Lokroi, Epizephyrioi
(Locri, contrada Marasa')
Il sito
L'appellativo di «Epizefiri» (letteralmente «vicino a
capo Zefirio», oggi capo Bruzzano)
ricorda le origini del primo insediamento greco sul promontorio, alla fine
dell'VIII° a.C., qualche anno prima che i coloni si
spostassero 20 km più a nord, in una zona pianeggiante compresa tra il mare, i
due torrenti (Gerace e Portigliola) e le colline.
Ci troviamo alle pendici dell'Aspromonte, in un'area che si estende per 230
ettari all'interno delle mura, sostanzialmente segnata da un asse parallelo
alla costa che, ancora oggi, conserva il nome antico di dromos (corso) e divide
la parte pubblica, a monte, da quella litoranea,
a carattere prevalentemente residenziale.
Notizie storiche
Tra tutte le città greche della Calabria, Locri, che nei periodi di maggiore
sviluppo arrivò a contare 40.000 abitanti, è oggi la meglio conosciuta, grazie
all'abbondanza documentaria delle fonti e dei ritrovamenti archeologici.
La città fu fondata, secondo una notizia di Strabone
confermata anche dai riscontri archeologici, alla fine dell'VIII°
a.C., da coloni che provenivano dalla Locride Ozolia o Opunzia. Aristotele sostiene che i fondatori fossero
in realtà dei servi fuggiti con le mogli dei loro padroni, impegnati con Sparta
nella guerra contro i Messeni: tale asserzione,
negata più tardi da Timeo (III°
a.C.), fu confermata da Polibio, che raccolse le
testimonianze dirette dei discendenti locresi; a
queste origini è forse da riferire l'uso singolare della matrilinearità nella
discendenza nobiliare. Come ecista è ricordato Euanthe, che sarebbe stato aiutato anche da Siracusani e Tarantini.Fin dall'antichità Locri è ricordata per
l'attività legislativa di Zaleuco (660 a.C.?),
redattore del primo codice europeo di leggi scritte, che sembra essere rimasto
in vigore per oltre due cento anni. Alla fine del VII°
a.C. si datano le fondazioni delle due sub-colonie sul Tirreno, Hipponion e Medma, nella strategia
di espansione territoriale a Occidente. Poco prima del 550 a.C. sappiamo della
vittoria che la città riportò, alleata con i Reggini, contro Crotone, nella
battaglia della Sagra (odierno Turbolo): a questo
proposito le fonti ricordano l'intervento miracoloso dei Dioscuri,
protettori della città, che avrebbero aiutato i 10.000 locresi
ad avere il sopravvento sui 130.000 avversari. Nel 477 a.C. Anaxilas,
tiranno di Reggio, attaccò la polis che, successivamente, dal V° a.C., si alleò con Siracusa: Dionisio I sposò una nobile
locrese e
concesse alla città ampliamenti territoriali ai danni di Reggio e Caulonia; il figlio di costui, Dionisio II°,
cacciato da Siracusa nel 356 a.C., si rifugiò nella città dando origine a
un'odiosa tirannide, finita tragicamente con il massacro della sua famiglia da
parte dei cittadini esasperati, che instaurarono un governo democratico.
Dopo aver parteggiato per Pirro ed essere stata occupata da Annibale tra il 216
e il 215 a.C., nel 205 a. C. Locri entrò nell'orbita romana come municipium, perdendo progressivamente importanza fino
all'abbandono (VII°-VIII° d.C.), avvenuto in concomitanza con le incursioni
arabe e il conseguente arroccamento su Gerace.
Testimonianze
archeologiche :
Nelle località Canale, Janchina e Patariti
sono state rinvenute alcune tombe a grotticella,
relative ad insediamenti siculi del IX°-VIII° a.C., precedenti alla
colonizzazione greca.
Mura.
In località Parapazza-Marasà, dove si trova l'Antiquarium, si possono ammirare i resti delle mura, in
blocchi squadrati di arenaria, con una grande torre circolare. L'andamento
dell'intera cinta, (7,5 km) descrive un grande rettangolo che, allungato
perpendicolarmente alla linea di costa, si estende verso monte fino a
comprendere le alture di Castellace, Abbadessa e
Mantella. Il ritrovamento, negli archivi del santuario di Zeus, di una
tavoletta bronzea dove si parla di un prestito per la costruzione delle torri,
non lascia dubbi sulla datazione agli inizi del III°
a.C. delle parti in vista; tuttavia alcuni saggi in profondità hanno permesso
di datare il primo impianto al 550 a.C.
