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UN GRANDE UOMO
Hans Georg Gadamer
Marburg, 1900 - Heidelberg 2002
VITA
Hans Georg Gadamer nasce a Marburg l'11 febbraio del 1900.
Studia a Breslavia (1918) con Richard Hoenigswald e a Marburg (1919) con Nicolai Hartmann e Paul Natorp, con cui si laurea, nel 1922, discutendo una tesi dal titolo: L'essenza del piacere nei dialoghi di Platone.
Nel 1923, a Freiburg, conosce Husserl e Heidegger, del quale frequenta i corsi universitari a Marburg tra il 1923 e il 1928. Diventa professore ordinario di Filosofia nel 1937 e, nel 1939, ottiene una cattedra presso l'Università di Leipzig, di cui diventa Rettore nel 1946.
Nel 1947 insegna a Frankfurt e nel 1949 ad Heidelberg, dove succede a Jaspers. Divenuto professore emerito nel 1978, Gadamer ha insegnato presso alcune università straniere e negli Stati Uniti.
Nel 1979 entra a far parte del Comitato Scientifico dell'Istituto Italiano per gli Studi Filosofici di Napoli - città di cui diventa cittadino onorario nel 1990 - dove, da allora, ogni anno, ha tenuto lezioni e seminari, vivendo quella che egli stesso ha definito «una seconda giovinezza».
Autorità indiscussa della filosofia contemporanea, l'illustre filosofo è stato
recentemente onorato con la pubblicazione della sua «Opera omnia» della quale
sono usciti sette volumi (1986-1991) ed è tutt'ora in corso di stampa.
È morto all'età di 102 anni ad Heidelberg il 14 marzo 2002.
OPERE
Platos dialektische Ethik
(L'etica dialettica di Platone),
Leipzig, 1931;
Plato und die Dichter (Platone e i poeti), Frankfurt am Main, 1934;
Volk und Geschichte im Denken Herders, (Popolo e storia nel pensiero di Herder), ibid., 1942;
Bach und Weimar (Bach e Weimar), Weimar, 1946;
Goethe und die Philosophie, (Goethe e la filosofia), Leipzig, 1947;
Über die Ursprunglichkeit der Philosophie (La nascita della filosofia), Leipzig, 1948;
Vom geistigen Lauf des Menschen, Godesberg, l949;
Wahrheit und Methode. Grundzüge der philosophischen Hermeneutik
(Verità e metodo.Lineamenti di un'ermeneutica filosofica,) Tübingen, 1960;
Hermeneutik und Historismus (Ermeneutica e storicismo), 1962;
Die phänomenologische Bewegung (Il movimento fenomenologico), 1963;
Le problème de la conscience historique (Il problema della coscienza storica), Louvain, l963;
Ermeneutica e metodica universale, 1964;
Dialektik und Sophistik im siebenten platonischen Brief
(Dialettica e sofistica nella Settima Lettera di Platone), Heidelberg, l964;
Kleine Scriften (Scritti minori), Tübingen, 1967 sgg.;
Idee und Zahlen (Idea e Numero.Studi sulla filosofia platonica), 1968;
Sul mondo concettuale dei presocratici, 1968;
Idea e realtà nel Timeo di Platone , 1974;
L'idea del bene tra Platone ed Aristotele, 1978;
Studi platonici, 1983;
La dialettica di Hegel. Cinque studi ermeneutici, 1971;
Sentieri heideggeriani. Studi sull'opera tarda di Heidegger, 1983;
Chi sono chi sei tu?, 1973;
Poetica.Saggi scelti, 1977;
L'attualità del bello, 1977;
Poesia e dialogo, 1990.
PENSIERO
In opposizione alla tradizione cartesiana e neokantiana
volta esclusivamente alla fondazione metodologica della scienza, Gadamer si può
considerare il fondatore di una ontologia ermeneutica: la verità non può essere
garantita da un metodo che mira al possesso dell'oggetto (scienza) come risulta
chiaro nell'esperienza estetica e nello studio dei fenomeni culturali. La verità
si svela nell'atto interpretativo che nella sua storicità trova non un limite ma
la possibilità di un colloquio con la tradizione ("fusione di orizzonti") che -
testo o evento che sia - è comprensibile non in quanto "essere" ma in quanto
"linguaggio".
