Una grande culla di civiltà, sperduta nella
memoria,
senza spazio e senza
tempo.
Così la Calabria è stata abitualmente percepita
da tanti visitatori, e dai suoi stessi abitanti.
Della Magna Grecia non vi è chi non conosca il
mito, chi non senta il fascino, chi non distingua l'importanza nel determinare
le nostre radici.
È lì che si
fonda uno dei più forti fattori della nostra identità,
è lì che si radica l'idea stessa di
"Occidente".
Ma il dove e il
quando restano più spesso indistinti, confinati tra
le carte degli studiosi.
Colpisce, anzi, che la memoria si riattivi in
genere sull'onda di eventi occasionali o esterni : un ritrovamento
fortunato, una grande
mostra.
Fuori dallo spazio, fuori dal tempo.
Lo
spazio e il tempo sono invece le coordinate di una civiltà e di una
cultura.
Senza di essi si
alimentano miti generici e indistinti, non si ricostruisce una identità.
E allora è opportuno vederla la Magna Grecia, cercarla, toccarla con gli occhi, riconoscerne gli spazi, ripercorrerne i tempi.
Una volta che ci si sia messi per strada,
partendo dalle foci del fiume Lao e percorrendo il periplo dell'intera regione
sino a Sibari, si scoprono non solo siti straordinari e tesori di inestimabili
bellezza. Si svela un mondo, di riti e di istituzioni,
di traffici e di intraprese, di pace e di guerre, di
egemonie e decadenze.
E si
scopre anche un dato che riguarda il nostro presente: la diffusione di una
rete
importantissima di musei, che aspetta solo di
essere valorizzata e resa evidente.
Poche altre
parti del mondo possono vantare un territorio a così alta densità archeologica.
Pochissime lo stesso equilibrio tra natura e cultura.
E non si tratta di astruserie a disposizione di qualche polveroso
specialista.
Si tratta
di grandi e stupefacenti bellezze,
alla portata di chiunque abbia mente e cuore
per vederle.
Cs 1999 Riccardo Brunetti
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Il termine Megale Hellas (Magna Grecia) compare per
la prima volta in
Timeo (IIIa.C.),
ma sembra che il suo uso sia ben più antico, legato forse alla
diffusione del pitagorismo, verificatasi sul finire del VI a.C. (Polibio,
IIa.C.).
Sul suo significato le opinioni sono discordi: fermo restando il
fatto che in tutte le fonti
letterarie l'espressione
"Magna Grecia" ha sempre escluso sia Puglia che Sicilia,
alcuni studiosi sostengono sia un'invenzione romana (nata per
distinguere la ferace
Grecia d'Italia da quella vera
e propria, più montuosa e arida), altri spiegano l'aggettivo magna con il
sostanziale dominio, culturale e territoriale, esercitato dalle poleis
italiote, già a partire dalla fine del VI a.C. Plinio (I d.C.) ne restrinse
l'accezione al territorio delle colonie greche del versante ionico della
Calabria, compreso tra Locri e Metaponto; più tardi, Servio (ca. 400 d.C.) userà
il medesimo termine per indicare tutta la fascia costiera dell'Italia
meridionale, da Taranto a Cuma.
Anche in Calabria la
ricerca archeologica ha potuto confermare le notizie letterarie di
mitiche frequentazioni delle coste, nell'età del Bronzo, da
parte di popolazioni
d'origine egeo-micenea; il
fenomeno, noto come pre-colonizzazione, che traspare
dietro la tradizione dei nostoi (i viaggi di ritorno dalla
guerra di Troia) e il culto degli eroi (Draconte, Filottete, Polite
ecc.), è attestato da ritrovamenti ceramici in alcune località calabresi, come
Broglio di Trebisacce, Timpone della Motta (Francavilla),
Torre del Mordillo o Praia a Mare(grotta Cardini).
