CAPITOLO TERZO
Il culto di Maria
III. 1. Importanza e affermazione del culto della Vergine Maria.
La tradizione cristiana sorta durante i primi secoli, fu ricondotta a noi tramite una vasta letteratura scaturita dallo studio dei padri della chiesa e dei primi autori cristiani.
In tali scritti viene dedicato poco spazio alla figura di Maria. Essa è la Vergine Madre di Cristo ma, di lei si parla raramente e soprattutto in modo separato dalla figura del Figlio.
A partire dalla seconda metà del IV secolo, l'attenzione sulla figura di Maria crebbe e i padri e gli scrittori cristiani cominciarono a considerare il parallelo tra la figura della Vergine e la Chiesa. La devozione mariana si affermò ancor di più dopo i due concili, quello di Efeso del 431 e di Calcedonia del 4511.
Il ruolo di Maria nell'economia cristiana divenne sempre più incisivo poiché si è data sempre più importanza allo straordinario potere della figura della Madre Vergine del Salvatore. L'attenzione si basò sui due dogmi mariani per eccellenza: La "Maternità divina", e il "Concepimento verginale"2.
Ripercorrendo brevemente le tappe della religiosità cristiana attraverso gli scritti sacri, possiamo costatare come la figura di Maria fosse del tutto velata sotto profezie enigmatiche3 nell'Antico Testamento mentre la sua presenza, nel Nuovo Testamento, rimane silenziosamente assente durante la vita pubblica di Gesù. Negli atti degli apostoli, invece, della figura di Maria se ne fa appena un accenno e, per finire, nell'Apocalisse, si confonde con la figura della Chiesa.
Gli stessi scritti dei padri apostolici, mantengono il perpetuo silenzio delle origini, la ragione sembra sia da rintracciare nella tradizione pagana, che vede l'affermarsi del culto di divinità femminili come: La "Magna Mater" dei romani; oppure "Cibele" per i frigi; "Astarte" per i palestinesi; "Iside" per gli egiziani; "Diana" per gli efesini; e molte altre, affermatesi anche in ambiti religiosi estranei a quelli greco-romani4. Il silenzio rispetto alla pur importante figura della Madre di Dio, sembrò essersi perpetuato per molto tempo perché non si voleva far coincidere la figura di Maria con il culto delle precedenti divinità femminili. Il vangelo, d'altra parte, veniva divulgato ad un popolo che risentiva ancora fortemente di un lungo retaggio pagano e si pensò quindi di evitare che il ruolo di Maria, accanto a Cristo suo figlio, fosse interpretato in modo ambiguo dai fedeli.
Lenta e avvolta nel silenzio appare la figura di Maria, ma i seppur minimi riferimenti su di essa fatti dai padri della chiesa nei loro scritti, rendono la figura della Vergine una delle più intense e stimolanti, rispetto alla sua misteriosa presenza materna nella religione cristiana.
III. 2. Maria negli scritti dei padri della Chiesa.
Agli albori, la teologia cristiana, si è espressa mediante la "cristologia", la dottrina delle due nature, divina e umana, unite in Cristo. Si cercò di formulare la definizione del Salvatore e della sua missione sulla terra. Inizialmente gli studi si concentrarono sul tema della Resurrezione del Signore e, col passare del tempo l'attenzione si volse verso altri eventi quali: la nascita di Gesù e il mistero dell'incarnazione.
I primi cristiani ritenevano che Gesù avesse una doppia natura, umana e divina, e due sette di teologi, gli Ebioniti e i Doceti, si contrapposero per lungo tempo, nel tentativo di trovare una spiegazione in merito. I primi, gli Ebioniti, d’origine giudaico-cristiana, negarono la natura divina di Gesù e la sua nascita verginale, considerando quindi, la nascita naturale da Maria e Giuseppe5, pur accettando la sua figura di Messia e il suo ritorno sulla terra per compiere la sua missione gloriosa. I Doceti invece, facenti parte del vasto movimento religioso-culturale dello gnosticismo6, affermarono che Dio fosse di natura puramente divina ed ebbe un corpo reale solo in apparenza, infatti, secondo gli gnostici, Maria fu solo un tramite della materializzazione dello spirito di Dio.
In questo contesto si trovarono ad operare i padri della chiesa che con forza, affermarono le proprie idee sul glorioso mistero della natura, insieme umana e divina, del Creatore. La loro dottrina si basava sul "cherigma apostolico prinìmitivo"7, che affermava che Gesù fosse nato per opera dello Spirito Santo dalla Vergine Maria, che fosse morto e risorto e si trovava alla gloriosa destra del Padre per ritornare poi sulla terra alla fine dei tempi.
