Il Cavaliere crociato e il vecchio pastore
Dialogo tra lo spirito e la materia
di Giovanni Sole
Sinossi
Un cavaliere crociato appare col suo destriero dalla fitta nebbia che
avvolge un lago. Scende da cavallo, beve e riprende il cammino a piedi.
Arriva presso un ruscello, si siede per riposare e parla col suo cavallo
del loro continuo errare per il mondo.
Riprende il cammino e attraversa una pianura dove pascola un grande
gregge di pecore controllato da due pastori, i quali al suo passaggio si
fanno il segno della croce. Il cavaliere prosegue il cammino fino a giungere
in un ovile dove un vecchio pastore sta mungendo il latte ad una pecora.
E' ormai quasi notte e il cavaliere chiede ospitalità. L'anziano
pastore gli prende dell’acqua calda e il crociato ristora i suoi piedi
stanchi e sanguinanti. Si alza un vento forte, fa freddo e incomincia a
scendere il buio. I due entrano in casa e il vecchio riscalda il latte
per fare il formaggio. Il cavaliere racconta di avere combattuto dieci
anni in Terra santa per difendere il sepolcro di Cristo e di essere
tornato perché impazzito dopo una sanguinosa battaglia. Il vecchio
rompe la cagliata, ne prende un po’ e la offre allo straniero dicendogli
che si raccontavano molte storie sui cavalieri crociati, sulla loro fama
di santi e di protetti dagli arcangeli Michele e Gabriele. Lo rassicura
sulla sua pazzia, dicendogli che tutti gli uomini santi erano pazzi. Il
pastore sistema con le mani la cagliata nelle piccole ceste di giunco.
Il cavaliere finisce di mangiare e confessa di avere vissuto per un certo
periodo della sua vita pensando solo alle lusinghe e ai piaceri materiali.
Ad un certo punto, però, era partito in Palestina per cercare la
salvezza, poiché lì avrebbe conosciuto la verità dell’inizio
per non avere paura della fine. Il vecchio fa riscaldare il siero per la
ricotta e il cavaliere ricomincia a parlare. Spiega che la sua fede non
è quella che nasce dai sentimenti ma dalla ragione. Gesù
aveva indicato la via della salvezza ma aveva parlato attraverso immagini,
metafore e simboli. Alcuni maestri depositari dei segreti e interpreti
della parola divina, gli avevano raccontato che, in un tempo lontanissimo,
l’anima, venuta a contatto con la materia, era stata sopraffatta ed era
caduta nelle tenebre. La sua nuova fede doveva liberare quindi l'anima
imprigionata dal corpo e avvicinarsi nuovamente alla luce di Dio. Nell’ovile
una pecora sta dando alla luce un agnello. Il vecchio comincia a prendere
la ricotta che affiora dal paiolo e il cavaliere gli dice di non poter
rivelare il modo in cui liberare lo spirito dalla materia, poiché
non si poteva dare ciò che era sacro a dei profani. Il vecchio sistema
la ricotta nelle formelle, e ne offre un po’ al cavaliere il quale la mangia
avidamente con le mani. Apparecchia anche per lui e si siede a tavola per
cenare. Nell'ovile la pecora si corica su un fianco contraendosi. Il cavaliere
ripensa alla possibilità di rivelare alcuni segreti poiché
in fondo, essendo considerato pazzo, anche i suoi discorsi sarebbero stati
senza senso. Spiega che l'uomo, per raggiungere la luce di Dio, deve conoscere
se stesso e fondere insieme gli elementi contrari che sono dentro di lui.
Se gli opposti fossero stati in concordia, se fossero stati una cosa sola,
allora l’uomo non avrebbe avuto più segreti e sarebbe diventato
perfetto. Il vecchio non sembra colpito dalle parole del cavaliere, il
quale pensa di non essere stato compreso. E’ ormai calata la notte e il
pastore mentre guarda dalla finestra, dice al cavaliere che la luce della
sua fede non è sufficiente a illuminare il sentiero nella notte
fonda e che le pecore vedono anche nel buio; che l’uomo avrebbe dovuto
smettere di voler essere come Gesù Cristo e di pensare sempre con
ansia alla morte; che avrebbe dovuto accontentarsi di quello che era e
di quello che aveva. Avere da mangiare, da bere e panni caldi d'inverno,
questa era la vera felicità. Gli uomini volevano troppo e per questo
erano sempre in viaggio, ma camminavano per poter poi riposare. Il vecchio
si gira verso il cavaliere aspettando una risposta, ma questi sta dormendo;
gli si avvicina, gli rimbocca con cura le coperte e lo accarezza dolcemente.
Fuori è buio, le stelle risplendono e la luna rischiara la notte.
La pecora che ha dato alla luce l'agnello, lo lecca amorevolmente e questi,
barcollando, d’istinto si aggrappa alla mammella per succhiare il latte.
Nella casa il lume ad olio si spegne.
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Sceneggiatura
ESTERNO GIORNO. LAGO.
Lungo una pianura ai piedi di grandi montagne si vede un cavaliere che monta un cavallo bianco il quale ha una corona d’oro sulla testa. Il cavaliere ha in mano un arco e veste un mantello bianco e una maschera bianca.
ESTERNO GIORNO. MARE.
Lungo la riva del mare si vede un cavaliere che monta un cavallo rosso il quale ha una corona d’oro sulla testa. Il cavaliere ha in mano un grande spada e veste un mantello rosso e una maschera rossa.