Contributi dell'autore all'Enciclopedia Multimediale delle Scienze Filosofiche:
Brani antologici
La comprensione è determinata dalla precomprensione
Aforismi
Sisifo e il diritto alla morte
La metafisica e la res cogitans
Il male nell'inerzia della ragione
Interviste
Eraclito: la concezione del logos e la cosmogonia
Le origini della filosofia in Grecia
La concezione della politica in Platone
Filosofia e politica in grecia: il ruolo dei sofisti
Mito e logos nel pensiero greco
Religione e storia nella filosofia di Hegel
Da Kant a Fichte; l'apertura del nuovo secolo
Il mio contributo all'ermeneutica
Hegel: Introduzione alla " Fenomenologia dello spirito"
Il Grande Studioso :
Il cammino dialettico della Fenomenologia ha effettivamente percorso la totalità della nostra natura e della nostra esperienza storica, per trovare alla fine nell’arte, nella religione e nella filosofia la sua compiuta realizzazione. In cosa consiste tale realizzazione?
Tutti noi sappiamo che si fa violenza a un’opera d’arte, quando la si spiega in termini biografici: una poesia non vuole far sapere che ad esempio Goethe ebbe a Sesenheim una relazione sentimentale, e che la mattina, salito a cavallo, nella gioia del suo innamoramento salutava il Maggio. Non è questo l’incredibile fascino di una poesia, bensì il fatto che tutti noi possiamo riconoscerci nella magia dell’amore e in questo incantesimo di una natura che improvvisamente ci abbraccia come un’amica e come un’amata. Queste sono le esperienze che una poesia sa comunicare. Lo stesso vale per la visione di un bel quadro. Non mi riferisco soltanto ai dipinti di soggetto sacro, ma anche alle raffigurazioni di temi profani. Una cosa è certa: i pensieri che ci vengono nel guardare un’immagine,… in qualche modo sono già espressi in essa, almeno sotto forma di stimolo per il pensiero.…
Ogni visione di un’opera d’arte è un dialogo. Anche questa è dialettica. Ma qui si manifesta anche quella più alta dialettica, per cui il contenuto di un’opera non si esaurisce in un’unica interpretazione: il prodotto artistico è come un interlocutore superiore, che ci dà ogni volta nuove risposte.
Se queste cose ci sono note già attraverso l’arte, di conseguenza esse varranno anche per una religione come quella greca, che venerava la manifestazione del divino nelle sculture dei grandi maestri dell’arte plastica greca. Noi sappiamo, però, che vi sono anche altre certezze religiose oltre a questa pietrificazione del divino nelle opere plastiche dell’antica Grecia; gli Ebrei, ad esempio, avevano bandito qualunque sacra raffigurazione ("tu non dovrai farti alcuna immagine"), il che aveva conferito al divino (all’idea di Dio) una nuova trascendenza. Il Creatore non si manifesta più in immagine, bensì nella sua volontà, nella legge, cosicché il cristianesimo è valido… per tutta una nazione (anzi, in questo caso si tratta di una razza, quella ebraica), cioè per il popolo eletto. In seguito, il cristianesimo conoscerà un’enorme diffusione, conformemente al suo messaggio, che comanda: "andate tra i popoli ed evangelizzateli".
La medesima verità, anche se può essere vissuta in modo diverso da ogni individuo, da ogni singola persona, è quella che fa di noi una comunità. Questo è il grande plurale collettivo che Hegel congiunge deliberatamente con il concetto di Spirito Santo, e con la propria nozione di spirito come autentico compimento.
Che idea dobbiamo farci del giovane Hegel?… Il ritrovamento di questi documenti destò una grande sorpresa. Hegel era infatti considerato un dialettico ingabbiato in una sorta di armatura formale astratta – "tesi", "antitesi", "sintesi", "unificazione dialettica delle contraddizioni", "genialità speculativa", un continuo superamento di contraddizioni in una sintesi più alta – questo era il filosofo che dispiegava quelle armi dialettiche, che incontreremo nella Fenomenologia dello spirito e nella Logica. Ma qui siamo di fronte agli appunti del giovane Hegel sulla natura dell’amore e sul superamento della "positività" del cristianesimo!