Impianto urbano.
A partire almeno dal VI° a.C. una fitta serie di
strade parallele, larghe 4,5 m (stenopoi), correva da
monte verso valle, in modo da facilitare il
deflusso delle acque; queste erano intersecate ortogonalmente da grandi strade,
larghe 14 m (plateiai), di cui forse l'attuale Dromo
è un residuo: è probabile che qui fosse ubicata l'antica agorà; i lunghi
isolati misuravano 101,40 x 27-28 m.Centocamere. È
questo il quartiere dove si sono concentrate finora le indagini archeologiche,
che hanno messo in luce diverse abitazioni a pianta molto semplice e una serie
di fornaci. Ci sono tuttavia anche esempi di case con
organizzazione più complessa, intorno a un ampio cortile, come la «Casa dei
leoni» (III° a.C.), cosiddetta per il reimpiego di
lastre fittili decorate con teste leonine; è la casa più grande individuata
finora a Locri (400 mq), composta da un portico (arricchito da intonaci
colorati, a imitazione del marmo), un andron (con il
posto per sette klinai) e un bagno (con vasca in
terracotta e latrina), cosa insolita per quel tempo. Prima della fine del III
a.C. la zona fu abbandonata e, in età romana, occupata da necropoli.
Santuario di Afrodite.
Nell'area di Centocamere, all' esterno dell e mura, alla fin e del VII°
a.C. fu costruito un grande edificio, noto come «Stoà ad U» per la sua pianta a
triportico aperto verso mare, successivamente
ampliato attorno al 550 a.C. All'interno vi era una serie di piccole stanze (oikoi), tutte uguali, disposte attorno al cortile dove
furono rinvenuti ben 371 pozzi sacri,
ricolmi di resti di sacrifici animali e oggetti votivi, alcuni con la dedica ad
Afrodite. Tutto questo ha fatto pensare a una connessione tra il tempio e la
pratica della prostituzione sacra, di cui parlano abbondantemente le fonti. Nel
IV°-III° a. C. il luogo venne occupato da una serie di impianti artigianali,
dei quali restano ancora visibili le fornaci per la cottura dei vasi.
Santuario in contrada Marasà.
Si tratta del tempio più monumentale di quelli locresi,
sito a monte dell'Antiquarium, presso le mura. In
origine constava di una semplice cella rettangolare (fine VII°
a.C.), poi completata, alla metà del VI° a.C., con
l'aggiunta del colonnato; verso il 480 a.C. al posto del primitivo
edificio sorse un nuovo tempio (45 x 19 m ), con diverso orientamento, di
ordine ionico, con sette colonne sui lati corti e 17 su quelli lunghi, di cui
resta in loco ancora un rocchio con la base. Alla fine del V°
a. C. appartiene la decorazione frontonale (o acroteriale) con le statue marmoree dei due Dioscuri ivi rinvenute, oggi al Museo Archeologico di
Reggio Calabria; ad est si trovano tracce dell'altare.
Tempio di Casa Marafoti.
Nei pressi del teatro, in vicinanza di casa Marafioti,
sorgeva un tempio dorico, testimoniato in una stampa del 1781, poi indagato dal
Luynes nel 1830: a seguito di questo scavo, i blocchi
messi in luce furono asportati. Scavato ancora da Paolo Orsi nel 1910, ne
rimangono pochi frammenti dei capitelli e del fregio (540-520 a.C.). Le
terrecotte architettoniche esposte oggi al Museo di Reggio Calabria e la statua
acroteriale fittile del cavaliere (Dioscuro?), sostenuta da una Sfinge, appartengono invece
alla fine del V° a.C. Il tempio era dedicato a Zeus,
come si evince dal preziosissimo archivio di tavolette bronzee, ritrovato in
una vicina teca in pietra, con la registrazione della contabilità del
santuario.
Santuario di Persefone in contrada Mannella.