VOCE FUORI CAMPO: E quand’ebbe aperto il secondo sigillo, udii il secondo animale dire “Vieni”. E uscì un altro cavallo, rosso. E a colui che vi stava sopra fu dato di togliere dalla terra la pace e che la gente l’un l’altro si ammazzino, e a lui fu consegnata una spada grande.
ESTERNO GIORNO. LAGO.
Lungo le rive di un lago si vede un cavaliere che monta un cavallo nero il quale ha una corona d’oro sulla testa. Il cavaliere ha in mano una bilancia e veste un mantello nero e una maschera nera.
VOCE FUORI CAMPO: E all’apertura del terzo sigillo, udii il terzo animale dire: “Vieni e guarda”. Ed ecco un cavallo nero e chi vi stava sopra teneva in mano una bilancia. E udii come una voce dal gruppo dei quattro animali dire “Una misura di frumento a un denaro, tre misure d’orzo a un denaro, ma il vino e l’olio non invilirli”
ESTERNO GIORNO. COLLINA.
Lungo una collina si vede un cavaliere che monta un cavallo bianco scialbo il quale veste un mantello nero e una maschera bianca.
VOCE FUORI CAMPO: E quando aprì il
quarto sigillo, udii la voce del quarto animale dire: “Vieni”. Guardai, ed
ecco un cavallo bianco scialbo, e chi vi stava sopra si chiama Morte, e la
accompagnava l’Inferno. E loro fu dato il potere sopra un quarto della terra,
e di uccidere con la spada la fame la peste e le belve della terra.
ESTERNO GIORNO. CROCEVIA.
I quattro cavalieri, ognuno camminando per una via diversa, si incontrano ad un incrocio, si guardano, si salutano con una mano e poi si mettono l’uno accanto all’altro e cominciano a camminare.
VOCE FUORI CAMPO: Quando aprì il quinto sigillo, vidi sotto l’altare
le anime di quanti furono uccisi in virtù della parola di Dio e della
testimonianza che ne avean fatta. E gridavano forte dicendo: “Fino a quando, o
Signore il santo e il verace, ti asterrai dal dare giudizio e vendicare il
nostro sangue contro coloro che abitano la terra?. E fu data a ciascun d’essi
una stola bianca, e fu detto loro d’aspettare un breve tempo, fino a compiere
il numero dei loro compagni di servaggio, i fratelli loro che anch’esii
debbono essere sacrificati.
E vidi come fu aperto il sesto sigillo; nacque un gran terremoto e il
sole si fece nero come un sacco di crine, e la luna tutta quasi di sangue; e le
stelle del cielo caddero sulla terra come il fico getta i suoi frutti acerbi
quando è scosso da un gran vento; e il cielo si restrinse come un libro che
s’avvolge; e ogni montagna e ogni isola si spostavano dai loro luoghi; e i re della terra, e i primati e i potenti
e i ricconi e i forti e ogni schiavo e ogni libero si nascosero entro grotte e
tra le rupi dei monti, e dicono ai monti e alle rupi: “Cadete su di noi e
nascondeteci alla vista di colui che siede sul trono, e all’ira
dell’Agnello; perché è venuto il gran giorno della loro collera; e chi può
resistere?.
E quand’ebbe aperto il settimo sigillo, fu silenzio in cielo per forse
mezz’ora. E vidi i sette angeli che stanno di fronte a Dio, e furon date loro
sette trombe…
E i sette angeli che avevano le sette trombe si prepararono a sonare.
Il primo sonò, e cadde grandine e fuoco commisti con sangue e furono
rovesciati sulla terra: una terza parte della terra fu arsa, una terza parte
degli alberi fu arsa, ogni pascolo verde fu arso.
E il secondo angelo sonò: e quasi una montagna grande di fuoco fu
lanciata nel mare: allora una terza parte del mare diventò sangue, e morì la
terza parte delle creature marine animate, e la terza parte delle navi andò
distrutta.
E il terso angelo sonò: precipitò dal cielo una stella grande accesa
come una fiaccola, e cadde nella terza parte dei fiumi e alle sorgenti delle
acque. Il nome di questa stella è Assenzio. E una terza parte delle acque si
mutò in assenzio; e molti degli uomini morirono di quelle acque perché
s’erano fatte amare.
E il quarto angelo sonò e fu colpita la terza parte del sole e la terza parte della luna e la terza parte delle stelle, così che la terza parte di esse si ottenebrasse e il giorno perdesse un terzo del suo chiarore, e il simile la notte.
E vidi e udii un’aquila volare in mezzo al cielo dicendo a gran voce:
“Guai guai guai agli abitatori della terra, per i rimanenti suoni di tromba
dei tre angeli, che stanno per squillare.
E il quinto angelo sonò: e vidi che
una stella era caduta dal cielo sulla terra, e le fu data la chiave del pozzo
dell’abisso. Aperse il pozzo dell’abisso: e salì fumo dal pozzo, quasi il
fumo di una fornace grande, e per il fumo del pozzo s’offuscò il sole e
l’aria. E dal fumo uscirono fuori per la terra locuste, e fu data loro una
facoltà simile a quella degli scorpioni di terra. E fu prescritto di non far
danno all’erba della terra né a tutto ciò che è verde né ad albero alcuno,
ma solo agli uomini che non hanno l’impronta di Dio sulla fronte. E fu
commesso loro di non ucciderli, ma tormentarli per cinque mesi. E il tormento
loro fosse quale il tormento dello scorpione
quando punge un uomo.. In quei giorni gli uomini cercheranno la morte e non la
troveranno, brameranno morire e la morte li fuggirà.
