Il Graal
Il termine Graal deriva dal latino Gradalis,
con cui si designa una scutella lata et aliquantulum prufunda: una tazza, un vaso, un calice, un catino. Questi
umili oggetti rivestono nella mitologia un nobile ruolo, sono infatti i simboli
del grembo fecondo della Grande Madre,
Molti eroi celtici hanno avuto a che fare con magici calderoni;
nel poema gaelico "Preiddu Annwn"
Re Artù andò a recuperarne uno addirittura negli inferi. La tradizione
cristiana annovera almeno due sacri contenitori: il Calice dell'Eucarestia, e
sorprendentemente,
Forse, quando alla fine del XII secolo Chretien de Troyes decise
di introdurre nella materia Arturiana il motivo del Vaso Sacro, lo fece perché
era al corrente dei miti celtici del Calderone, e l'argomento gli sembrò
particolarmente in tema; o forse si trattò di una scelta casuale. Forse
esisteva già una tradizione orale sul Graal, e Chretien si limitò a metterla per
iscritto; forse (è l'ipotesi più probabile) elaborò in termini cristiani le
antiche leggende sui contenitori sacri, o forse il Graal fu una sua geniale
invenzione. Sta di fatto che, com'è accaduto per Re Artù, da otto secoli il
Graal continua a stimolare l'immaginazione di generazioni di lettori.
La ricerca del Graal
Perché il Calice fu portato proprio in Inghilterra ? Dal punto
di vista letterario la risposta è ovvia: là erano nati i miti di Artù e là,
necessariamente, doveva svilupparsi la storia del Graal ad essi collegata. Ma i
sostenitori della sua esistenza materiale avanzano altre ipotesi, in verità
piuttosto ardite. Dopo la
crocifissione, Giuseppe d'Arimatea donò una coppa
rituale, ulteriormente santificata dal sangue di Cristo, ad un Druido in
Cornovaglia, convertito al cristianesimo, il Druido in questione era Merlino, trait d'union tra la religione celtica e quella
cristiana.
Sia come sia, le peripezie subite dal Graal dopo il suo arrivo
in Inghilterra variano in modo considerevole a seconda delle varie fonti.
Estrapolando dalla Materia di Bretagna gli episodi più ricorrenti,
è possibile tracciare schematicamente il seguito della storia. Giunto a
destinazione, Giuseppe affida la coppa a un guardiano soprannominato
"ricco pescatore" o "re pescatore" perché, come Gesù, ha
sfamato un gran numero di persone moltiplicando un solo pesce. A seconda delle
versioni, il Re Pescatore è Hebron o Bron, cognato di Giuseppe d'Arimatea
e nonno (o zio, o cugino) di Parsifal. Nel Parzival, di Wolfram
Von Eschenbach è un Re chiamato Anfortas,
la cui figlia sposa l'eroico saraceno Feirefiz e
genera Prete Gianni. Secoli dopo, nessuno
sa più dove si trovi il Re Pescatore: il Graal è, di fatto, perduto. Sulla
Britannia si abbatte una maledizione chiamata dai Celti Wasteland (la
terra desolata), uno stato di carestia e devastazione sia fisica che
spirituale. Il Wasteland è
stato scatenato dal "Colpo Doloroso", ovvero da un colpo vibrato da Balin il Selvaggio con
Escludiamo
dal nostro immaginario canone le molte opere sul Graal posteriori al 1220, tra
cui "The Idylls of the
King" di Tennyson (1885), nel quale si racconta
che Giuseppe d'Arimatea nascose il Graal nel Chalice Well di Glastonbury.
