Gioacchino da Fiore

 




           1135 circa

  Gioacchino nasce a Celico da Mauro, notaio, e da Gemma.

  Dopo gli studi di base nella vicina Cosenza, è introdotto dal padre nei Tribunali di Cosenza come curiale e nella corte

  del giustiziere di Calabria come notaio.

   Lavora nella cancelleria regia di Palermo al servizio di Stefano di Perche, poi viaggia al seguito dei grandi notai

   del Regno, Pellegrino e Santoro.
 

 

            1168
           Parte per la Terra Santa e visita Gerusalemme.
 

 

 

     1170
Torna in Italia e dimora in una grotta sull'Etna, nei pressi di un monastero greco. Passato in Calabria, si reca

nella valle del Crati, presso Cosenza, e si ferma in un luogo detto Guarassano. Trascorre un periodo nei pressi

del monastero cistercense della Sambucina di Luzzi. Si sposta quindi in un'altra parte della valle rivolta ad oriente,

sulle colline di Rende. Qui predica per un anno. Si reca dal vescovo di Catanzaro per ricevere gli Ordini minori.   

Durante il viaggio passa per il monastero di Corazzo. Rag­giunge Rende e quindi ritorna a Corazzo, dove assume l'abito monastico. Non molto tempo dopo diviene priore e, quando l'abate Colombano rinuncia alla carica,

 i monaci lo eleggono abate.


E' attestato per la prima volta come abate di Corazzo.
Persegue l'incardinamento del suo monastero nell'ordine cistercense.
Si rivolge per questo al monastero della Sambucina, ma la richiesta di affiliazione viene rifiutata a causa della povertà del monastero di Corazzo.
 

Nel mese di dicembre 1178, come abate di Corazzo, è alla corte di Guglielmo II, e fa valere con successo le rivendicazioni di possesso di alcuni territori in favore del suo monastero.

Si reca all'abbazia cistercense di Casamari, dove trascorre circa un anno e mezzo. Riceve anche qui una risposta negativa alla richiesta di affilia­zione di Corazzo, sebbene venga accolto con affetto e stima dal­l'abate Gerardo.
Luca di Casamari, allora suo scrivano, poi Abate di Sambucina e Arcivescovo di Cosenza, afferma che dettava e correggeva contemporaneamente il libro dell'Apocalisse, il libro della Concordia e il primo libro del Salterio, con l'aiuto di altri due scrivani portati da Corazzo: Giovanni e Nicola.

Interpreta a Veroli, dinanzi alla curia di Papa Lucio III, una oscura profezia ritrovata tra le carte del defunto cardinale Matteo d'Angers.
Il pontefice lo esorta a scrivere le sue opere, come è testimoniato da Luca e dallo stesso Gioacchino.

Fa visita a papa Urbano III nella città di Verona.
Tornato in Calabria si ritira a Pie­tralata, probabilmente nei pressi di Rogliano, per dedicarsi alla composizione delle sue opere.

Si reca a Roma e ottiene che l'abbazia di Corazzo venga affiliata all'abbazia di Fossanova. Papa Clemente III lo proscioglie dai suoi doveri di abate e gli indirizza l'esortazione a comple­tare e rivedere i suoi scritti e a sottoporli al giudizio della Santa Sede.
Torna a Pietralata, da lui ribattezzata Petra Olei, dove comincia ad accogliere i primi discepoli. E' con lui il monaco cistercense di Fossanova Raniero da Ponza, in seguito molto legato a papa Innocenzo III e al cardinale Ugolino da Ostia, futuro papa Gregorio IX. Luca di Casamari trascorre con lui a Pietralata una intera quaresima. Nell'autunno sale sui monti della Sila, e sceglie un luogo adiacente al fiume Arvo, cui egli stesso dà il nome simbolico di Fiore (oggi “Jure Vetere”), quasi per indicare una nuova Nazaret. Nell'inverno torna a Petra Olei. Intanto a Fiore viene costruito il primo alloggio.

Entra nell'alloggio costruito a Fiore dove prende vita la prima forma di comunità monastica florense.

Viene molestato e minacciato dai funzionari di Tancredi che non gli riconoscono il possesso delle terre occupate.
 