E io Giovanni, sono colui che vidi e
udii queste cose, e quando le ebbi udite e vedute, caddi prostrato ai piedi
dell’angelo che me rivelava.
E mi dice: Non suggellare le parole profetiche di questo libro: perché il tempo è vicino.Che l’ingiusto compia ancora ingiustizia, e il sordido ancora insudici e il giusto continui a rendere giustizia e il santo a santificare. Ecco io tosto arrivo, e con me la mia mercede per dare a ciascuno secondo il suo operato. Io sono l’alfa e l’omega, il primo e l’ultimo, il cominciamento e la fine.
E quando saranno compiuti mille anni, Satana sarà slegato e tolto di prigione e andrà attorno a traviare la gente dei quattro angoli della terra, e circondarono i quartiere dei santi e la città del loro cuore. Allora dal Dio del cielo venne un fuoco e li divorò. E il loro seduttore il diavolo fu gettato nel lago di fuoco e di solfo ove già erano la bestia e il falso profeta e saranno tormentati giorno e notte per i secoli dei secoli.
E vidi un trono grande bianco e
colui che vi stava assiso, quello dal cui volto fuggirono terra e cielo né si
trovò più luogo per essi. E vidi i morti, i grandi e i piccoli, starsene di
fronte al trono, e libri furono aperti, e un altro libro ancora, quello della
vita; e i morti furono giudicati da quanto nei libri stava scritto intorno alle
loro azioni. E il mare diede i morti che conteneva, e la Morte e l’Ade diedero
i morti loro, e ciascuno fu giudicato secondo quanto aveva fatto. E la Morte e
l’Inferno furono gettati nel lago di fuoco. E se taluno non si trovò scritto
nel libro della vita, fu gettato nel lago di fuoco.
E’ caduta è caduta Babilonia la grande, e s’è
fatta dimora di diavoli e rifugio d’ogni turpe spirito e nido d’ogni immondo
e spregevole uccello, dacchè del vino dell’ira della sua fornicazione han
bevuto tutti i popoli, e i re della terra con essa hanno fornicato, e i mercanti
della terra si sono fatti ricchi per l’effetto delle sue intemperanze.
1. ESTERNO GIORNO. LAGO DI MONTAGNA
Sul lago di mattina presto c’è una fitta nebbia che si perde
a tratti nel bosco di pini. Si sente un nitrito e appare un uomo su un
destriero bianco il quale cammina lentamente e con grande maestosità.
E’ un cavaliere crociato, con la tonsura e la barba corta. Indossa
dei vestiti logori e sporchi, un lungo e pesante mantello bianco, una casacca
dello stesso colore che arriva sino alle ginocchia con una croce rossa
all’altezza del petto, brache di lana e stivali di cuoio a punta. Al fianco
destro, attaccato al cinturone, porta uno spadone infilato
nel fodero. Si ferma lungo la riva del lago, scende da cavallo e si disseta
con le mani. Si rialza, accarezza dolcemente il suo animale stanco, si
guarda intorno e prosegue il cammino a piedi tirando l’animale con le briglie.
2) (1.aggiunta)ESTERNO GIORNO. PIANURA.
Il cavaliere sta attraversando una pianura coperta da margherite. Tutt'intorno
ci sono capre che pascolano e cani che corrono per tenerle a bada. Il cavaliere
si guarda intorno come se avesse visto qualcosa. Si sente in lontananza
una canzone dervisci cantata da una donna. Il cavaliere si ferma,
infilza lo spadone sulla terra e comincia a ballare lentamente allargando
le braccia. Il tono e il ritmo della musica crescono e il cavaliere inizia
a girare su se stesso vorticosamente fino a cadere a terra per lo sfinimento.
3) (1.aggiunta) ESTERNO GIORNO. RUSCELLO.
Cavaliere: A volte vorrei essere
un cavallo come te. Voi cavalli non avete problemi di salvezza. Mangiate,
bevete e dormite.
Il cavallo scalcia e si gira a guardarlo.
Cavaliere: Ho conosciuto alcuni uomini
i quali pensano che noi siamo fatti di atomi e che non siamo diversi dalle
bestie, dalle piante e dalle pietre.
Tutto ciò è una grande sciocchezza.
Il cavaliere scuote la testa. Il cavaliere volge lo sguardo verso un
grande albero.
Lo indica con un dito.
Cavaliere: Quel grande albero è
lì da almeno un centinaio di anni, non ha mai viaggiato, non ha
mai combattuto, non ha mai pregato, non ha mai avuto pensieri. Sta lì
e basta.
Noi uomini non siamo un prodotto della natura, ma del divino,
noi non ci accontentiamo di mangiare e dormire. Vogliamo andare oltre.
A noi uomini non ci interessa questa vita, ma quella futura.
Il cavallo scuote la testa.
4) (1.aggiunta) ESTERNO GIORNO. CASETTA IN PIETRA.