La nascita Verginale fu, invece, il dogma per eccellenza della mariologia, e non poté essere considerato a se rispetto all'insegnamento cristologico poiché, la maternità di Maria era inscindibilmente legata alla persona del figlio Gesù.
I padri della chiesa conobbero gli apostoli di persona. Essi dovettero divulgare e affermare una religione, come quella cristiana delle origini, che rischiava di essere svuotata di contenuto dalle numerosissime correnti filosofiche e religiose del tempo. Secondo il loro insegnamento, Maria e la mariologia, erano da considerare come un fondamento basilare della religione cristiana, eppure, anche nei loro scritti, si parla pochissimo della Vergine.
Risulta importante, a questo punto, analizzare alcuni dei maggiori padri della chiesa e soprattutto la figura di Maria che si evince dai loro scritti, per avere una più chiara visione della figura non solo della Vergine stessa, ma anche di Cristo, nell'economia della salvezza cristiana, e seguire le tappe della storia dell'affermazione della dottrina mariologica.
III. 3. Il ruolo di Maria nell'economia di salvezza. Parallelismo tra Eva e
Maria.
E' nel II secolo che gli apologisti cominciano ad affermare l'importanza della figura di Maria rispetto a Eva. Giustino, teologo, laico e martire, fu il primo ad adattare la terminologia filosofica al pensiero cristiano e ad operare questo parallelismo, nato appunto, per meglio comprendere la funzione della Vergine, nell'economia della salvezza divina8. Maria aveva, secondo Giustino, un'importante funzione a fianco del Cristo, come Eva l'ebbe accanto ad Adamo. La vergine Eva, ricevette la proposta divina, come avvenne alla seconda Eva, la Vergine Maria, ma, mentre la prima cedette al peccato, la seconda si oppose ad esso mediante l'obbedienza verso Cristo. A tal proposito scrive Giustino: «Il figlio di Dio si è fatto uomo per mezzo della Vergine, affinché la disobbedienza provocata dal serpente fosse annullata attraverso la stessa via per la quale prese inizio.
Come Eva, che era vergine e incorrotta, dopo aver accolto la parola del serpente, partorì disobbedienza e morte, allo stesso modo Maria, la Vergine, avendo ricevuto dall'Angelo Gabriele il buon annuncio che lo Spirito Santo sarebbe disceso su di lei e che la potenza dell'altissimo l'avrebbe adombrata, concepì fede e gioia, per cui il santo nato da lei sarebbe stato il Figlio di Dio»9.
Allo stesso modo Ireneo di Lione, considerato "il padre della dogmatica cattolica", riprende il tema del parallelismo tra Eva e Maria, approdando ad una nuova lettura dei fatti. Egli parte dal concetto della ricapitolazione in Cristo e scrive: «Il Figlio di Dio, quando si incarnò e divenne uomo, ricapitolò in se stesso la lunga storia degli uomini, procurandoci in compendio la salvezza, affinché in Cristo Gesù recuperassimo ciò che avevamo perduto in Adamo, cioè l'essere ad immagine e somiglianza di Dio. Infatti non essendo possibile che l'uomo, vinto e spezzato dalla disobbedienza, fosse plasmato di nuovo e ottenesse la palma della vittoria, ed essendo ugualmente impossibile che ricevesse la salvezza colui che era caduto nel peccato, allora il Figlio di Dio ha operato l'una e l'altra cosa: egli, che era il Verbo di Dio, discese dal Padre e si incarnò; si abbassò fino alla morte e portò a compimento l'economia della nostra salvezza»10.
Cristo, secondo Ireneo, distrusse il peccato sorto dalla disobbedienza di Adamo, mediante la totale obbedienza al Padre suo11. Dalla ricapitolazione si evince che tutto è stato rinnovato dal nuovo Adamo.
Dopo aver chiarito ciò, passa ad analizzare Eva e la nuova Eva. Scrive Ireneo: «Come Eva, la quale, pur avendo come marito Adamo, era ancora vergine, disobbedendo divenne causa di morte per se e per tutto il genere umano, allo stesso modo Maria, che, pur avendo lo sposo, era ancora vergine, obbedendo divenne causa di salvezza per se e per l'intero genere umano. Così dunque il processo della disobbedienza di Eva trovò la soluzione tramite l'obbedienza di Maria. Ciò che Eva aveva legato a causa della sua incredulità, Maria lo ha sciolto mediante la sua fede»12. Eva e Maria erano ambedue vergini e sposate, la disobbedienza e l'incredulità della prima, causarono morte e rovina per il genere umano, l'obbedienza e la fede, invece, fecero si che la seconda, liberasse l'umanità dal peccato.