 

               1190-1191
1190-1191 Si reca dal re e gli chiede di lasciare indisturbati lui ed i suoi monaci. Con privilegio regio, Tancredi gli concede il possesso di alcune terre demaniali circostanti al nuovo insediamento monastico. Inoltre i baiuli reali avrebbero dovuto fornire cinquanta salme di segale all'anno. Incontra a Messina il re inglese Riccardo Cuor di Leone, che trascorre in Sicilia l'inverno in attesa di partire per la Crociata insieme con il re di Francia Filippo II Augusto, e viene con­sultato su un passo dell'Apoca­lisse riguardante l'Anticristo.

Incontra a Napoli Enrico VI, il quale, nel tentativo di conqui­stare il regno di Sicilia di cui ritiene legittima erede la moglie Costanza, sta assediando con ferocia la città di Napoli. Gioacchino lo ammonisce a ritirarsi, predicendogli la prossima ed incruenta conquista del regno. Enrico VI interrompe l'assedio e torna in Germania.

Il capitolo generale dei cistercensi ingiunge all'abate Gioacchino e al monaco Raniero di presentarsi entro la festa di S. Giovanni Battista.

Enrico VI, in viaggio per la Sicilia , a Nicastro, il 21 ottobre 1194, concede a Gioacchino il Tenimentum Floris, vasto territorio di boschi, pascoli ed acque che costituisce la Sila Badiale.

Incontra e confessa a Palermo la regina Costanza.
 

 Papa Celestino III, il 25 agosto, approva le costituzioni del nuovo Ordine Florense.

1198 Dopo la morte di Enrico VI, va a Palermo dall'imperatrice Costanza per chiedere la con­ferma delle donazioni avute dal marito. Papa Innocenzo III (30 agosto -1 settembre) lo incarica di predi­care la crociata per la liberazione della Terra Santa insieme a Luca di Casamari, divenuto nel frat­tempo abate della Sambucina.

 


                    1200
1200 Dopo la morte di Costanza, si reca ancora alla corte di Palermo dal giova­nissimo Federico II e ottiene una ulteriore donazione in Sila presso la sorgente dell'Arvo (Caput Album).
Scrive la lettera-testamento nella quale elenca alcune delle sue opere, che, in caso di sua improvvisa morte, i florensi avrebbero dovuto inviare alla Santa Sede per eventuali cor­rezioni e proclama la sua totale sottomissione alla Chiesa di Roma.

1L'arcivescovo di Cosenza Andrea gli dona una Chiesa in località Canale nella presila, presso Pietrafitta, dove Gioac­chino ha già cominciato la costruzione di una dipendenza. Simone di Mamistra, signore di Fiumefreddo, dona al mona­stero di Fiore la chiesa di Santa Domenica con tutti i territori di pertinenza, su cui Gioacchino fonda il monastero florense di Fonte Laurato.

 

 


                                          1202
               1Si ammala e muore il 30 marzo 1202 a San Martino di Canale.

 

 


                                       1226
le reliquie di Gioacchino vengono traslate da San Martino di Canale nella chiesa del nuovo complesso abbaziale di San Giovanni in Fiore e collo­cate nella cappella di destra del transetto, intitolata alla Vergine, in una tomba terragna.
 

 

 

 

 

                                  Notorietà ed attualità di Gioacchino da Fiore in Italia e all'Estero.

II pensiero di Gioacchino non è rimasto chiuso nel Medio Evo ma si è proiettato nei secoli futuri penetrando nel cuore stesso dei processi formativi della civiltà europea. Esso è stato così variamente ripreso, assimilato e metabolizzato da divenire uno dei più frequentati crocevia della tradizione culturale e spirituale dell'Occidente. Gioacchino da Fiore va pertanto conosciuto, studiato e divulgato come uno dei grandi maestri della civiltà europea. Già subito dopo la sua morte, il suo messaggio si proiettò sulla inquieta vicenda del francescanesimo spirituale e giunse per questa via a Dante Alighieri. La Divina Commedia è ispirata ed animata dalla tensione innovatrice e profetica dell'Abate di Fiore, di cui Dante riprende e rilancia figure e simboli, connessi con le istanze di rinnovamento morale e spirituale della cristianità.