Un pezzo di legno viene trasportato dalla corrente di un ruscello che
attraversa una grande pianura verde. Alcuni bambini a piedi nudi e con
vestiti laceri, cercano di colpirlo con delle pietre. Poco lontano una
bellissima donna dagli occhi neri e dai capelli corvini raccoglie dei rami
e li lega con delle corde dopo averli tagliati con un'accetta. Il cavaliere,
poco distante, seduto su una pietra, guarda la scena dei bambini. Una bambina
si gira, lo guarda e con un gesto della mano lo invita ad andare a giocare.
Il cavaliere ha lo sguardo perso. Una mano tocca il suo braccio. E' la
donna che gli porge una brocca. Il cavaliere comincia a bere.
Donna: Siete voi il cavaliere bianco
e dalla croce rossa che attraversa da tanto tempo lungo queste montagne?
Il cavaliere smette di bere e si gira a guardare la donna.
Cavaliere: Si, forse quell'uomo sono
io.
Uno dei bambini riesce a colpire il pezzo di legno e comincia a saltare
dalla gioia.
La bambina si gira verso il cavaliere e applaude. Il cavaliere accenna
un sorriso.
Donna: Non siete stanco di questo
continuo errare?
Cavaliere: Io non posso rimanere
a contemplare tutto ciò che accade nel mondo, non esiste un posto
della terra dove posso stare fermo. Tommaso nel suo Vangelo ha scritto:
"Gesù disse…se vi domandano: "quale segno del vostro padre è
in voi?", rispondete loro: "è un movimento e una quiete".
La donna lo guarda con un'espressione dolce. Il cavaliere ricomincia
a parlare.
Cavaliere: Gli uomini per riuscire
a fermarsi, per ritrovare la propria anima e per dare delle risposte al
proprio essere sono costretti ad errare senza tregua. Proprio perché
desiderano riuscire a fermarsi sono condannati a stare sempre in movimento.
Donna: I pellegrini che attraversano
il deserto e che navigano nel mare aperto e senza orizzonti non riusciranno
mai ad appagare interamente i loro desideri, poiché quella conoscenza
che cercano si estende al di là dei limiti del pensiero e dell'agire
umano.
Il cavaliere si gira e guarda anch'egli la donna con occhi dolci e
con un leggerissimo sorriso.
Cavaliere: Donna, terrò a mente queste tue parole e forse un giorno troverò il tempo per fermarmi e giocare insieme a loro.
2. ESTERNO GIORNO. RUSCELLO
Il sole è alto. Il cavaliere arriva presso una radura dove scorre
un ruscello e si ferma per riposare. Si siede su una pietra e parla col
suo cavallo che si sta abbeverando.
Cavaliere: Amico mio, lo so che sei
stanco di questo continuo errare. E' da due mesi che viaggiamo e non sappiamo
dove andare. Il fatto è che noi non camminiamo per arrivare ad una
meta poiché è il cammino la nostra meta.
Il cavallo scuote la testa come se avesse capito ciò che sta
dicendo.
3. ESTERNO GIORNO. PRATO
E' pomeriggio. Il cavaliere avanza attraversando un immenso prato dove
due pastori, avvolti in dei lunghi mantelli neri e con cappelli di cuoio
a falde larghe in testa, guardano un gregge di pecore
che pascola. I cani stanno ai lati degli animali per tenerli uniti. Il
cavaliere passa vicino alle pecore e ai pastori, i quali lo guardano con
una espressione di sorpresa. Uno di loro si toglie il cappello e lo poggia
al petto, l’altro si fa il segno della croce.
Il cavaliere li guarda e prosegue.
4. ESTERNO GIORNO. COLLINA
Il cavaliere cammina lungo un viottolo sul cui sfondo si vede un ovile.
5. ESTERNO GIORNO. OVILE
Il sole sta tramontando. L’ovile è incassato su una parete rocciosa.
Il recinto è di legno, la copertura, di pali e frasche intrecciate,
la lettiera, di paglia di grano. La casa dentro l'ovile è in pietra
e davanti ad essa c'è un tavolo di legno con delle panche. Poco
lontano sono appese ad una corda delle pelli e in basso dei sacchi
di lana. Un vecchio pastore, seduto su uno sgabello di legno, sta mungendo
il latte da una pecora. Indossa una logora maglia di lana, una giacchetta,
un pantalone corto e scarpe di cuoio intrecciate con lacci su spesse calze
di lana. Con le mani comprime energicamente il capezzolo dell’animale e
le parla.
Vecchio: Ho quasi finito. Un po’
di pazienza.
Alcune pecore escono dal recinto e si avvicinano al pastore belando.
L’uomo le sgrida scagliando verso di loro una pietra.
Vecchio: Urrià.
I cani si alzano, abbaiano e le pecore ritornano nel recinto.
Il cavaliere apre il cancello, il vecchio alza la testa e lo guarda.
E’ magrissimo, ha i capelli bianchi, gli occhi azzurri e la barba incolta.
Cavaliere: Vecchio, ho camminato
per tutto il giorno. Il mio cavallo è stremato e ho un piede
che mi sanguina. Ti chiedo, in nome della carità cristiana, di ospitarmi.
Il vecchio guarda l’uomo con i suoi occhi profondi e indica la casa
con un cenno della testa.
Vecchio: Sedetevi, vado a prendere
dell’acqua.
Il cavaliere lega le briglie del cavallo ad un palo, si toglie il mantello,
si slaccia il cinturone e si siede su una panca vicino al tavolo. Il pastore
spinge la pecora verso il recinto con una mano, si alza, prende il secchio
pieno di latte e lo ripone davanti alla porta di casa coprendolo con un
coperchio di legno. Apre la porta ed entra.