Ireneo di Lione, attribuisce alla Vergine Maria un nuovo appellativo, quello di "avvocata di Cristo", a proposito scrive: «Come Eva fu sedotta dalla parola dell'angelo (decaduto) al punto di fuggire davanti a Dio, avendo trasgredito la sua parola, così Maria ricevette il lieto annuncio per mezzo della parola dell'angelo, cosicché, obbedendo alla sua parola, portò Dio dentro di se. E come quella si lasciò sedurre fino a disobbedire a Dio, così questa si lasciò persuadere in modo da obbedire a Dio. Per questo la Vergine Maria divenne avvocata della vergine Eva.
E come il genere umano fu legato alla morte a causa di una vergine, così ne fu liberato per mezzo di una Vergine, giacché la disobbedienza di una Vergine, fu controbilanciata dall'obbedienza della Vergine»13.
Maria diventa dunque, l'antitipo di Eva, come il Figlio di Dio diviene il nuovo Adamo, il nuovo capo dell'umanità. In questo contesto il Nuovo Testamento altro non è se non la continuazione del Vecchio Testamento. L'economia divina interrotta da Adamo, e di conseguenza da Eva a lui legato, viene ripresa e completata da Cristo, e da Maria che a lui è associata14.
Maria sarebbe dunque, la "causa salutis" poiché essa è l'antitipo di Eva, che fu la "causa mortis"15. L'obbedienza di Maria al suo Dio fu consapevole e volontaria, fece il contrario di Eva, obbedì e, proprio mediante l'obbedienza, riparò alla rovina del genere umano provocata dalla disobbedienza di Eva.
Un altro importante padre della chiesa, Efrem Siro, del IV secolo, ci parla del parallelo antitetico Eva-Maria, e scrive: «Ecco il mondo! Gli sono stati dati due occhi, Eva era l'occhio sinistro e cieco, Maria invece è l'occhio destro e luminoso. A causa dell'occhio che si è oscurato, il mondo divenne tenebroso. Gli uomini allora, brancolando nelle tenebre, scoprirono la pietra del peccato e la considerarono come una specie di divinità, chiamando verità la menzogna. Ma quando il mondo riprese a splendere grazie all'altro occhio e alla luce celeste che si installò nella cavità di quest’occhio, allora gli uomini ritrovarono un'altra volta l'unità, accorgendosi che ciò che avevano scoperto causava la rovina della loro vita»16.
Risulta chiaro come Efrem parli del parallelismo tra queste due figure in termini opposti, da un lato abbiamo Maria, la luce e la vita, dall'altro Eva, tenebre e morte. Inoltre questo autore ribadisce il ruolo della donna accanto all'uomo, ed è il primo cristiano che attribuisce a Maria l'appellativo di "Sposa di Cristo".
Dagli scritti di Efrem Siro, si evincono forti sentimenti di devozione e amore rispetto alla Madre di Dio.
Ancora nel IV secolo, nel periodo di maggior splendore della letteratura patristica, stimolata anche dall'imperversare dell'eresia che tentava in tutti i modi di colpire l'origine divina di Dio, operò un altro grande padre della chiesa, Epifanio di Salamina. Egli affrontò gli studi mariologici sotto ogni aspetto e, nella sua opera, intitolata "Panarion", si trovano due paragrafi dedicata al parallelo Eva-Maria.
Rielaborando le teorie dei suoi predecessori Giustino e Ireneo, ne fonda una nuova, asserendo che sia Maria, e non Eva, la vera Madre degli uomini poiché Maria ha concepito e partorito il Signore e quindi lei, e non Eva, ha dato alla luce la vita vera degli uomini17.
Anche il poeta liturgico Sedulio, vissuto nel V secolo, apprezzato nel medioevo e nell'età moderna, ci parla di questo famoso parallelo18.
Gli anni tra i concili di Efeso e di Calcedonia, videro l'introdursi, nella liturgia ambrosiana, la commemorazione della Vergine Maria. Sedulio fu uno dei maggiori cantori di lode alla Vergine. Egli scrive, infatti, in un carme, a proposito della nuova Eva: «Come la tenera rosa spunta tra le spine pungenti e non ha nulla di offensivo, anzi con la sua bellezza oscura il proprio ceppo, così la Santa Maria, discesa dalla stirpe di Eva, purifica, quale vergine novella, il crimine della vergine antica. E siccome la vecchia natura giaceva corrotta sotto la condanna della morte, con la nascita di Cristo l'uomo fu in grado di rinascere e di deporre la macchia della vecchia carne»19. Maria è nata dunque da Eva ma, come la rosa tra le spine non perde la sua bellezza, così Maria non è stata contaminata dal peccato della sua stirpe.