Cristoforo Colombo si appellò più volte, nei suoi scritti, all'autorità profetica dell'Abate calabrese, collegando la sua missione esplorativa all'evangelizzazione delle ultime genti della terra che, insieme con la definitiva riconquista di Gerusalemme, avrebbe dovuto segnare l'inizio della terza ed ultima età del mondo, l'età dello Spirito Santo. Anche i primi missionari francescani spagnoli dell'Osservanza partirono spinti dalla speranza gioachimita di poter creare nel nuovo mondo quella Ecclesia Spiritualis propria dell' ultimo tempo della storia della Salvezza, ponendo le basi di una tradizione culturale e spirituale gioachimita il cui filo rosso non si è mai spezzato nelle terre dell' America Latina.

Recentemente la disposizione iconografica degli affreschi michelangioleschi della Cappella Sistina è stata inequivocabilmente ricondotta alle geometrie concordistiche dell'esegesi biblica e alle figurazioni simboliche trinitarie di Gioacchino da Fiore. Michelangelo ebbe infatti, come consulenti teologici, due illustri gioachimiti del suo tempo, il Cardinale agostiniano Egidio da Viterbo e il teologo francescano Pietro Galatino.

Per la ricognizione esatta e completa del Gioachimismo nella cultura e nella letteratura europea si vedano gli atti dei cinque Congressi internazionali celebrati dal C.I.S.G., ed anche la fondamentale opera di Henri De Lubac
"La postérité spirituelle de Joachim de Fiore", tradotto e pubblicato in Italia dall'editore Jaka Book nell'anno 1984, nonché il documentato lavoro pubblicato nel 1987 da M. Reeves e W. Gould sull'influsso del pensiero di Gioacchino da Fiore nella letteratura europea dell'Ottocento, e tradotto dal Centro Internazionale di Studi Gioachimiti. Gli studi e la bibliografia gioachimita del Novecento risultano molto ricchi ed innovativi, ed hanno avuto una forte ripresa soprattutto nella seconda metà del secolo.

I centri di attività più fecondi sono stati e continuano ad essere
l'Università di Oxford e di Londra in Inghilterra (dove ha operato la studiosa M. Reeves), le Università di Berlino, di Costanza e i Monumenta Germaniae Historica
(in cui operano i discepoli e prosecutori delle ricerche di Herbert Grundmann) e gli Stati Uniti in cui opera un folto gruppo di studiosi e accademici dediti agli studi su Gioacchino da Fiore, sul profetismo e sull'apocalittica: Robert E. Lerner, nella Northwestern University, Bernard McGinn alla Divinity School dell' Università di Chicago, Stephen Wessley nel York College della Pensilvania, Sandra Zimdars-Swarts nell' Università del Kansas, Delno West nell' Università dell'Arizona, Randolph Daniel nella Università del Kentuchy, autore di una utilissima edizione critica del "Liber Concordie Novi ac Veteris Testamenti ".

All'Università di Harvard ha a lungo insegnato Morton Bloomfield, studioso di Gioacchino e del Gioachimismo, che, con la Reeves, costituisce la sorgente del ricco filone di studi gioachimiti dell' area anglosassone. Come si evince dalla bibliografia del Novecento, anche in Italia, in Francia, in Spagna, in Portogallo ed in America Latina, soprattutto nel Messico, è stata registrata una notevole fioritura di studi e di pubblicazioni.

L'evento nuovo di quest'ultimo ventennio è la notevole presenza di temi gioachimiti non solo nelle riviste specializzate, ma anche nella stampa periodica e quotidiana di grande diffusione, nonché su quella locale. Articoli, spunti, riferimenti e citazioni, dibattiti e riflessioni di terza pagina, recensioni e proposte di letture, raccolti e registrati dal C.I.S.G., attraverso l'eco della stampa, dimostrano la crescente e comprensibile attrazione che, nel III millennio, la figura di Gioacchino esercita sul mondo contemporaneo.

 

 

                             Le Tavole    

 

 

 

                                                                                                                                          Chartres