotor), forse il più importante, e Giove Batio,
venerato nei rovi (batio significa rovi) e nelle grotte e considerato a volte
maschile e a volte femminile mentre allatta il figlio: a quest’ultima
raffigurazione si riallaccia una suggestiva ipotesi. Infatti, il culto di una
dea che ha un figlio in tenera età è prevalso in età post-messapica e dal culto
pagano è passato al culto cristiano, nell’immagine della Madonna. Non a caso,
si afferma, i santuari più importanti sono sorti vicino a grotte, come quelli
di Montevergine e Carpignano.
Pinacoteca comunale
Ancona
Arcangelo di Cola (Camerino not.
1416-1429)
Madonna dell'Umiltà e angeli (Sec. XV)
cm. 73x51, tempera su tavola
Un coro di angeli incornicia la figura
della Vergine che, seduta su di un cuscino posto su un prato fiorito, allatta
il Bambino.
La Madonna è racchiusa entro la rigida struttura del manto dorato, impreziosito
da calligrafiche decorazioni e dalle punzonature che sottolineano i bordi del
manto.
La medesima tecnica ritorna nelle aureole della Vergine e del Bambino e, in
misura ridotta, in quelle degli angeli.
Sebbene non se ne conosca l'originaria
collocazione (presumibilmente in una chiesa anconetana) l'opera è presente
nella Pinacoteca fin dalla sua costituzione (1884).
La primitiva e generica indicazione "tavola bizantina" viene corretta
dal Venturi (1915), che la riferisce alla scuola di Gentile da Fabriano, e dal
Serra (1920) che la ascrive ad un artista marchigiano della seconda metà del
sec. XIV.
Sulla linea del Venturi si pone il Van Marle (1925/26), mentre il Serra (1934)
ribadisce l'anonimato del dipinto individuando ascendenze senesi (cerchia di
Pietro Lorenzetti) ed avanzando la datazione all'inizio del sec. XV. Spetta
allo Zeri l'aver, attraverso analisi comparate, riconosciuto nell'ignoto autore
la mano di Arcangelo di Cola, artista camerte di cui si hanno notizie fra il
1416 e il 1427.
La mostra dedicata a Carlo da Camerino
(1989), ha consentito di puntualizzare le vicende storico-critiche di questa
opera. La Caldari Giovannelli individua in essa ricordi della cultura riminese
unita ad ascendenze di Gentile da Fabriano ed a richiami lorenzettiani,
considerando la tavola come esemplare per la definizione del quadro pittorico
della regione agli inizi del sec. XV, soprattutto per chiarirvi gli apporti
della cultura camerte.
Evidenti sono infatti i rimandi all'arte di Carlo da Camerino.
Stilisticamente affine ai precedenti e da datarsi per
tanto alla stessa epoca, cioè alla fine del quattrocento, questo riquadro si
anima più degli altri, di spiccati accenti tra Padova e Murano: più
coerentemente rinascimentale nella salda impostazione volumetrica dei due santi
oppure del Bimbo va però notato che ancora una volta le braccia della vergine
spariscono, senza corpo, sotto il ricchissimo manto damascato, essa richiama,
oltre che la grande officina padovana dei vari Squrcioni, Schiavone e Marco
Zoppo (ambiente al quale andrà riferito per altre anche il particolare
iconografico, già visto nella prima Madonna col Bambino presentata qui, della
collanina di corallo appesa al collo di Gesù ), anche la bottega muranese dei
Vivarini, in particolare Bartolomeo ai suoi esordi. Madonna in trono che
allatta il bambino-Molto lacunoso (la stessa data, ora nuovamente iqn vista per
l'apertura di un buco, era stata coperta dalla più tarda muratura della
cappelletta), ancor più degli altri questo dipinto rivela i modi di un pittore
che, sepolto nella provincia, resta tagliato fuori dalla conoscenza delle
verità prospettiche e volumetriche che la civiltà rinascimentale aveva ormai da
tempo diffuso in tutt'Italia: se il motivo dell'absidiola a conchiglia sorretta
dal pilastro che conclude il trono dietro il corpo della vergine sembra un
timido accenno al nuovo lessico, in realtà tutto il resto richiama ormai
vetusti stilismi non solo gotici - il basamento del trono, il piegarsi elegante
dell'orlo del manto, nimbi decorati a pastiglia -, ma addirittura romantici
come il volto della madonna, astratto e fitto nel vuoto, oppure il tipo del
gracile bambino, oppure ancora le pieghe del manto che cadono felpate e inerti
sulle ginocchia della vergine. Graffiti su un pilastro laterale sinistro Nel
corso dei recenti restauri S. Maria,sono stati lasciati opportunamente alla
luce alcuni stralci dell'antico intonaco cinquecentesco.
Questo, che presentiamo nella fotografia, è decorato con il caratteristico (e
da noi non frequente) motivo eseguito"a forchetta", e reca un piccolo
ed interessante disegno all'acquarello sull'intonaco ancor fresco, con la
chiesetta col suo campanile ed un sintetico contorno di una madonna col
bambino.