In un altro componimento, Sedulio riprende questo tema: «A causa di uno solo, tutti i discendenti perirono; e tutti si salvarono a causa di uno solo. Una sola fu la donna a causa della quale fu aperta la porta della morte; una sola fu pure la donna grazie alla quale è tornata la vita»20.
Maria, secondo Sedulio, è pienamente coinvolta nell'economia di salvezza, anzi, il suo contributo è fondamentale per il compimento della gloriosa morte e resurrezione di Dio e degli uomini. Infatti, per citare un ultima volta il poeta: «Siamo la cieca prole dei figli della misera Eva; e portiamo con noi le tenebre nate da un errore longevo. Ma quando Dio si degnò di assumere la forma mortale dell'umana natura, dalla Vergine è a noi venuta una terra di salvezza»21. La Vergine è, in sostanza, la salvezza dell'uomo.
Anche Pietro Crisologo, un predicatore di fama nato intorno al 380 e morto nel 450 circa, elaborò e sviluppò la dottrina sull'incarnazione del Signore e, parimenti, quella del ruolo della Vergine nel mistero di Cristo22. Egli si accostò all'antico parallelo Eva-Maria, in modo del tutto differente dai precedenti autori, in maniera che potremmo dire, del tutto originale.
Crisologo spiega, commentando la parabola evangelica del lievito: «La donna, che dal diavolo aveva ricevuto il lievito della perfidia, ha accolto da Dio il lievito della fede. Lo nascose in tre misure di farina, vale a dire in tre periodi della storia umana, che sono. Il primo da Adamo a Noè; il secondo da Noè a Mosè; il terzo da Mosè a Cristo. Così la donna, che in Noè rovinò l'intera massa del genere umano mediante il lievito della morte, reintegrò in Cristo tutta la massa della nostra carne tramite il lievito della risurrezione. Inoltre la donna, che aveva confezionato il pane della sofferenza e del sudore, fece cuocere il pane della vita e della salvezza»23. E, esponendo ancor di più il suo pensiero aggiunse: «Per mezzo di Cristo divenne madre di tutti i viventi colei che in Adamo era diventata la madre di tutti i morti. Proprio per questo Cristo volle nascere, affinché, come a causa di Eva la morte giunse per tutti, così a causa di Maria ritornasse per tutti la vita. Maria infatti risponde alla tipologia del lievito, ne anticipa la similitudine, ne autentica la figura allorché riceve dall'alto il lievito del Verbo e la carne umana nel suo seno verginale; anzi nel suo seno verginale trasfuse l'uomo celeste nell'intera massa»24. Maria inoltre, secondo Crisologo, riscatta la negatività propria di cui la donna aveva sempre avuto fama dall'inizio della creazione, a causa del peccato operato da Eva, infatti, proprio per questo Maria è non solo la Madre di Cristo, ma anche di tutti i viventi.
III. 4. Maria Vergine e Madre.
Secondo Menke, il dogma del concepimento verginale di Cristo, la reale incarnazione e la partogenesi, sono il punto focale della cristologia, ma anche il crocevia che congiunge quest'ultima dottrina alla mariologia25. Menke infatti scrive: «E' proprio su questo tema, infatti, che si gioca il rapporto tra cristologia e mariologia, tra fatto e interpretazione, tra storia e dogma»26.
Nulla esiste nell'umanità che possa generare il Salvatore, poiché da Cristo si forma il genere umano e in lui tutto è creato. Egli ha origine da Dio e dallo Spirito Santo e non dalla carne e dal sangue.Il concepimento verginale di Maria, pur essendo reale, ha delle caratteristiche uniche.