Di un Graal non canonico italiano,si parla nella traduzione lucchese del
"Volto Santo". Nel VIII secolo un vescovo di nome Gualfredo
si recò a Gerusalemme per visitare i luoghi sacri; là il pellegrino compì varie
penitenze, digiuni ed elemosine. Fu allora che, per compensarlo della sua
devozione, gli comparve un angelo, il quale lo invitò a cercare in una casa
presso la sua, là avrebbe scoperto il volto del redentore, cui
tributare degna venerazione. Così, nella casa di Gualfredo,
un Seleuco, ritrovò il "Volto Santo", un
antico crocifisso scolpito in cedro del Libano dall'apostolo Nicodemo, lo
stesso che aveva aiutato Giuseppe d'Arimatea a
togliere dalla croce il corpo di Gesù. In una cavità dietro la croce si
trovava un'ampolla con il sangue di Cristo. Croce e ampolla vennero caricate su
una nave di grandezza straordinaria che, guidata dagli angeli e senz'altro
equipaggio, attraversò il Mediterraneo in tempesta e approdò sulle coste della
Lunigiana. Le reliquie furono disputate da Lucchesi e Lunesi,
e si stabilì che il Volto Santo sarebbe stato portato a Lucca (dove è tuttora
visibile nella cattedrale di San Martino), e l'ampolla sarebbe rimasta a Luni, dove se ne sono perse le tracce.
Il Graal di Re Artù
Il Graal Arturiano fu descritto per la prima volta da Chretien
intorno al
"un graal
entre ses deux mains, une damoiselle tenoit (...) De fin or esmeréé etoit, prescieuses pierres avoit le graal de maintes manieres, de plus riches et de plus chères
qui en mer et en terre soient.
(Una damigella teneva un graal tra le
mani (...) Era fatto d'oro puro, e c'erano nel graal
molte preziose pietre, le più belle e costose che ci siano per terra e per
mare).
La parola Graal è utilizzata con il significato generico di
Coppa (ma c'è da chiedersi come
Solo nel successivo "Joseph d'Arimathie
- Le Roman de I estoire du
Graal", un testo arturiano del cosiddetto "Ciclo della Vulgata"
(dove però Re Artù non compare) scritto da Robert De Boron
attorno al 1202, il Graal viene descritto come il Calice dell'Ultima Cena, in
cui Giuseppe d'Arimatea aveva raccolto il sangue di
Gesù crocifisso. De Boron lo chiama "graal" una volta sola, in un inciso da cui si evince
che la coppa aveva già una storia e un nome particolare prima di essere
utilizzata da Gesù: ".. Io non oso raccontare, né riferire, né potrei
farlo (...) le cose dette dai Grandi Saggi. Là sono scritte le ragioni segrete
per cui il Graal è stato designato con questo nome ..".
Il "Joseph d'Arimarthie" fu
continuato e integrato da un anonimo autore del XII secolo che, in "Le Grand Graal" introdusse alcuni nuovi elementi. Il
Graal è associato ad un libro scritto da Gesù Cristo alla cui lettura può
accedere solo chi è in grazia di Dio. Le verità di fede che esso contiene non
potranno mai essere pronunciate da lingua mortale senza che i quattro elementi
ne vengano sconvolti. Se ciò, infatti, dovesse accadere, i cieli
diluvierebbero, l'aria tremerebbe, la terra sprofonderebbe e l'acqua
cambierebbe colore. Il libro-coppa possiede dunque un temibile potere.