6. INTERNO GIORNO. CASA DELL’OVILE
La stanza è modesta. Al centro c'è un tavolo con
due sedie di paglia. Su uno scaffale si vedono formaggi dalla forma cilindrica
e dalla crosta bianca. Tutt'intorno sono appese ceste di giunco, paioli
di diversa dimensione e attrezzi per la preparazione del formaggio. Dal
soffitto pendono due pancette e una borsa di pelle. Il camino è
acceso e sul fuoco è posto un grande paiolo di rame dove c’è
dell’acqua che bolle. Il vecchio prende una ciotola e riempie d’acqua calda
un mastello di legno. Con un orciolo vi aggiunge un po’ di acqua fredda
per stemperarla, quindi prende il mastello ed esce.
7. ESTERNO GIORNO. OVILE
Il vecchio esce dalla casa e si sistema il mastello fumante davanti
al cavaliere che si sfila gli stivali e le calze e immerge i piedi. Si
china e massaggia un piede con le mani. Sul suo volto si legge un’espressione
di grande sollievo. Il vecchio dà un po’ di biada al cavallo, prende
uno straccio e lo porge al cavaliere, il quale lo guarda impassibile. Il
sole è tramontato. Il vento muove le foglie degli alberi e il fumo
che fuoriesce dal comignolo. Il vecchio si rivolge al cavaliere.
Vecchio: Signore, entrate dentro.
Qui tra poco scenderà la notte e farà molto freddo.
Il vecchio prende il mantello e il cinturone ed entra in casa seguito
dal cavaliere.
8. INTERNO GIORNO. CASA DELL'OVILE
Il vecchio appende il mantello e il cinturone ad un grande chiodo conficcato
nel muro, quindi prende una pesante coperta rattoppata e gliela porge.
Vecchio: Sistematevi su quel letto.
Il cavaliere prende la coperta, si siede sul letto basso posto nell’angolo
più buio della stanza e si copre fino al ventre. Il vecchio, servendosi
di un pezzetto di legno, accende un lume ad olio, poi attizza il fuoco
del camino ed esce dalla casa. Il cavaliere guarda il gioco di ombre provocate
dal fuoco e dal lume.
9. ESTERNO GIORNO. OVILE
Il vecchio prende il secchio del latte ed entra in casa.
10. INTERNO GIORNO. CASA DELL’OVILE
Il vecchio entra dentro, posa il secchio in un angolo, accosta la porta
e la sbarra con un ferro. Svuota il paiolo dell’acqua calda versandola
in un recipiente, lo rimette sul fuoco, prende un altro secchio pieno di
latte e lo versa dentro il paiolo per farlo scaldare. Con un mestolo di
legno comincia lentamente a girare.
11. ESTERNO GIORNO. OVILE.
Il cavallo sta mangiando la biada. Le pecore, ammassate l’una sull’altra,
riposano.
12. ESTERNO NOTTE. CASA DELL’OVILE.
Il vecchio stacca la borsa di pelle che pende dal soffitto, la apre,
prende un pezzo di caglio, lo mette in una pezzuola e lo immerge in una
ciotola piena di acqua calda. Il latte sul fuoco è ormai caldo,
il vecchio rimbocca la manica destra della maglia e immerge il gomito dentro
il paiolo per sentire la temperatura. Prende la ciotola del caglio, ne
versa il contenuto nel paiolo e inizia a rimescolare lentamente.
13. ESTERNO NOTTE. OVILE.
E' notte. Le stelle risplendono nel cielo. Dalla casa dell'ovile si
vede il chiarore del fuoco e il fumo che esce dal comignolo. Nell'ovile
una pecora batte le zampe ed emette belati modulati.
14. INTERNO NOTTE. CASA DELL'OVILE.
Il vecchio prende il paiolo, lo sposta nella parte del camino dove
non arde il fuoco e lo copre con uno straccio. Il cavaliere seduto sul
letto guarda il vecchio.
Cavaliere: Sono un cavaliere crociato e vengo dalla TerraSanta dove ho combattuto dieci anni per difendere la patria di nostro Signore Gesù Cristo.
15. ESTERNO NOTTE. OVILE.
La pecora è irrequieta. Continua a battere le zampe e
a belare, poi si corica su un fianco contraendosi. E' gravida.
16. INTERNO NOTTE. CASA DELL’OVILE.
Il cavaliere sta parlando.
Cavaliere: Sono tornato perché
così mi è stato ordinato. In dieci lunghi anni non ho mai
procurato afflizioni ai miei maestri e ho vissuto sempre nell’umiltà
e nel sacrificio. Ero un cavaliere mite e coraggioso, ma un giorno qualcosa
è cambiato. E' in una mattina d'estate che sono diventato pazzo.
La battaglia durava ininterrottamente da diversi giorni e per le strade
e le piazze della città i morti erano tanti che, per non intralciare
il duello, cristiani e mussulmani li facevamo bollire in delle grandi caldaie.
Dovunque si vedevano mucchi di teste, mani e piedi tagliati e l’odore acre
del sangue sovrastava sul vento del deserto. Ho perso la ragione e da allora
la mia mente si è come offuscata, ha incominciato ad errare
per i deserti dell’anima e spesso si smarrisce. L’angoscia dentro di me
è densa come la nebbia e il disorientamento è così
forte e improvviso che non riesco più a vedere la luce che avevo
ritrovato dopo anni di lungo cammino.