All'esterno delle mura, proprio come ricordava Livio, tra i colli di Mannella e
Abbadessa, si trova il celebre Persephoneion,
definito da Diodoro Siculo (I°
a. C.) « il più illustre santuario dell'Italia». Paolo Orsi tra il 1910 e il
1912 mise in luce i resti di un piccolo edificio (ca. 400 a.C.) che sorgeva su
un terrazzo trapezoidale più antico (100 x 40 m), costruito nella seconda metà
del V° a.C.; nelle immediate vicinanze rinvenne uno
dei depositi votivi tra i più ricchi della Magna Grecia: da qui provengono,
oltre a varie ceramiche e terrecotte, i famosi pinakes
(tavolette di terracotta, decorate a rilievo, con scene del mito di Ade e Persefone), rinvenuti a migliaia; tutto il materiale copre
un arco di tempo che va dal VII° al II° a.C. ed è in gran parte custodito al Museo di Reggio
Calabria.
Santuario delle Ninfe di
Grotta Caruso.
Immediatamente fuori dall'abitato, nei pressi del vallone Caruso-Polisà,
nel 1940 Arias identificò ed esplorò una grotta, oggi
purtroppo franata, scavata nel tufo, comprensiva di un bacino e sistemi di
canalizzazione delle acque. Il materiale votivo, compreso tra V° e III° a.C., testimonia che il
santuario era dedicato alle Ninfe, ma anche a divinità pastorali e ad Afrodite;
singolari, oltre alle statuette, i modellini fittili di grotte-ninfeo, qui
rinvenuti.
Teatro.
Lo scavo ha riportato in luce, vicino casa Marafioti,
un teatro costruito alla maniera greca, la cui cavea è ricavata nel declivio
naturale della collina, divisa in sette cunei dalle scalette d'accesso kerkides), e in due settori da un corridoio orizzontale diazoma); la pianta, a ferro di cavallo, ricorda il
primitivo impianto greco, della seconda metà del IV°
a.C., anche se l'edificio subì ristrutturazioni in età romana (I° d.C.), come la realizzazione delle parodoi,
del piccolo ambiente al centro dell'ima cavea e l'innalzamento di un muro di
protezione per gli spettatori, intorno all'orchestra, necessario ai nuovi
spettacoli solitamente propri degli anfiteatri (giochi gladiatori, venationes ecc.).
Necropoli.
Le necropoli greche sono situate tutte al di fuori del circuito murario, nelle
contrade Parapezza, Mona ci e Lucifero; quest'ultimo
è il sito più conosciuto: tra il 1910 e il 1915 Paolo Orsi scavò oltre 1700
tombe, che vanno dal VII° al II°
d.C., con una prevalenza numerica tra V° e IV° a.C.. Le necropoli romane,
poiché relative ad un insediamento più contratto, occupano anche zone interne
alle mura, evidentemente non più abitate; tra i materiali, ricordiamo il
sarcofago di C. Ottaviano Crescente, dalla contrada Saletta, consenato all'Antiquarium (ca. 200
d.C.).
Villa tardoantica.
A sud-ovest del circuito murario, in località Quote S. Francesco, in proprietà
privata, sono visibili gli imponenti ruderi (alti anche 4-5 m) di quella che,
alla luce di recenti ipotesi, sembra essere una villa tardoantica,
del tipo a torri angolari, con i resti di un impianto termale (V°-VIII° d.C.).
Dallo scavo al museo
Le abbondanti testimonianze che provengono dagli scavi di Locri sono oggi
sparse
in diverse strutture museali del territorio calabrese.
Il nucleo più consistente è concentrato al Museo Archeologico Nazionale di
Reggio Calabria, dove gran parte del piano terreno, dalla sala Vl' alla XV', è dedicato alla documentazione completa del
sito, dai corredi delle necropoli indigene del IX°
a.C., fino all'età romana
(torso loricato di Claudio rilavorato attorno al 300 d.C.).
Nell'area dello scavo è sito l'Antiquarium, che ne
costituisce allo stesso tempo l'ingresso;
la struttura, che ha sostituito il precedente Museo Civico, oltre ad ospitare
le vecchie collezioni, presenta una vasta documentazione della più recente
attività di scavo, soprattutto dell'area di Centocamere.
Nella moderna città di Locri, al n. 6 di Via Domenico Candida, ha sede la
Collezione Scaglione, una raccolta privata accessibile solo su richiesta, che
riunisce una serie di oggetti, soprattutto votivi, dell'antica Locri Epizefiri.
Al Museo Archeologico Nazionale di Crotone è conservata una piccola collezione
di terrecotte votive di provenienza locrese.
Anche al Museo Provinciale di Catanzaro ricordiamo una statuette fittile di
Athena,
proveniente dall'area del santuario dedicato alla dea.