Il "Le Grand Graal" è
collegato sia a tradizioni ebraiche e sia islamiche (viene trasferito in
Inghilterra in un contenitore identico all'Arca dell'Alleanza) : è infatti in
relazione con una terra chiamata "Sarraz",
impossibile da situare storicamente o geograficamente (non è in Egitto, ma
"... si vede da lontano il Grande Nilo ..."); il suo Re combatte
contro un Tolomeo, mentre la dinastia tolemaica si estinse prima di Cristo), ma
situata comunque in Medio Oriente. Da essa infatti, afferma l'autore, ebbero
origine i Saraceni. Intorno al 1210, nel poema "Parzival",
il tedesco Wolfram Von Eschenbach
conferì al Graal ulteriori connotazioni. Non si tratta di una coppa, bensì di
"... una pietra del genere più puro (...) chiamata Lapis Exillis. Se un uomo continuasse a guardare (la pietra) per
duecento anni, (il suo aspetto) non cambierebbe: forse solo i suoi capelli
diverrebbero grigi ...". Il Termine "lapis exillis"
è stato interpretato come "lapis ex coelis",
ovvero caduta dal cielo: e, difatti, Wolfram scrive
che la pietra era uno smeraldo caduto dalla fronte di Lucifero e portato a
terra dagli angeli rimasti neutrali durante la ribellione. La tradizione
esoterica delle pietre sacre, tramiti fisici tra l'uomo e Dio, è tipicamente
orientale:
Il destino del Graal
Intorno al 540, dunque, stando alla "Materia di
Bretagna", il Graal fu riportato in Medio Oriente. Per secoli non se ne
sentì più parlare finché, verso la fine del XII secolo, esso balzò (o tornò)
improvvisamente alla ribalta. Come mai ? Cos'aveva ridestato l'interesse nei
confronti di un mito apparentemente dimenticato ? La maggior parte degli
studiosi concorda nel ritenere le Crociate l'avvenimento scatenante. A partire
dal 1095, molti Cavalieri cristiani si erano recati in Terra Santa, ed erano
entrati per forza di cose in contatto con le tradizioni mistiche ed esoteriche
del luogo: sicuramente qualcuna di esse parlava del Graal, un sacro oggetto
dagli straordinari poteri. Grazie ai Crociati, la leggenda raggiunse l'Europa e
vi si diffuse. C'è anche chi ritiene che il Graal sia stato rintracciato dai
Crociati e riportato nel Vecchio Continente. In tal caso vi si troverebbe
ancora, ma dove ? Quelli che seguono sono i nascondigli più probabili...
... il Graal si trova nel castello di Gisors
I Cavalieri templari avevano stretto rapporti con la setta degli
Assassini, un gruppo iniziatico ismailita che adorava una misteriosa divinità
chiamata Bafometto. Per alcuni il Bafometto altro non era che il Graal; prima di essere
sgominati, gli Assassini lo avevano affidato ai Templari, che lo avevano
portato in Francia verso la metà del XII secolo; e del resto Wolfram aveva battezzato "Templeisen"
i cavalieri che custodivano il Graal nel castello di Re Anfortas.
Se le cose fossero davvero andate così, ora il Graal si troverebbe tra i
leggendari tesori dei Templari (mai rinvenuti) in qualche sotterraneo del
castello di Gisors.
... il Graal si trova a Castel del Monte
I Cavalieri Teutonici, fondati nel 1190, erano in contatto sia
con i mistici Sufi,(una setta islamica che adorava il
Dio delle tre religioni, ebraica, islamica e cristiana)sia con l'illuminato
Imperatore Federico II Hohenstaufen, a sua volta
seguace di quella dottrina. Tramite i Cavalieri Teutonici, i Sufi avrebbero affidato il Graal all'Imperatore, affinché lo
preservasse dalle distruzioni scatenate dalle Crociate. In tal caso, il Graal
si troverebbe a Castel del Monte, un palazzo a forma
di coppa ottagonale edificato apposta per custodirlo. Wolfram
sembra fornire un appoggio anche a questa tesi: nel suo Parzifal
aveva infatti evidenziato il legame tra le religioni cristiana, ebraica e
islamica.
... il Graal si trova a Tacht-I-Sulaiman
Una voce
in "Artù" descrive l'ipotesi secondo la quale il sovrano
inglese era un rappresentante dello Zoroastrismo. Ebbene, il Castello del Graal
descritto, da Wolfram Von Eschenbach,
è sorprendentemente simile a Tacht-I-Sulaiman, il
principale centro del culto di Zoroastro. Qui, prima
di venire dispersi e allontanati, i seguaci di Zarathustra
adoravano il simbolico "Fuoco Reale", fonte della conoscenza. Tacht-I-Sulaiman potrebbe essere dunque la mitica Sarraz, da cui il Graal (Il "Fuoco Reale")
giunse, a cui ritornò, e dove forse ancora si trova.