Il latte si è coagulato e il vecchio, facendo una leggera pressione
con il dorso della mano sulla superficie della cagliata, ne controlla la
consistenza. Prende quindi un bastone e procede allo sminuzzamento in modo
da ottenere dei granuli molti piccoli. Con due stracci toglie il paiolo
dal camino e lo poggia su un ceppo. Immerge con cura le mani nel
paiolo, raccoglie un po’ di pasta e la mette in una coppa di creta dove
ci sono delle olive. Prende un pane nero, lo pulisce con le mani, ne stacca
un pezzo, lo mette nel piatto e lo offre al cavaliere.
Il cavaliere prende il piatto e abbassa lo sguardo. Il vecchio
raccoglie la cagliata nel paiolo e la sistema in delle piccole ceste di
giunco intrecciate con arte. Inizia a parlare senza smettere di lavorare.
Vecchio: Si raccontano molte storie
sui cavalieri crociati. Si dice che in battaglia lottate come leoni e che
le frecce scagliate contro di voi dai saraceni non vi colpiscono perché
gli arcangeli Michele e Gabriele le deviano. Si dice pure che siete uomini
santi, capaci di trovarvi contemporaneamente in due posti, di volare da
una parte all'altra e di compiere altre cose meravigliose.
Il vecchio si gira verso il cavaliere.
Vecchio: Mangiate e non datevi pena
per la vostra pazzia, dicono che tutti gli uomini santi sono pazzi.
Il cavaliere lo guarda un po’ rassicurato e comincia a mangiare
con le mani.
17. ESTERNO NOTTE. OVILE
La pecora si contrae sempre di più.
18. INTERNO NOTTE. CASA DELL’OVILE
Il vecchio preme con forza la cagliata e dalle ceste esce il liquido
che scorre su di un tavolo inclinato per andare a finire in un secchio
posto a terra. Pulisce le mani con uno straccio, attizza il fuoco e aggiunge
della legna che arde e scoppietta. Il cavaliere ha finito di mangiare,
poggia il piatto sulle gambe e guarda il vecchio.
Cavaliere: Ho vissuto per molti anni
interessandomi solo ai piaceri e alle lusinghe del mondo, avevo sempre
l'animo malinconico e così ho deciso di mettermi in viaggio ed errare
per il mondo. Nella terra del Nazareno, dove imperversava la battaglia,
e dove un nuovo spirito si propagava come un’apocalisse, avrei conosciuto
me stesso e trovato tutte le risposte che cercavo. Lì, nel luogo
dove la vita conviveva con la morte, dove il bene conviveva con il male
e dove l’amore conviveva con l’odio, avrei conosciuto il principio
e non avrei più avuto paura della fine.
La cagliata ha smesso di sgocciolare da sotto le formelle di giunco.
Il vecchio prende il secchio e versa il siero nel paiolo filtrandolo con
un cesto di giunco vuoto. Prende il paiolo e lo sistema sul fuoco per preparare
la ricotta. Il cavaliere riprende a parlare.
Cavaliere: Vi sono due modi per avere
fede: la prima è quella che nasce dai sentimenti, la seconda è
quella che nasce dalla ragione. Io e tanti miei compagni abbiamo scelto
quella della ragione. Gesù è sceso sulla terra e ha parlato,
ma non si è manifestato per come realmente era. Ha rivelato le cose
dimenticate dagli uomini e ha offerto ad essi la possibilità di
conoscersi e di salvarsi, ma ha parlato non con le parole chiare, bensì
attraverso i simboli, le immagini, le metafore. E' così che ognuno
lo ha visto a modo suo: i bambini bambino, i saggi saggio, i buoni buono,
i nemici nemico.
In Palestina ho incontrato maestri che conoscono il segreto delle
parole dette dal Nazareno. Da loro ho appreso che in un tempo lontanissimo,
l’anima, venuta a contatto con la materia, è stata sopraffatta da
essa, è caduta nelle tenebre ed è diventata schiava del male.
Le anime che sono nell’universo sono sempre meno perfette man mano che
si allontanano da Dio. Gli arconti, esseri del male, hanno gettato gli
uomini nel mondo della materia affinché non fossero preoccupati
di nient’altro che degli affari della vita e non avessero tempo per dedicarsi
allo spirito. Gli arconti vogliono la completa ignoranza dell’uomo nei
confronti della verità e così facendo negano ad esso la possibilità
di avere una vita immortale. Io e i miei fratelli vogliamo liberare l’anima
schiava degli arconti, e avvicinarci nuovamente alla luce e alla perfezione
di Dio. Non possiamo non fare quello che facciamo perché l’anima,
essendo spirituale, non è degna di rimanere nel corpo.
19. ESTERNO NOTTE. OVILE
La pecora gravida sta partorendo. Le altre pecore assistono al parto
e vedono il piccolo venire alla luce.
20. INTERNO NOTTE. CASA DELL’OVILE
Il vecchio attizza il fuoco e con un bastone gira il siero nel paiolo
per evitare che si formino dei depositi sul fondo e vi aggiunge un po’
di latte freddo.
Comincia ad affiorare la ricotta simile a fiocchi di neve e il vecchio
vi versa un po’ di acqua fredda. Il cavaliere riprende a parlare e sorride.