Tertulliano, uno dei più importanti padri della chiesa del II secolo, fu un chiaro sostenitore della doppia natura di Cristo, quella umana e quella divina27. Egli scrive a proposito della partogenesi: «Il Verbo divenne uomo per la salvezza dell'uomo, giacché soltanto in quanto uomo poteva compiere la sua opera a nostro vantaggio. Così Egli nacque dalla Vergine, come Figlio di Dio non aveva bisogno di un padre terreno, ma gli era necessario trarre la propria umanità da una fonte terrena. Egli entrò nella Vergine come aveva predetto l'angelo dell'Annunciazione e da lei ricevette la sua carne. La nascita fu un fatto reale. Il figlio di Dio nacque da lei e non, come pretende lo gnostico Valentino, semplicemente "attraverso" di lei, quasi fosse semplicemente il canale attraverso cui passò»28. Secondo Tertulliano non esiste alcun dubbio «Gesù è Dio perché possiede lo Spirito di Dio, ed è uomo perché ha ricevuto la vera carne da Maria, in modo assolutamente straordinario»29. Con la stessa fermezza con cui Tertulliano afferma la veridicità del concepimento verginale di Maria, egli nega la verginità perpetua della stessa. Infatti, per dimostrare che Cristo si è fatto uomo mediante la reale incarnazione, egli nega la verginità di Maria dopo il parto: «Vergine per essersi astenuta dall'uomo; non-Vergine per aver partorito… Vergine quando concepì, divenne donna nel momento in cui diede alla luce il proprio Figlio…»30.
Anche Giustino è convinto che il Verbo si è fatto uomo, nascendo dal seno di una vergine: «Egli che anteriormente era Logos, e talora apparve in sembianze di fuoco, talora in modo incorporeo, infine per volontà di Dio divenne uomo, preesisteva in quanto Dio e fu fatto carne della Vergine, perché nacque come un uomo»31.
Origene, anch'egli del II secolo, lega il parto verginale alla condizione di fede integrale, e scrive in proposito: «Se uno crede che colui che fu crocifisso sotto Ponzio Pilato era una persona sacra, venuta per portare al mondo la salvezza, ma non crede alla sua nascita da Maria e dallo Spirito Santo, anzi lo ritiene nato da Giuseppe e Maria, a costui manca una condizione indispensabile per possedere una fede integrale»32. Inoltre il concepimento verginale, secondo Origene, è esente dalla "concupiscenza" e dalle passioni sregolate, in tal modo Gesù sarebbe nato con sembianze umane ma privo del peccato che investe ogni uomo fin dalla nascita.
Anche la verginità perpetua di Maria è per Origene, a differenza di Tertulliano, un dato di fatto reale, che non può essere negato. Egli smentisce quanti affermano che Gesù avesse dei fratelli, come è scritto nei vangeli apocrifi, ed inoltre afferma che Dio scelse Maria, che era fidanzata e promessa sposa a Giuseppe, quando avrebbe potuto scegliere un'altra vergine non fidanzata, perché si potesse evitare "ogni motivo di onta per la vergine allorché questa sarebbe apparsa gravida"33, ed inoltre perché, come aveva osservato lo stesso Ignazio di Antiochia, in una lettera consultata da Origene, il parto Verginale fu nascosto appositamente da Dio al Demonio, e ciò fu possibile grazie al matrimonio di Maria con Giuseppe34.
Epifanio di Salamina, riteneva che Cristo fu generato dalla Vergine, senza seme virile, prendendo il suo corpo dalla carne di Maria, e, contro i vangeli apocrifi che affermavano la non verginità della Madonna, egli ribatté con la convinzione che Giuseppe fosse un anziano di ottanta anni, posto al fianco di Maria perché ne fosse custode e garante mentre, i fratelli di Gesù, citati sempre nei vangeli, sarebbero, secondo Epifanio, figli di Giuseppe, avuti dalla precedente moglie da cui poi è rimasto vedovo35.
Gegorio Nazianzeno, padre della chiesa del III secolo, parla di Maria come un "Tempio Verginale". Secondo lui, Maria sarebbe il tempio di Cristo e Cristo, a sua volta, il tempio del Verbo36. Ribadisce inoltre, che Cristo fu generato da "una Vergine intatta", ciò spiegherebbe anche la doppia natura di Dio.
Ambrogio, Vescovo di Milano del IV secolo, ha esaltato la figura di Maria proprio in quanto Vergine e Madre. Secondo lui il parto verginale era il segno tangibile del mistero divino, era l'evento preannunciato dal profeta Isaia, Gesù era generato dalla Vergine, poiché veniva da Dio e dallo Spirito Santo37.
Sulla verginità di Maria, nel IV secolo, nacque una forte controversia che vide protagonista Girolamo, l'uomo più colto del suo tempo, contro gli eretici Elvidio e Gioviniano.