... il Graal si trova nel
Castello di Montségur
Dopo che il culto di Zoroastro era
stato disperso, alcune delle sue dottrine furono ereditate dai Manichei e, di
seguito, dai Catari o Albigesi: questi ultimi erano giunti in Europa dal Medio
Oriente, passando per
Sull'attuale nascondiglio del Graal esistono altre teorie, se
possibile ancor più fantasiose:
... il Graal si trova a Torino
Importato forse dai pellegrini che si spostavano per l'Europa
durante il Medioevo o forse dai Savoia insieme alla Sacra Sindone, il Graal
sarebbe giunto nel capoluogo piemontese; le statue del sagrato del tempio della
Gran Madre di Dio, sulle rive del Po, indicano, a chi è in grado di
comprenderne la complessa simbologia, il nascondiglio della Coppa.
... il Graal si trova a Bari
Nel 1087, un gruppo di mercanti portò a Bari dalla Turchia le
spoglie di San Nicola, e in loro onore venne edificata una basilica. In realtà
la translazione del Santo era solo la copertura di un
ritrovamento ben più importante, quello del Graal. I mercanti erano in realtà
cavalieri in missione segreta per conto di Papa Gregorio VII. Il Pontefice era
al corrente del potere del Calice, ma non intendeva pubblicizzare la sua
ricerca né l'eventuale ritrovamento, in quanto esso era un oggetto pagano, o
comunque il simbolo di una religione ancor più universale di quella cattolica.
Gli premeva di recuperarlo a Sarraz in quanto temeva
che la sua presenza sul suolo turco avrebbe aiutato i Saraceni (in questo caso
i turchi Selgiudichi) nella loro espansione ai danni
dell'Impero Bizantino, e avrebbe nuociuto al programmato intervento di forze
cristiane in Terra Santa a difesa dei pellegrini. Non è dato di sapere dove si
trovava la coppa (che, forse, era passata per le mani di San Nicola nel VI secolo, e che gli avrebbe conferito la fama di
dispensatore d'abbondanza) e chi comandò la spedizione; sta di fatto che, in
una chiesa sconsacrata di Myra, i cavalieri
prelevarono alcune ossa, poi ufficialmente identificate come quelle del Santo.
Il recupero delle spoglie giustificò la spedizione in Turchia e l'edificazione
di una basilica a Bari; la scelta di custodire il Graal in quella città anziché
a Roma fu determinata da due motivi: da lì si sarebbero imbarcati i cavalieri
per
La natura del
Graal
Vale la pena, a questo punto, di tracciare un sunto delle
caratteristiche del Graal descritte dal canone e dalle tradizioni celtiche fino
al momento in cui esso raggiunge l'Inghilterra. Il Graal è un oggetto materiale
e spirituale insieme. Non si conosce esattamente la sua natura: forse è una
pietra, forse è un libro, forse un contenitore; è certo che permette di
abbeverarsi (l'Ultima Cena), ma vi si può anche versare qualcosa (il sangue di
Cristo crocefisso). Può guarire le ferite, dona una vita lunghissima,
garantisce l'abbondanza, trasmette e garantisce la conoscenza, ma è anche
dotato di poteri terribili e devastanti. La tradizione sull'esistenza di un
oggetto con questi poteri è antichissima e diffusa in una vasta zona dell'Asia,
del Nord Africa e dell'Europa; il Graal è forse stato identificato con nomi
diversi (la "Lampada di Aladino", il "Vello d'Oro",
l'"Arca dell'Alleanza", la coppa "Amonga"
dei Samartiani del Caucaso). In qualche modo ignoto
Gesù ne è entrato in possesso. Le varie leggende a proposito del Graal (Tuatha De Danaan, Smeraldo di
Lucifero, Occhio di Shiva, ecc.) concordano nel conferirgli un'origine
ultraterrena. Basandosi su questi capisaldi, molti commentatori hanno dedotto
la vera natura del Graal. Nell'interpretazione più realistica è una favolosa
invenzione letteraria stimolata da miti antecedenti, attecchita su un terreno
particolarmente fertile e arricchita di nuovi particolari da successive