Alla metà dell'XI a.C., con la crisi della civiltà micenea,
tali contatti si ridussero,
per riprendere
all'inizio dell'VIII a.C., in una sorta di preludio alla vera e propria
"Ionizzazione greca ". L'aumento della popolazione, le
carestie e la concentrazione fondiaria, furono le cause scatenanti di quel vasto
processo che interessò durante l'VIII a.C. le coste della Calabria e, più
generalmente, dell'Italia meridionale: spesso per la metropoli trattava di un
alleggerimento delle tensioni interne, cui si aggiungeva il vantaggio di poter
di una base di appoggio in terra straniera, per poter allargare il giro degli
affari commerciali. L'ecista (oikistes), il responsabile della
spedizione,
che apparteneva solitamente a una delle
principali famiglie aristocratiche della città madre, dopo aver compiuto dei
preliminari viaggi esplorativi, si recava al santuario di Apollo a Delfi dove
riceveva ulteriori informazioni e "indirizzi" da sacerdoti continuamente
aggiornati sul problema. La scelta del sito era dettata dalla facilità
dell'approdo marittimo, dalla disponibilità di acqua potabile assieme a quella
di grandi pianure, lasciate generalmente libere dagli indigeni che preferivano
gli insediamenti in altura, più agevolmente difendibili. La colonia nasceva
all'insegna comunque dell'indipendenza e autosufficienza rispetto alla città
d'origine con la quale però restavano forti legami di natura religiosa e
affettiva. La realtà delle colonie greche in Calabria fa sostanzialmente
riferimento a quattro gruppi etnici: calcidese (Rhegion
con la sua colonia Metauros), acheo (Sybaris, con le
sub-colonie Laos, Skydros e Temesa, Kroton, con le sub-colonie di
Terina e Skylletion ? Kaulonia), locrese (Lokroi
Epizefirioi e le sue filiazioni Hipponion e Medma) e ateniese
(thourioi e Skylletion?).
Le poleis
italiote fondarono, a loro volta, altre colonie che non ebbero solo il
compito
di risolvere i problemi demografici interni
ma anche quello di costituire presidi territoriali, importanti per la politica
di espansione, militare e commerciale,
delle città
d'origine: è il caso ad esempio di Sybaris, che con la fondazione di
Palinouros, Poseidonia, Agropoli, Laos, Skydros e
Temesa, creò un complesso sistema di controllo su un territorio
vastissimo, dal golfo di Salerno fino alle foci del Savuto; o di Locri che, con
la fondazione di Hipponion e Medma, realizzò un disegno un po'
meno ambizioso sulla rimanente costa tirrenica. Al loro arrivo i coloni
dovettero confrontarsi con le popolazioni indigene, spesso insediate sulle
alture, a cui contesero il controllo della costa e delle pianure. Il confronto
non fu certo, almeno alI'inizio, privo di ostilità: superiorità tecnica e
migliore capacità organizzative permisero ai Greci di avere il sopravvento sui
loro avversari; in seguito un clima più disteso, di confronto e integrazione,
segnò i rapporti tra le due etnie, per comprendere il quale però
non si deve commettere l'errore di considerare i gruppi
come blocchi omogenei,
ma al contrario come, entità
molto differenziate, anche al loro interno.
Le
conseguenze dell'egemonia culturale greca in Calabria furono di enorme
portata
per Io sviluppo dell'intero "pensiero
occidentale", basti pensare ai radicali cambiamenti dovuti all'introduzione del
sistema insediato urbano (perfezionatosi nel
V a.C.
con l'esemplare modello urbanistico ippodameo di thourioi) o alla
ricaduta che l'alfabeto calcidese ebbe sullo sviluppo del diritto (Zaleuco a
Locri), della
letteratura(Erodoto a thourioi)
e della filosofia (Pitagora a Crotone e Protagora a thourioi); per non
parlare della diffusione della moneta come veicolo di scambio, un fenomeno che
dilatò enormemente l'orizzonte commerciale fino ad allora conosciuto.
Gli Italici recepirono in maniera diversificata gli apporti culturali
greci: pur facendo
proprie tutte le innovazioni di
carattere tecnico, artigianale o agricolo, salvarono tutta-via le proprie tradizioni; come dimostrano i ritrovamenti dei corredi
funerari,
il costume greco si diffuse sopra tutto
presso le famiglie aristocratiche,
mentre i ceti
medio-bassi rimasero sostanzialmente estranei al processo di ellenizzazione,
tanto da riuscire, conservando una forte identità etnica soprattutto nei
territori dell'interno, a riorganizzarsi militarmente e a rovesciare,
già a partire dal Vsec a.C., la
supremazia delle poleis.
Riccardo Brunetti Map