Iside che allatta Horus (opera muraria situata a Regina Coeli -
Roma)
Dea
e maga. Donna raffigurata spesso nelle statuette nell'atto di allattare Horus
bambino, che le siede in grembo. Talvolta identificata con Hathor, porta allora
il disco solare e le corna bovine di quest'ultima. Prototipo della fedeltà e
della sposa fedele. Essi esprimono il principio di dualità: maschile-femminile,
positivo-negativo, luce-tenebra. Nefti è la "sorella oscura" della
benefica Iside, mentre Seth è la forza distruttrice che ostacola, che si oppone
alla natura civilizzatrice e creativa di Osiride.
Gheb e Nut, al momento della creazione,
stavano coricati l’uno sull’altra. Per ordine di Ra, li separò Sciu; e Nut,
puntando mani e piedi, si sollevò alta nel ciclo formando la volta celeste che,
in queste caso, è il ventre d’una dea.
abruzzo
Madonna che
sta allattando il Bambino
La stuccatura delle lacune piccole, integrabili cromaticamente,
è stata eseguita con stucco a carbonato di calcio, grassello di calce
e una piccola percentuale di primal.
Il risultato finale
La piccola chiesa di S.Maria, nota a Cantù come la Madonnina,
è ora utilizzata come battistero della basilica di San Paolo. Il piccolo edificio
(origine XI-XII secolo) a pianta quadrata è a classica forma a capanna:
l'abside, che si innesta su un lato, è a sette lati e a forma irregolare, a
causa delle preesistenti mura medioevali urbane su cui l'abside stessa poggia.
Se l'esterno può apparire disadorno per la sua essenzialità, la decorazione
interna è sorprendente per le ridotte dimensioni dell'edificio. L'apparato
pittorico attualmente leggibile è frutto, come spesso accade, di una
successione temporale di eventi. Agli iniziali interventi decorativi (XII
secolo), di cui restano solo pochi frammenti, successivi interventi (XIV
secolo) sono ancora visibili. La Madonna del latte è un particolarissimo
dipinto: la Madonna allatta il Bambino Gesù su un elegante trono abbellito da
elementi quasi floreali che sorreggono un gentile uccellino. Lo stesso
tema si ripete nella raffigurazione del Bambino sulla cui mano è posato un
multicolore pennuto.
Al 1514 vengono fatti risalire gli affreschi di Ambrogio e
Cristoforo De Mottis la cui importanza è soprattutto documentaria per la
raffigurazione del borgo di Cantù sullo sfondo dei personaggi dipinti in ogni
lato dell'absidiola.
nel Santuario di Custonaci-erice Monte San Giuliano
specifico
interesse desta una edicola lignea policroma rappresentante la Madonna in trono
che allatta il Bambino, opera custodita attualmente in locali attigui alla
chiesa ed in passato accostata al Polittico del Museo Pepoli per le soluzioni
iconografiche, ma da cui sembra essere distante “nel suo carattere arcaizzante
(che non esiste nel Polittico), sia nell’imposto quasi frontale - se se ne
toglie la leggerissima rotazione della spalla destra - della Vergine che nella
schematicità delle volumetrie e del trattamento dei panneggi, sia, infine,
nell’espressione del volto della Vergine, assente e quasi astratta, come da
antica icona”. Dopo il restauro della tavola dipinta sarebbe interessante
procedere ad un serio intervento anche su questo manufatto ligneo per rivederne
i rapporti iconografici, fermo restando che l’edicola è certamente più antica.
A sud della Piazzetta Granaio si trova la ex Chiesa di S. Nicolò,
edificio del 1322 ad un piano, costruito, probabilmente sulle fondamenta di un
altro risalente al 1211, su un portico a pilastri di pietra d`Istria e
rimaneggiato nel 1864, che conserva, entro un tabernacolo gotico, una Madonna
col bambino in cartapesta dipinta opera di Jacopo Sansovino. Di recente
scoperta è un frammento di affresco trecentesco raffigurante la Vergine sul
trono mentre allatta il Bambino. L`attuale destinazione è ad auditorium.
La facciata profetica del Duomo di San Rufino in Assisi
si
vede Dio padre coronato, con un triplice nimbo intorno al capo,
seduto in trono fra la luna e il sole e le stelle, che stringe al petto il libro
della creazione, mentre addita alla sua destra la vergine incoronata
che allatta un bambino. A lato, sotto l'immagine di San Rufino,
identificabile dalle sue vesti vescovili, compare una <<testa che si
vuole sia quella di San Cesidio martire, figlio di San Rufino. Ai lati
del trono della vergine sono due altre teste mozze, che vengono ritenute per
quelle di San Marcello ed Esuperanzio, i diaconi martirizzati in Assisi nel
secolo IV>>.
all’ORATORIO DELLA
MALONGOLA, duecentesco, una delle undici chiese giubilari della provincia
di Mantova,
in località Fontanella Grazioli. il nucleo più pregevole è
l’affresco di Maria che allatta il Bambino, ubicato vicino alla beata Osanna.
'Madonna delle Anime'.
Si
trova nell'Oratorio Confraternale dedicato alle anime del Purgatorio
attiguo alla Cattedrale di Nardò (Le),
in
corrispondenza della cappella di S. Gregorio Armeno costruito nel 1734.
La
madonna avvolta dal manto azzurro, mentre sostiene con la sua mano destra
il bambino Gesù, con la sinistra indica il prezioso roseo suo seno,
all'allattamento.
Evoca ,quindi, una Madonna che profferisce il seno, come voler
"nutrire l'Umanità" .
Segnalatami da Paolo Marzano .
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