generazioni di autori; in quella più materialistica è semplicemente la coppa
dell'Ultima Cena, preziosissimo oggetto d'antiquariato. Per gli antropologi è
un corpus di dottrine elaborato attraverso i secoli ("... vi ci si può
abbeverare e vi ci si può versare ..."), forse supportato fisicamente da
un testo scritto. Per la tradizione cristiana, il Graal rappresenta
l'evangelizzazione del mondo barbaro operata dai missionari (come Giuseppe d'Arimatea), stroncata dalle persecuzioni e ripresa da un
gruppo di uomini di buona volontà guidati da un sacerdote (Merlino), o ancora
la cacciata dall'Eden (il Wasteland) e la
successiva redenzione grazie all'intervento di Gesù. Per gli esoteristi René Guenon e Julius Evola il Graal è il cuore di Cristo,
potente simbolo della religione primordiale praticata ad Agharti,
di cui Gesù sarebbe stato un esponente; per gli alchimisti rappresenta la
conoscenza, e la sua ricerca equivale a quella della Pietra Filosofale o
dell'Elisir di lunga vita. Per Carl Gustav Jung è un
archetipo dell'inconscio; per Jesse Weston è un simbolo sessuale e di fertilità; per Walter
Stein, autore di The ninth century
and the holy Grail,
il Graal è connaturato con l'intero pianeta: un generatore di energia
spirituale, ma anche politica e socioeconomica. Per Rudolf Steiner è "...
il simbolo degli eventi dell'epoca primitiva percepiti dalla sensibilità
dell'animo ..."; quando, nel 1913, progettò l'edificio chiamato Gotheanum,
il filosofo tedesco intese realizzare un nuovo "Castello del Graal".
Per Adolf Hitler è uno strumento magico con cui ottenere il potere assoluto;
per gli autori di romanzi di fantascienza e per i fautori dell'ipotesi
extraterrestre è un'apparecchiatura proveniente dallo spazio, o qualcosa che ha
a che vedere con i terribili poteri della fusione nucleare.
Un’avventura infinita
Per i
giornalisti Michael Baigent, Richard Leigh e Henry
Lincoln è ancora un'altra cosa..
Una della possibili etimologie di "Graal" comprende
l'attributo "San": "San Graal" sarebbe l'errata
trascrizione di "Sang Real",
ovvero "Sangue Reale". Il sangue è, evidentemente, quello di Cristo
contenuto nella coppa, ma per altri commentatori il termine sangue designa una
dinastia (per Dion Fortune quella dei sacerdoti di Atlantide). La stirpe di cui
i ricercatori Baigent, Leigh e Lincoln hanno scoperto
l'esistenza dopo un'appassionata ricerca è quella di Gesù. Salvatosi dalla
crocifissione, il Redentore avrebbe generato dei figli, da cui sarebbe nata la
dinastia francese dei Merovingi. L'ipotesi, descritta in The holy blood and the holy Grail (il mistero del
Graal, 1982) non si ferma qui. Certe misteriose carte rinvenute nel
1892 dal parroco Berenger Saunière
nell'altare della chiesa di Rennes-Le-Chateau
sarebbero state il punto di partenza per il ritrovamento di altri documenti i
quali proverebbero che, lungi dall'essersi estinti nel 751, i Merovingi (e
quindi gli eredi diretti di Cristo) sono ancora tra noi, accuratamente protetti
da un'antica società iniziatica denominata "Priorato di Sion", il cui
scopo è ripristinare la monarchia al momento opportuno. Come i "superiori
sconosciuti" di Agharti, i membri del Priorato -
di cui sono stati Gran Maestri, tra gli altri, Nicolas Flamel,
Leonardo da Vinci, Ferrante Gonzaga, Robert Fludd,
Victor Hugo, Claude Debussy, Jean Cocteau,costituiscono
una "sinarchia" o governo occulto che,
ormai da quasi un millennio, influisce sulle scelte (politiche o d'altro
genere) dei governi ufficiali. Purtroppo, fanno rilevare Baigent,
Leigh e Lincoln nel seguito di The holy blood and the holy Grail, intitolato The messianic Legacy
(L'eredità
messianica, 1986), negli ultimi tempi il Priorato si è parzialmente
corrotto, e alcune sue frange mantengono stretti contatti con alcune
organizzazioni illegali.