Girolamo scrisse in proposito un vero e proprio trattato di esegesi mariana, intitolato "Sulla verginità perpetua di Maria contro Elvidio"38, in cui si preoccupò di affermare a tal punto l'importanza e la grandezza della partogenesi e l'alto valore della verginità, che per riuscire a scalzare l'avversario, l'eretico Elvidio, che sosteneva l'importanza di ambedue la condizioni per la cristianità, divenne un eccessivo sostenitore della verginità a scapito della dimensione matrimoniale che pur era altrettanto importante per i cristiani.
Al di là di ciò, Evidio affermava che Maria, dovrebbe essere il modello di vita, sia verginale, in quanto fu la sua condizione prima del parto, che di sposa e madre esemplare, poiché tale divenne, non essendo più vergine, dopo il parto39.
Ma Girolamo, con fermezza di opinioni ribatté nei suoi scritti: «La Santa Vergine Maria, la beata Maria, madre e vergine, vergine prima del parto e vergine dopo il parto! Io sono nello stupore perché un vergine è nato da una Vergine e dopo la nascita del vergine la madre è rimasta Vergine»40.
Secondo Agostino di Ippona, del IV, V secolo, il ventre della Vergine, "fecondo e illibato", ha dato alla luce il Cristo. E' una condizione indispensabile per seguire la retta fede, credere nel parto verginale di Maria, nella vergine e Madre, e nella verginità perpetua. Solo così, secondo il vescovo di Ippona, si può cogliere il vero significato dei vangeli, poiché in essi è contenuta la verità di fede della Verginità di Maria, appunto perché il vangelo, è verità41.
Il "concepimento verginale" è il primo tra tutti i dogmi mariani, e sta alla base dell'unione della dottrina mariologica, con un'altra importantissima, quella cristologica.
La Bibbia ebraica offre gli spunti per comprendere i fatti che sono alla base dei dogmi cristiani, allo stesso modo, la conoscenza dei primi scrittori cristiani e dei padri della chiesa, fanno chiarezza sulla figura di Maria, a lungo avvolta nel mistero delle poche scritture a lei dedicate.
La Vergine Maria è tra le figure più importanti di tutti i tempi, poiché essa è parte attiva dell'economia di salvezza, è inserita nella storia di Cristo, poiché essa è la Madre Vergine del Salvatore, Madre degli uomini e della vita stessa.
III. 5. Analogia tra la Vergine e la chiesa.
E' nella seconda metà del IV secolo che, i padri della chiesa, la loro attenzione sulla figura di Maria e su quella della chiesa, a lei collegata.
La Vergine e la chiesa, pur essendo due realtà distinte, tramite la riflessione dei padri della chiesa, verranno intimamente collegate.
Il primo padre della chiesa che si interessò a tale delicato tema mariologico, è Efrem di Siro. Egli può, a ragione, essere considerato gran poeta lirico42, venne infatti soprannominato a suo tempo, "cetra dello Spirito Santo", e meritò inoltre il titolo di "dottore mariano". Secondo Efrem, una forte analogia, lega le due figure, quella di Maria e quella della chiesa, anzi la prima, sarebbe la rappresentazione della seconda. Scrive a tal proposito, Efrem: «La Vergine Maria è il simbolo della Chiesa, allorchè riceve le primizie del vangelo. Ed è a nome della Chiesa che Maria vide Gesù alla risurrezione. Sia benedetto il Signore che ha riempito di gioia Maria e la Chiesa. Noi chiamiamo la Chiesa anche con il nome di Maria. Essa è degna di un duplice nome»43. Maria e la Chiesa, sono inoltre, secondo Efrem, identificabili, poiché le accomuna non solo la voglia di avvicinarsi a Dio, ma anche la capacità di riconoscerlo, di individuare i segni della seconda venuta. Inoltre, mediante l'eucarestia, si svela un'altra analogia tra le due figure, infatti, come la chiesa offre ai fedeli il pane e il vino della salvezza, corpo e sangue di Cristo, Maria ci offre il pane della vita44.
Anche Ambrogio, vescovo di Milano, definisce Maria, tipo o immagine della chiesa e, non solo approfondisce il dogma già espresso da Efrem, ma il suo pensiero diventa basilare per comprendere la tradizione cristiana successiva. Scrive Ambrogio a proposito dell'importante analogia che lega Maria alla chiesa: «Ben dice (il vangelo): sposata ma vergine; perché essa è il tipo della Chiesa, la quale pure è sposata ma rimane immacolata. (La Chiesa) vergine ci ha concepito e vergine ci partorisce senza lamento. E forse per questo santa Maria, sposata a uno (Giuseppe), viene rese feconda da un altro (lo Spirito Santo) , per dimostrare che anche le singole chiese sono fecondate dallo Spirito e dalla grazia, pur essendo unite alla persona di un sacerdote temporale»45.