Cavaliere: Come facciamo noi a liberare
lo spirito dalla materia? Se tu mi chiedessi di svelarti ciò
io ti risponderei nel modo in cui Tommaso ha risposto ai discepoli quando
gli chiedevano cosa aveva detto Gesù: “Se vi dico una sola delle
parole che egli mi ha detto, voi prenderete delle pietre e le scaglierete,
e un fuoco uscirà dalle pietre e vi brucerà”.
Il cavaliere si fa nuovamente serio.
Cavaliere: Noi non possiamo dare
ciò che è sacro ai profani, non possiamo rivelare i misteri
a coloro che non ne sono degni.
Il vecchio, che era di spalle, si gira e lo guarda. Toglie quindi il
paiolo dal fuoco ed estrae con una schiumarola di legno la ricotta riponendola
dentro piccole formelle di giunco. Prende una palla di ricotta, la sparge
con un cucchiaio di legno per farla raffreddare e la offre al cavaliere
il quale riprende a mangiare avidamente con le mani.
Il vecchio mette un po’ di ricotta in una ciotola che pone sul tavolo.
Versa un po’ di vino in un boccale e stacca un pezzo di pane nero. Si siede
e comincia a mangiare. Il cavaliere posa il piatto per terra e guarda il
vecchio.
Cavaliere: Noi maestri perfetti non
possiamo rivelare il segreto ma io sono pazzo e posso farlo. Un pazzo può
dire tutto ciò che vuole perché ciò che dice è
senza senso.
Il vecchio lo guarda ma poi riprende a mangiare mostrando di non essere
molto interessato alle rivelazioni del cavaliere. Questi guarda il vecchio
che mangia con gli occhi chiusi.
Cavaliere: Il primo passo per conoscere
la verità è conoscere noi stessi, poiché solo la conoscenza
di se è l’inizio della perfezione e della luce. L’ignoranza di noi
stessi è quindi l'imperfezione e le tenebre. Quando l’uomo scopre
la sua interiorità potrà estraniarsi dalla materia ed unirsi
a Dio. Quel giorno avrà la vita eterna.
Il vecchio continua a mangiare.
Cavaliere: Che vuol dire conoscere
noi stessi? Quando capiremo che saremo diventati perfetti? E’ semplice
e difficile allo stesso tempo. Quando faremo in modo che due siano uno,
che l’interno sia come l’esterno e l’esterno come l’interno, l’alto come
il basso e il basso come l'altro. Quando faremo del maschio e della femmina
una cosa sola, cosicché il maschio non sia più maschio e
la femmina non sia più femmina, e quando metteremo un occhio al
posto di un occhio e una mano al posto di una mano e un piede al posto
di un piede, e un’immagine al posto di un’immagine.
Il vecchio lo guarda e riprende a mangiare. Il cavaliere ha il tono
di chi sta spiegando qualcosa.
Cavaliere: Gli uomini sono composti
da elementi contrari e la loro perfezione sarà tale solo se si arriverà
alla fusione di essi. Quando gli opposti staranno insieme in concordia,
quando saranno una cosa sola, allora non ci saranno più
segreti da scoprire e saremo diventati perfetti.
Il vecchio lo guarda e continua a mangiare. Il cavaliere ha un'espressione
di rassegnazione, si sdraia sul letto e ripone la testa sul cuscino un
po’ sconsolato.
Cavaliere: So che non puoi capire il significato di queste cose. Esse sono parole comprensibili solo da persone elette, che stanno al di là dei mortali.
21. ESTERNO NOTTE. OVILE
Si vede la luce flebile che proviene dal lume ad olio e dal camino
della casa. La pecora lecca amorevolmente l'agnello che ha dato alla luce.
22. INTERNO NOTTE. CASA DELL’OVILE
Il vecchio sta guardando verso l’ovile. Il crociato è coricato
su un lato.
Vecchio: Signore, avete molta luce
nell’anima, ma essa non è sufficiente ad illuminare il sentiero
nella notte fonda. Le pecore che stanno fuori dall’ovile vedono anche
nel buio e possono pascolare anche di notte. Io non capisco perché
gli uomini vogliono somigliare a Gesù. Forse è perché
soffrono di non essere come Lui? Non capisco neanche perché sono
ansiosi di conoscere la morte. Se siamo vivi non la possiamo conoscere
e quando la conosceremo, non ci saremo più. Accontentiamoci di essere
quello che siamo e accontentiamoci di quello che abbiamo. Avere da mangiare,
da bere e dei panni pesanti per coprirmi dal freddo d’inverno, questa è
la vera felicità. Gli uomini vogliono troppo e per questo sono sempre
in viaggio, ma sono sicuro che camminano per poter poi riposare.
Il vecchio si volta verso il cavaliere come ad aspettare una
risposta. Poi gli si avvicina e si accorge che sta dormendo. Lo guarda
con affetto, gli rimbocca con cura la coperta e gli accarezza amorevolmente
la testa.
23. ESTERNO NOTTE. OVILE.
Le stelle e la luna illuminano il cielo. L'agnello si alza in piedi
e d’istinto va verso i capezzoli della madre per suggere il latte.
Il chiarore che proviene dal lume della casa si spegne di colpo.
FINE
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Dialogo tra lo spirito e la materia
Il film pone a confronto il pensiero di un cavaliere crociato, di matrice
chiaramente gnostica, con il pensiero di un vecchio pastore, in cui si
riscontrano elementi epicurei.