È opportuno spiegare l’uso di tale termine: in questo caso "positività" è una connotazione negativa del fenomeno del cristianesimo. "Positivo" significa, letteralmente, "ciò che è posto", o "imposto". Conosciamo, ad esempio, l’espressione "diritto positivo", che riguarda leggi, statuti e regolamenti spesso scomodi, i quali ci impediscono di agire secondo giustizia (cioè considerando di volta in volta ciò che è opportuno e giusto fare). Di fronte alle norme del diritto positivo, il giudice, vincolato al rispetto del codice, deve trovare il modo di avvicinarsi il più possibile alla giustizia, emettendo una sentenza.
Anche il cristianesimo possiede questo aspetto della legge, del precetto restrittivo, ed è questo il punto critico che Hegel denuncia con l’espressione "positività del cristianesimo": egli vuole affermare la vitalità del comandamento dell’amore e dell’eredità spirituale del messaggio cristiano.
Agli esordi del pensiero hegeliano c’è dunque la positività del cristianesimo e la sua critica. Dov’è che noi uomini ne facciamo esperienza? In ogni luogo, potremmo dire; in tutte le situazioni, infatti, ci accorgiamo che il nostro amor proprio deve misurarsi anche con l’esistenza degli altri, ma che tuttavia siamo anche in grado di superare questa distanza, questa estraneità nei confronti del prossimo. In tal caso parliamo di "esperienza dell’amore". La conosciamo, ad esempio, nell’amore tra i sessi, che culmina nel prodigio per cui infine il corpo dell’altro abbandona quell’estraneità testimoniata dal senso di pudore, dall’uso di coprirsi, dalla riservatezza, per fondersi nell’unione amorosa di "una sola carne", come insegna anche il cristianesimo.
Vorrei ricordare che nel giovane Hegel si trova un appunto che parla di Gesù come "genio della conciliazione". È una frase di sapore schiettamente illuministico. Dietro queste parole vi è il problema della divinità di Gesù e la questione della Trinità. Il giovane Hegel ha infatti meditato incessantemente sull’intimo nesso del rapporto trinitario, non solo sulla relazione tra il Padre e il Figlio (che poi è l’incontro misterioso di Dio con l’umanità), ma anche sulla terza persona della Trinità, lo Spirito Santo. E con questo siamo già al cuore della problematica hegeliana.
Che cos’è lo Spirito? Che cos’è l’amore? Come pensare l’unità di queste persone? Come comprendere il mistero dell’Incarnazione, dello Spirito che si fa carne e di Dio che si fa uomo? Questi erano i problemi che tenevano in ansia i giovani teologi nell’epoca dell’Illuminismo, non solo Hegel, ma anche Schelling, che fu per lui un amico e un compagno di studi; e infine colui che il 20º secolo scoprirà come il nuovo grande poeta, Friedrich Hölderlin, il quale, in alcuni dei suoi scritti critici, si avvicina molto a certe annotazioni di Hegel, che quest’ultimo avrebbe poi sviluppato nella sua filosofia.
Cerchiamo di farci un’idea di questa esperienza basilare del cristianesimo: il comandamento dell’amore.… È paradossale che l’amore debba o possa essere comandato. Kant lo avvertì come uno scandalo, e perciò volle ridimensionare assai la portata di questo precetto. In verità, però, il comandamento dell’amore non vuol essere una prescrizione, bensì una realtà vissuta, che ci accompagna tutti, con maggiore o minore intensità, per l’intera esistenza. Il "prossimo" non è infatti una determinata figura… che incontriamo una volta sola, bensì affianca costantemente il nostro vivere, come una continua esortazione a considerare gli altri, a rispettarli e onorarli in tutti i loro diritti e nella loro vera essenza. Tutto ciò è già implicito nel comandamento cristiano dell’amore, che in tal senso non impone di amare, ma di soddisfare le premesse grazie alle quali l’amore può svilupparsi come un’autentica unificazione tra me e te, fra un "Io" e un "Tu", fra il cittadino di una regione e la società in cui vive, il suo governo, il suo Stato. L’amore, infatti, è soggetto a ben precise condizioni. Proprio su questo tema il giovane Hegel si era impegnato con molta energia. Naturalmente, egli non rifletteva solo da teologo, ma anche da filosofo, in grado di approfondire le opere di Kant – come fece a Tubinga – e poi anche di Fichte, il cui ingresso nella storia della filosofia gli offrì il punto di partenza da cui poter sviluppare autonomamente il proprio pensiero
La storia della filosofia raccontata da Hans-Georg Gadamer, e' disponibile in versione integrale su questo sito,Il Cammino della Filosofia.