Ambedue, la chiesa e Maria, sono madri e vergine poiché su di esse, allo stesso modo, è sceso lo Spirito Santo. Inoltre Maria, che ha dato alla luce della vita Cristo, da cui tutto proviene, ha messo al mondo anche la chiesa, e l'umanità intera. L'edificazione della chiesa, è ritenuta infatti, il corpo di cristo.
Nel V secolo, continua ancora il lungo iter che vede la figura di Maria e la dottrina mariologica stessa, prender piede e diventare il punto focale degli studi della patristica. Maria viene considerata una figura di grande importanza, alla stessa stregua della chiesa, che troneggiava sulle comunità cristiane.
Agostino di Ippona, "filosofo e mistico", "poeta e teologo", "scrittore e oratore", raccolse l'eredità del IV secolo, e formulò un nuovo pensiero su Maria e la chiesa e sull'enorme analogia in esse contenute46.
Il posto di Maria, come spiega il vescovo di Ippona, è all'interno della chiesa, anzi a quest'ultima essa è legata da indissolubili e inscindibili legami. La chiesa, secondo il pensiero di Agostino, è più grande di Maria, proprio perché quest'ultima ne è parte integrante, infatti scrive: «Maria è parte della Chiesa, membro santo, membro sovraeminente, ma tuttavia membro del corpo intero. Se è membro del corpo intero, il corpo senza dubbio è superiore a un membro»47.
Cristo è a capo della chiesa e, ogni cristiano, fa parte dello stesso corpo di Cristo, come Maria è un membro del Corpo Santo. Ma la Vergine è anche madre del Capo, e madre delle membra che fondano la chiesa. Ma il vescovo di Ippona, preferisce considerare Maria, non solo come madre del corpo mistico, ma proiettata verso la molteplicità dei fedeli, quindi, la maternità di Maria andrebbe, in tal senso, a coincidere con la maternità della chiesa nei confronti dei credenti48. La chiesa sarebbe a sua volta, secondo tale concezione, vergine e madre come Maria, nella carità, nell'integrità di fede e nella pietà49.
Agostino riprendendo il pensiero di Ambrogio, afferma che "la chiesa sia madre di Cristo" e "Maria l'ha preceduta come figura di essa"50, e scrive inoltre: «Di quanto onore sono degne le membra della Chiesa che custodiscono anche nella carne quella prerogativa che essa nel suo insieme custodisce nella fede, imitando la Madre del suo Sposo e Signore! Infatti anche la Chiesa è ad un tempo vergine e madre. Se no fosse vergine, chi sarebbe colei alla cui integrità noi vegliamo? E se non fosse madre, di chi sarebbero i figli ai quali parliamo? Maria partorì corporalmente il capo di questo corpo, la Chiesa partorisce spiritualmente le membra di quel capo. In ambedue la verginità non impedisce la fecondità; in ambedue la fecondità non toglie la verginità»51.
Mentre Maria è la madre fisica di Cristo, la chiesa è la madre spirituale dei cristiani. Madri ambedue e ambedue vergini, in ciò sta l'analogia tra le due grandi figure, Maria e la chiesa.
Nel VI, VII secolo, la Vergine venne lodata, nelle liturgie, con il titolo di modello della chiesa. La madre chiesa, feconda senza l'intervento dell'uomo, porta in se, impresso, un segno indelebile, quello dell'immagine della madre vergine: Maria.
Uno dei maggiori scrittori del tempo, ritenuto "una delle più eminenti personalità della letteratura universale", fu Isidoro di Siviglia52. Egli presenta Maria come la figura per eccellenza della chiesa e, spesso, nei suoi scritti, tende a identificare la Vergine con la chiesa stessa. Secondo il vescovo di Siviglia, da Maria è nato Cristo, che a sua volta ha fondato la chiesa. Cristo nasce dal ventre immacolato di Maria mentre, i figli di Dio, nascono dalla chiesa e, quindi, Maria precede, nella maternità, la chiesa. Scrive, infatti, Isidoro: «Maria significa la Chiesa la quale, essendo sposata a Cristo, ci ha concepito verginalmente per opera della Spirito Santo e altrettanto verginalmente ci partorisce»53.