Il cavaliere ha una visione filosofica della fede poiché non
racconta delle storie ma fa dei ragionamenti. Spiega al vecchio che esiste
una fede che nasce dal sentimento e una che nasce dalla ragione. Gesù,
con la rivelazione delle verità dimenticate, aveva offerto all'uomo
la possibilità di conoscere e salvarsi. Le sue parole e il suo esempio
lo avevano liberato dall’ignoranza della propria origine divina,
permettendogli di riprendere conoscenza e di ritornare alla perfezione
dell’inizio.
Nel suo errare sulla terra, Cristo aveva espresso però il suo
pensiero attraverso simboli, immagini e metafore, e ciò aveva fatto
sì che ogni uomo e ogni donna lo avessero visto e interpretato a
loro modo: era apparso vecchio ai vecchi, bambino ai bambini, santo ai
santi, uomo agli uomini, nemico ai nemici.
In Palestina, grazie ad alcuni maestri perfetti, depositari delle rivelazioni
del Nazareno, il cavaliere aveva appreso le verità segrete. In un
tempo lontanissimo, l’anima, venuta a contatto con la materia, era stata
sopraffatta da essa, era caduta nelle tenebre, ed era diventata schiava
del male. Le anime che erano nell’universo erano sempre meno perfette man
mano che si allontanavano da Dio. Gli arconti, esseri del male, avevano
gettato gli uomini nel mondo della materia affinché non fossero
preoccupati di nient’altro che degli affari della vita e non avessero tempo
per dedicarsi allo spirito. In tal modo li mantenevano nella più
completa ignoranza nei confronti della verità e gli negavano la
possibilità di avere una vita eterna.
I maestri perfetti si proponevano di liberare l’anima dal corpo per
farla avvicinare nuovamente alla luce e alla perfezione di Dio. Per conoscere
il divino in sé, l'uomo doveva in primo luogo abbandonare la propria
patria e la propria famiglia ed errare per il mondo. Sperimentando la tristezza
e l'angoscia dell'universo terreno avrebbe capito che il suo corpo era
consumato dalla materia e dalle passioni. Il dolore e il sacrificio avrebbero
spazzato via l'oblio e liberato l'anima dalle catene che la tenevano legata
al corpo.
L'uomo avrebbe potuto raggiungere la verità solo dopo aver ritrovato
se stesso nell'unità. Quando il maschio e la femmina fossero diventati
una cosa sola e quando l'alto fosse diventato come il basso, l'uomo sarebbe
diventato perfetto. Gli uomini erano composti da elementi contrari e la
loro perfezione sarebbe stata tale solo se avesse realizzato la fusione
di essi. Quando gli opposti fossero stati insieme in concordia, quando
fossero stati un tutt’uno, allora si sarebbe ritrovata l'unità primordiale,
non ci sarebbero stati più segreti da scoprire e si sarebbe raggiunta
la conoscenza.
Il vecchio contrappone a quella del cavaliere un'altra visione filosofica.
L’uomo doveva liberarsi una volta per sempre dalla malattia dell'anima,
poiché se il corpo soffriva per i mali del presente, l'anima soffriva
anche per il passato e per il futuro. La ricerca del pastore tende a liberare
gli uomini dalle ansie del mondo spirituale e, in primo luogo, dal timore
di Dio e della morte, poiché il tentativo di risolvere il problema
dell’eternità aveva prodotto in loro solo paura e infelicità.
Non bisognava cercare di essere simili a Cristo perché essendo Egli
al di sopra degli uomini era irraggiungibile. Non bisognava essere preda
dell'ansia della morte perché sino a quando l’uomo avesse vissuto,
la morte non ci sarebbe stata, e quando essa arrivava non ci sarebbe stato
l'uomo.
Il vecchio non crede alla perfezione e le sue verità sono quelle
che offrono i piaceri sensibili, quelle che liberano l'uomo dal dolore
e dall'angoscia. Il vero piacere non è quello passionale, ma quello
di non soffrire nel corpo e non essere turbati da preoccupazioni.
L'uomo non doveva abbandonarsi ai piaceri, ma soddisfare solo quelli
necessari in modo da non diventare schiavo dei bisogni e della preoccupazione
per l'indomani. Amare il mondo sensibile, non avere fame, non avere sete,
non avere freddo: questa era la vera felicità e la vera letizia.
Il pastore sottolinea i piaceri corporei, ma dà importanza anche
ai piaceri spirituali e in particolare all’amicizia vera, non legata agli
utili.
Quello del cavaliere crociato e del vecchio pastore sono due mondi
che non si incontrano.
Se l’interesse del cavaliere crociato è rivolto allo spirito,
quello del vecchio è rivolto al corpo. Il cavaliere mangia il pane
del cielo, il vecchio mangia la cagliata. Il cavaliere cerca di curare
la malattia dell'anima, il pastore quella del fisico. Il cavaliere vuole
la gioia spirituale e il pastore quella terrena. Il cavaliere vuole conoscere
Dio perché della stessa essenza, il pastore vuole conoscere la natura
perché le sente di appartenere. Il cavaliere cerca l'inizio per
scoprire la fine, il pastore ricerca il piacere, principio e scopo della
felicità. Il cavaliere è un maestro perfetto della fede celeste,
il pastore è un maestro perfetto della vita terrena.
Al di là di una diversa concezione dell'esistenza e della ricerca
della verità, i due uomini sono uniti dalla vita solitaria e dall'amicizia.