Re Artù
Forse nessun personaggio, reale o di fantasia, può rivaleggiare
in popolarità con il più famoso sovrano di tutti i tempi, Re Artù.
Protagonista, con i suoi "Cavalieri della Tavola Rotonda", di un
corpus di narrazioni forse ancor più sterminato di quello biblico, leggende,
racconti, romanzi, poemi, ecc.,ecc., non esiste "medium" o arte
applicata a cui re Artù non sia approdato nel corso della sua lunghissima
esistenza: dalla fine del XII secolo, la produzione di materiale arturiano
continua con immutato successo.
Per alcuni studiosi Artù è un personaggio ispirato a Cu Chulainn, protagonista di poemi epici irlandesi; per altri
un dio del pantheon celtico, forse il simbolo della terra stessa (Art= roccia, da cui Earth), poi
trasformato dalla leggenda in un essere umano. C'è invece chi ritiene che sia
esistito veramente: nel VI secolo dopo Cristo, fu
forse il re o il capo di una tribù britannica impegnata nella resistenza contro
gli invasori Sassoni. Il nome, comunque, potrebbe derivare dal latino Artorius (in tal caso Artù era forse un Comes
Britanniarum, ovvero un rappresentante dell'impero
romano).
Un principe britanno chiamato "Arturius
figlio di Adeàn mac Gabrain Re di Dalriada" è
citato dall'agiografo Adomnan da Iona nella V
"Vita di San Colombano " (VIII secolo). Ma
seguire tutte le ipotesi storiche o folkloriche che
riguardano Artù ci porterebbe lontano. Dal punto di vista esoterico ci preme
sottolineare che egli, come del resto tutta la compagnia dei Cavalieri della
Tavola Rotonda, rappresenta la ricerca umana della Luce, della purezza, della
redenzione nella giustizia e nel coraggio in difesa dei più deboli. Artù
diventa così il simbolo del sovrano perfetto: sovrano del Sè,
sovrano della volontà sulla materialità della natura umana le cui
caratteristiche, si possono riscontrare nelle storie medioevali che sono giunte
fino a noi riguardo al ciclo della Tavola Rotonda, in cui Artù stesso ed i suoi
Cavalieri non sono del tutto indenni, durante il cammino di ricerca, dagli
errori della natura umana.
Meta finale è il Graal, simbolo del termine di ogni fatica e di
appagamento spirituale completo nella Divinità e nella Giustizia. Artù ed i
Cavalieri della Tavola Rotonda possiamo essere tutti noi, se cerchiamo come
lui, il riscatto dalle catene dell'ignorante egoismo che permea l'essere umano,
ed apriamo il nostro spirito alla Camelot interiore,
ossia una dimensione di completamento e di pace, in cui, l'esercizio della
conoscenza e della giustizia verso ogni essere vivente, diventa la nostra nuova
vita.