Negli scritti sacri, come si è già detto, poco spazio è dedicato alla figura di Maria, nel Nuovo Testamento, poi, essa viene a coincidere con la chiesa, o viene personificata con il nuovo Israele. Soprattutto nel libro dell'Apocalisse, e precisamente nel dodicesimo capitolo, si trova un chiaro riferimento ad una donna, che sottintende però, un'altra importante figura, quella della chiesa. Dal libro dell'Apocalisse: «E un segno grandioso apparve nel cielo: una donna vestita di sole, con una luna sotto i suoi piedi e una corona di dodici stelle sul suo capo: era incinta, e gridava in preda alle doglie e al travaglio del parto» (AP. 12, 1-2).
La donna indicata in questi versi, è la Madre di Cristo e degli uomini, ma è anche la chiesa, che a sua volta è madre dei credenti. Il sole che riveste la donna è Cristo.
Le dodici stelle, rappresentano le virtù, per la Vergine, e gli apostoli, per la chiesa.
La luna sotto i piedi, invece, indica che Maria e la chiesa sono poste sopra ogni cosa mutabile.
La chiesa, è anche la sposa di Cristo, che genera alla grazia e alla gloria, milioni di figli per il regno di Dio, Maria invece, generò il capo e coopera a generare le membra.
Anche chiesa, inoltre, genera le membra attraverso i sacramenti, con l'aiuto di Maria, proclamata da Paolo VI, "Madre della Chiesa".
Hugo Rahner, uno studioso che si è particolarmente interessato a questi versi, spiega che: «Come la luna riceve la sua luce dal sole, così la Chiesa riceve la propria luce da Cristo. La luna che sta sotto i piedi della donna, dice qualcosa sul suo rapporto con la Chiesa. La "donna vestita di sole" non ha soltanto la luna sotto i suoi piedi; il suo capo è adornato da una corona di dodici stelle. Nella simbologia dei numeri che caratterizza l'Apocalisse il numero dodici rimanda al popolo messianico di Dio, il numero simbolico dei segnati»54.
Maria, madre dei Redentore è, la raffigurazione della Chiesa, madre di tutti i redenti.
NOTE AL CAPITOLO
1 L. Gambero, Maria nel pensiero dei padri della Chiesa, Edizioni Paoline, Cinisello Balsamo (MI), 1991, p.1.
2 K. H. Menke, Incarnato nel seno della Vergine Maria, Maria nella storia di Israele e nella Chiesa, Edizioni San. Paolo, Cinisello Balsamo (MI), 2002, p. 20.
3 L. Gambero, op. cit., p. 19.
4 Ibidem.
5 Ivi, p. 16.
6 Lo gnosticismo, è un'eresia del II, III secolo, che tentò di sostituire alla semplice fede, una conoscenza del divino più elevata e perfetta, accessibile solo a pochi.
7 L. Gambero, op. cit., p.16.
8 E. T. Barbier, La patristica, San Paolo, Cinisello Balsamo, 1996, p. 17.
9 L. Gambero, op. cit., p. 41.
10 Ivi, p. 47.
11 Ivi, p. 48.
12 Ibidem.
13 Ivi, p. 49.
14 Ivi, p. 51.
15 Ibidem.
16 Ivi, p. 122.
17 Ivi, p. 131.
18 Ivi, p. 318.
19 Ivi, p. 321.
20 Ibidem.
21 Ivi, p. 322.
22 Ivi, p. 331.
23 Ivi, p. 337.
24 Ivi, p. 338.
25 K. H. Menke, op. cit. , p. 85.
26 Ibidem.
27 E. T. Barbier, La patristica, San Paolo, Cinisello Balsamo, 1996, pp. 26-28.
28 J. N. D. Kelly, Il pensiero cristiano delle origini, società editrice il Mulino, Bologna, 1972, p. 186.
29 L. Gambero, op. cit. , p. 62.
30 Ibidem.
31 J. N. D. Kelly, op. cit., pp. 179-180.
32 L. Gambero, op. cit, p. 73.
33 Ivi, p. 76.
34 Ivi, p. 77.
35 Ivi, p. 130.
36 Ivi, p. 178.
37 Ivi, pp. 212-213.
38 Ivi, p. 227.
39 Ibidem.
40 Ivi, p. 232.
41 Ivi, pp. 244-245.
42 E. T. Barbier, op. cit., p. 78.
43 L. Gambero, op. cit., p. 120.
44 Ivi, p. 121.
45 Ivi, 220.
46 E. T. Barbier, op. cit., p. 67.
47 L. Gambero. op. cit., p. 247.
48 Ivi, p. 249.
49 Ibidem.
50 Ibidem.
51 Ivi, pp. 249-250.
52 Ivi, p. 423.
53 Ivi, p. 427.
54 K. H. Menke, op. cit, pp. 71-72.